venerdì 26 febbraio 2010

Berlusconi, il non-statista

Berlusconi dice di se stesso di essere il più grande statista degli ultimi centocinquant'anni. E già questo fa capire che non è vero (un grande non dice di se stesso di essere un grande). Si paragona a De Gasperi, ma ne è l'esatto contrario (De Gasperi era serio e rigoroso, non raccontava barzellette, non faceva le corna, e non scherzava con le mogli degli altri). Ma soprattutto, De Gasperi era uno statista. Ma che cos'è uno statista? In primo luogo, uno statista è uno che ha a cuore il bene pubblico. E' uno che cerca di risolvere i problemi strutturali del proprio Paese, di renderlo più prospero, più civile, più vivibile. Se c'è un'illegalità diffusa, lo statista cerca di prevenirla e di intervenire sulle cause per ridurla. Se la classe politica è sovrabbondante e parassitaria, cerca di ridurne il numero e gli appetiti. Cerca di creare un metodo di selezione della classe dirigente che premi il merito e la capacità.

La prova migliore per capire se un politico è uno statista e non un demagogo, consiste nel vedere se, dopo che se ne è andato, lascia qualcosa di positivo in eredità. Churchill se ne andò lasciando la Gran Bretagna vincitrice sul nazismo. Kohl se ne andò lasciando la Germania unificata. Persino il tanto vituperato Prodi se ne è andato lasciando l'Italia nell'Euro (e Dio solo sa quanto ci sia utile adesso che c'è la crisi).

E Berlusconi? Cosa lascerà di duraturo? In cosa è migliorato questo Paese a causa della sua presenza al governo? E' diventato più ricco? Le città sono diventate più vivibili? Lo Stato è diventato più snello, più efficiente? La criminalità si è ridotta? L'evasione fiscale è stata ridimensionata? Sono state fatte le infrastrutture? La scuola e l'università sono migliorate? La classe politica è diventata più seria, più efficiente, più attenta al bene pubblico? La burocrazia si è ridotta?

I difensori di Berlusconi sostengono che ha tolto l'immondizia da Napoli e ha risolto i problemi legati al terremoto. A prescindere dalla questione se questo sia del tutto vero (bisognerebbe chiedere ai cittadini dell'Aquila cosa ne pensano), anche se fosse vero, questa semmai è la prova che l'azione di governo è stata inefficace. Un governo non viene eletto (solo) per risolvere le emergenze. Se questo è tutto ciò che il governo ha fatto in due anni (per tacere del periodo precedente dal 2001 al 2006), ciò significa che come governo, di stabile e di duraturo, non ha fatto nulla. Non a caso gli addetti ai lavori, dai sindacalisti a Montezemolo, dalla presidente di Confindustria Marcegaglia agli economisti, sostengono che l'Italia abbia bisogno delle riforme. Invece Berlusconi nel 2006 sosteneva di aver fatto più riforme lui di tutti i governi precedenti.
Le recenti vicende legate a Bertolaso e alla Protezione Civile mostrano, al di là delle questioni giudiziarie, l'essenza di Berlusconi. Siccome lo Stato è inefficiente, il governo ricorre costantemente alla Protezione Civile per gestire tutti i problemi, anche quelli non legati alle emergenze. La stessa cosa viene fatta in Parlamento: siccome il Parlamento è pletorico e inefficiente, lo si scavalca sistematicamente con i decreti-legge e ponendo la fiducia. Se c'è un problema si nomina un Commissario per risolverlo. Addirittura quando c'è da fare la Finanziaria si pone la fiducia per evitare che i suoi stessi parlamentari si dedichino al cosiddetto "assalto alla diligenza". Intanto, i Parlamentari, anche se non lavorano, continuano ad essere mille, e ben pagati. I Commissari si pagano. La Protezione Civile se deve gestire centinaia di eventi, spenderà centinaia di milioni di denaro pubblico. Il sistema di corruzione continua a funzionare come prima, se non di più, e costa al Paese ogni anno, da stime autorevoli, due punti di Pil. Il Paese rimane fermo, l'economia non cresce, e il debito pubblico aumenta.
Le notizie sull'ignoranza o l'incapacità dei nostri politici, per non dire delle loro vicende giudiziarie, fanno il gioco di Berlusconi. Non a caso anche il Tg5 o trasmissioni come "Le Iene" attraverso i loro "indignati speciali" ci parlano dell'inefficienza della pubblica amministrazione. Sarebbe un errore credere che questo tipo di servizi possa nuocere a Berlusconi. La gente lo vota proprio perché "non è un politico". E visto che è già ricco di suo, si presuppone che non rubi. Ma questa è un'illusione. La classe politica, protetta dall'ombrello di Berlusconi, rimane al suo posto, e continua a fare quello che ha sempre fatto. Berlusconi passa sopra ai problemi senza incidere sulle loro cause. Quando se ne sarà andato (neanche lui è eterno), lascerà il Paese esattamente come lo aveva trovato. Avremo perso quindici (o venti) anni credendo alle sue promesse.

martedì 23 febbraio 2010

Delusione Bonino


Non ho capito bene perché Emma Bonino abbia avviato lo sciopero della fame e della sete. Va bene, lo confesso, è colpa mia: non mi sono informato abbastanza. Le parole che mi sono giunte (legalità, informazione ecc.), sono le solite pronunciate dai radicali. E sono sacrosante. Però, quando si abusa di uno strumento come lo sciopero della fame, che al massimo potrebbe essere sensato in circostanze eccezionali, si provoca una tale assuefazione nell'opinione pubblica, da divenire inefficace, e persino controproducente. A forza di gridare "al lupo al lupo", la gente non ti ascolta più.
Fino ad ora molti simpatizzanti radicali pensavano che del famoso duo radicale, Pannella fosse quello delle provocazioni e degli eccessi, mentre la Bonino fosse quella più concreta e moderata. E poi avviare uno sciopero della fame proprio adesso, a pochi giorni dalle elezioni regionali, con la Bonino candidata come presidente della Regione Lazio, non pare un scelta sensata. I costi sembrano decisamente più alti dei benefici. Come potrà condurre una campagna elettorale in uno stato fisico debilitato? Come potrà porsi come persona affidabile e competente, cercando di convincere più gente possibile di essere la migliore candidata nel Lazio?
A me pare evidente che Emma Bonino potrebbe condurre le sue battaglie con molta più efficacia da presidente della regione, che in qualunque altra posizione attualmente all'orizzonte. E la sua posizione attuale, di candidata nel Lazio le consentirebbe comunque di fare le sue pubbliche denunce, sulle eventuali irregolarità nelle elezioni che si avvicinano, senza il bisogno di ricorrere a mezzi tanto estremi. Invece, sembra quasi che la Bonino sia stata colta dalla sindrome dei "duri e puri", dalla paura di vincere le elezioni e avere la responsabilità di riformare un sistema dall'interno, sporcandosi le mani. Del resto, i Radicali sono uno dei pochi partiti che non vengono mai sfiorati dalle indagini sulla corruzione e le tangenti. Le battaglie da loro condotte hanno spesso avuto successo, eppure continuano a prendere pochissimi voti. Questo perché evidentemente non vengono considerati credibili come forza di governo, per le loro atteggiamento troppo "radicale". Ma è troppo facile criticare il sistema dall'esterno, senza cercare di ottenere i consensi per cambiarlo. Ed è triste che una dei pochi esponenti radicali che fino ad ora si erano distinti per la capacità di fare qualcosa di concreto anche dentro le istituzioni (Emma Bonino è stata ministro ed ha lavorato bene), adesso si faccia prendere dalla solita cupio dissolvi tipica della sinistra, e si ponga come "dura e pura" agli elettori che la dovrebbero scegliere come governatrice della regione.

venerdì 19 febbraio 2010

Le tigri sono a terra


Dopo la crisi del 2008, quelle che dovevano essere le economie più dinamiche d'Europa, vale a dire quella spagnola e quella irlandese, si sono rivelate come tigri di carta, e si è scoperto che la loro economia era gonfiata da bolle speculative, che al sopraggiungere della crisi si sono sgonfiate come palloncini colpiti dalla punta di uno spillo. Eppure si tratta di Paesi che, facendo parte dell'area Euro, avrebbero dovuto teoricamente essere al riparo da squilibri finanziari. Come è stato possibile tutto ciò? La cosa interessante è che in questi due Paesi è accaduto qualcosa di paradossale: ben lungi dal garantire loro la stabilità, nel loro caso l'Euro ha favorito la formazione delle bolle speculative!
Infatti, in questi due Paesi si sono riversati gli investimenti stranieri, perché molte aziende con sede in altri Paesi vedevano di buon occhio Paesi che facevano parte del mercato europeo ma nello stesso tempo erano giovani e dinamici, con tasse basse e debiti pubblici a posto. Questo però ha favorito la nascita di bolle speculative, come quella immobiliare, che hanno gonfiato la ricchezza nominale, oltre che l'indebitamento privato (i cittadini si indebitano per comprare case che costano sempre di più, ma siccome anche i loro stipendi aumentano sempre di più, pare che vada tutto bene).
Allo scoppiare della crisi, i governi hanno dovuto aumentare la spesa pubblica per pagare i sussidi di disoccupazione a tutti quelli che hanno perso il lavoro, e per salvare banche e aziende sull'orlo del fallimento. In questo modo oggi i due Paesi hanno un deficit che supera il 10%, e si trovano dunque insieme alla Grecia nel gruppo di Paesi più a rischio nell'area Euro.
Per evitare il fallimento ora questi Paesi dovranno procedere a dolorose cure dimagranti (più tasse, meno spesa pubblica, età di pensionamento più avanzata ecc.), che sono sempre difficilmente accettate dalla popolazione.
Per tutti quelli che avevano creduto che questi Paesi potessero realmente uscire da una povertà endemica in pochi anni, non resta che ricordare la vecchia lezione: un'economia che cresce troppo rapidamente è a rischio bolle speculative, e bisogna essere cauti prima di gridare al miracolo.
Poiché uno Stato all'interno dell'area Euro che rischia il fallimento mette a rischio l'intera Unione, per evitare futuri casi del genere, l'Europa dovrà trovare il modo di evitare che nelle economie dei Paesi membri si formino bolle che gonfino la ricchezza nominale, senza che vi siano basi produttive solide e reali.

martedì 16 febbraio 2010

Disinformazione.it : Il paradiso dei complottisti

Avendo affrontato un po' di teorie complottiste, non potevamo non trattare del sito che le riunisce tutte: disinformazione.it.
Se avessero un po' di senso dell'umorismo, quelli di disinformazione.it si renderebbero conto che il nome del loro sito suona come involontariamene comico. Vorrebbero denunciare la disinformazione, ma sono loro i primi a farla.
L'impostazione del sito è basata sulla mentalità che già abbiamo riscontrato trattando di bufale quali quella del signoraggio o quella delle scie chimiche (e infatti quelli di disinformazione.it per non farsi mancare niente credono anche al signoraggio e alle scie chimiche): la verità ufficiali sono sempre false, ci sono sempre complotti e poteri occulti, di fronte ad ogni teoria ci si chiede: quali interessi ci sono dietro? e naturalmente la presenza di interessi dimostra che la teoria è falsa.. e così le medicine e i vaccini fanno male (ovvio: le case farmaceutiche vendendoli ci guadagnano!), la carne fa male, i cibi cotti peggio, il latte non ne parliamo (purché non sia crudo, ovviamente, visto che le fameliche industrie alimentari lo vendono pastorizzato). Il riscaldamento globale non è vero, e comunque non è dovuto all'uomo (visto che ora i governi hanno deciso di intervenire per limitarlo: venti anni fa, quando i governi non se ne interessavano, quelli di disinformazione.it avrebbero detto che l'effetto-serra c'è ma i governi tacciono perché pagati dalle multinazionali del petrolio...).
Tutti i ritrovati tecnologici fanno male: siamo bombardati da sostanze chimiche che ci avvelenano e ci uccidono (peccato che oggi si viva il doppio che cent'anni fa, quando si viveva "naturalmente", come vorrebbero quelli di disinformazione.it). A questo punto, per contrastare le loro farneticazioni, uno potrebbe chiamare in causa le autorità scientifiche che smentiscono le loro teorie, come i Premi Nobel. Ma no, i Premi Nobel non sono attendibili, perché naturalmente la scelta è influenzata dalle solite fameliche multinazionali, oltre che dai governi e dai vari poteri più o meno occulti. Se uno vince il Premio Nobel quelli di disinformazione vanno a vedere cosa faceva 40 anni fa, scoprono che era amico di un banchiere o di un politico, e il gioco è fatto: è la prova definitiva che il Premio Nobel non ha valore! Anzi, vanno pure a vedere cosa faceva il padre (atteggiamento tipicamente italiano: le colpe dei padri ricadono sui figli, gli individui non sono autonomi ma dipendono dalla loro famiglia).
Quelli di disinformazione.it non hanno la minima idea di come funzioni la scienza, per cui possono insinuare che le teorie ufficiali siano manipolate (invece, al massimo le case farmaceutiche e le industrie alimentari possono sponsorizzare ricerche che danno risultati parziali e prodotti che non danno grandi risultati, ma non accade che vengano approvati e venduti prodotti che si sa che facciano male, nascondendo la verità).
La cosa divertente è che i complottisti si accusano tra di loro, usando le solite armi, per cui tempo fa quelli di disinformazione.it scrissero un articolo su Beppe Grillo, chiedendosi le solite cose: cosa faceva quaranta anni fa? chi c'è dietro? quali interessi? ecc.ecc. Al che uno potrebbe replicare: e chi c'è dietro di voi? quanti soldi fate vendendo i vostri libri? quali poteri occulti vi manovrano? Se leggessero questo articolo quelli di disinformazione.it si chiederebbero chi sono, qual è il mio passato, chi mi paga, quali interessi ci sono dietro ecc.

domenica 14 febbraio 2010

Due menzogne sulla crisi


In questi giorni i telegiornali italiani hanno diffuso allegramente due menzogne sullo stato dell'economia del nostro Paese. Del resto già nei mesi scorsi ci dicevano cose divertenti (se fossero vere) come "l'Italia guida la ripresa".

- Il Pil italiano è in linea con gli altri Paesi.

Secondo l'Istat, nel 2009 il Pil italiano è sceso del 4,9%, rispetto alla media europea del 4%. Ci hanno detto che è il dato peggiore dal 1971: vero, ma solo perché questo tipo di rilevazioni esiste dal 1971. Quindi in realtà sarebbe il dato peggiore del dopoguerra. Inoltre, una differenza di quasi l'1% in più, per loro non è niente. Però quando si parla di disoccupazione, il fatto che quella italiana sia dell'1% inferiore alla media europea, per i nostri telegiornali (oltre che per il governo) è indice di un ottimo risultato. Inoltre va ricordato che già nel 2008 il Pil italiano era sceso dell'1%, unico caso in Europa. Dunque la nostra ricchezza, che quando le cose vanno bene sale meno degli altri Paesi, quando le cose vanno male scende più che negli altri Paesi. Questa è la verità, anche se naturalmente i telegiornali non ce la dicono.

- Il debito scende.

Questa è la panzana più grossa che si potesse dire, ed è stata basata sulla notizia che a dicembre 2009 il debito è sceso rispetto a novembre. Ma a dicembre il debito scende sempre, questo dipende dalle entrate dello Stato. Per misurare il reale andamento del debito bisogna fare il paragone con lo stesso mese dell'anno precedente. E allora facendo così, si scopre che il debito pubblico sta salendo, altro che scendendo! Del resto nel 2009 il deficit è stato superiore al 5%, quindi non si capisce come il debito sia potuto scendere. E infatti il debito nel 2009 è salito 1.761 miliardi di Euro, contro i 1663 miliardi del 2008. Cento miliardi in più di debito in un anno: questo sarebbe il debito che scende! E visto che il deficit è previsto essere elevato anche quest'anno, già si sa che si viaggia verso il 120% del Pil. Insomma stiamo tornando ai primi anni '90. Però i Tg ci raccontano la barzelletta che il debito scende...

Per fortuna, qualche giorno fa ha parlato Mario Draghi, che come al solito ha esposto la situazione senza fronzoli e soprattutto senza ricorrere alle menzogne. Così, il governatore della Banca d'Italia ci ha detto: "Più di un anno fa l’Italia entrava nel pieno della crisi con un tasso di crescita basso, ai minimi europei; ora ne sta uscendo con un tasso di crescita basso, ai minimi europei".
Inoltre, Draghi ha ricordato che in Italia si continua a non fare le riforme, e che questo "ha segnato la perdita di competitività del Paese, che dura da un quindicennio".
Il discorso di Draghi è semplice e chiaro, e forse è per questo che la politica non lo recepisce. L'Italia è un Paese poco competitivo. E come può un Paese poco competitivo andare meglio degli altri?

mercoledì 10 febbraio 2010

Eluana - Un anno dopo

Un anno fa moriva Eluana Englaro. Ricordiamo purtroppo le reazioni scomposte alla notizia da parte dei parlamentari di centro-destra, che urlarono "assassini", non si sa bene rivolti a chi (al padre di Eluana? ai medici della clinica?). "Non ci sarà più un'altra Eluana", dissero poi, e approvarono in tutta fretta al Senato quella legge che già stavano preparando per impedire che fosse sospesa la cura ad Eluana, e per impedire la sospensione dell'alimentazione forzata ai malati terminali e a quelli che si trovassero nello stato vegetativo permanente. In questo il centro-destra è appoggiata dall'Udc e dalla Chiesa, che distingue semplicemente tra un "partito della vita" e un "partito della morte", e dunque avrebbe una maggioranza schiacciante per approvare qualsiasi legge "pro-vita".
Un anno dopo, però, la legge non è ancora approdata alla Camera. Strano, da parte di chi pensa che sospendere l'alimentazione e l'idratazione forzata siano un assassinio. Strano, che in tutto questo tempo il centro-destra non abbia trovato il tempo per approvare una legge che impedisca nuovi omicidi. Se tutto fosse così semplice, se Eluana fosse semplicemente una ragazza viva che "poteva procreare" (Berlusconi), e che è stata uccisa dagli "assassini" (senatore Quagliariello) non si capirebbe come mai a distanza di un anno non si sia fatta una legge per evitare che "assassinii" di questo tipo si verifichino di nuovo.
Evidentemente le cose non sono così semplici, e anche nel centro-destra, nonostante il voto unanime della legge al Senato, c'è chi la pensa diversamente. Del resto i sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani non è d'accordo sulla proibizione della scelta personale di interrompere le cure in alcune circostanze. Come è accaduto anche in passato su argomenti scottanti come l'aborto e il divorzio, gli italiani, sia pur cattolici in maggioranza, mostrano di avere buon senso, di essere insomma "cattolici adulti". Come si può pensare che costringere una persona condannata a rimanere immobilizzata per sempre (magari cosciente come Piergiorgio Welby), a sopravvivere per sempre grazie al respiratore artificiale o alle cure mediche, sia essere "per la vita", mentre lasciarle decidere di interrompere la cura e lasciarsi morire sia essere "per la morte"? Del resto un partito che si definisce "della libertà" come il Pdl, avrebbe qualche difficoltà ad approvare una legge che impedisce all'individuo di scegliere liberamente sul proprio destino.
Staremo a vedere cosa accadrà. Speriamo che l'anima liberale (sempre che esista...) all'interno del Pdl non si nasconda come ha fatto fino ad ora e non faccia prevalere l'anima clericale, che non è maggioranza nel Paese ma che fino ad ora ha avuto la meglio a causa degli interessi politici del centro-destra che vuole rimanere nelle grazie del Vaticano. E speriamo di non dover essere ancora una volta l'unico Paese d'Europa che vieta cose che negli altri Paesi sono tranquillamente consentite.
E che non siano Eugenia Roccella o Buttiglione a decidere se dobbiamo vivere pur tra mille sofferenze o se possiamo morire.

martedì 2 febbraio 2010

Il Paese delle case e delle automobili


L'Italia è, in rapporto alla popolazione, il Paese con più automobili in Europa, e uno dei primi al mondo.
Nel 2006 avevamo 598 auto per 1000 abitanti, e siamo battuti solo da Stati Uniti (760) e Australia (610) (il Lussemburgo non fa testo perché le sue statistiche sono distorte dall'elevato numero di lavoratori che vengono da fuori in rapporto alla piccola popolazione locale). Dunque gli unici Paesi che ci battono sono Paesi enormi e dove le distanze per gli spostamenti, anche tra casa e lavoro, sono spesso notevoli. Noi invece viviamo in un Paese piccolo e sovrappopolato, e inoltre la zona più popolata del Paese, la pianura padana, è chiusa tra le montagne e dunque risente di un accumulo di inquinamento senza pari.
Inoltre il numero di automobili continua ad aumentare: nel 1991 erano 501 ogni 1000 abitanti, e nel 2010 arriveremo a 640.
Secondo il ministro Tremonti la quantità di auto italiane (insieme al numero di telefonini) è un indicatore di prosperità... magari fosse vero! Spero che il ministro Tremonti non voglia sostenere che l'Italia sia il Paese più ricco d'Europa (ma conoscendolo non mi stupirebbe se lo dicesse, anche se guarda caso il nostro PIL.. ah, che sbadato, dimenticavo che per Tremonti il PIL non conta niente!).. dunque, se abbiamo il primato delle automobili, il motivo sarà un altro. Tra l'altro, l'Italia ha un parco macchine tra i più vecchi d'Europa, il che significa che le auto ci sono sì, ma spesso sono vecchie, e che se quasi tutti gli italiani in età da patente hanno un'auto propria, ciò è dovuto più alla necessità che ad altro (leggi: ricchezza). Molti ne farebbero volentieri a meno ma.. se i mezzi pubblici sono scadenti o inesistenti, come si fa?
Infatti le nostre città hanno il record mondiale di automobili. Gli americani avranno più auto degli italiani, ma caso strano a New York (dove c'è una metropolitana funzionante) circolano solamente 20 macchine ogni 100 abitanti, mentre a Los Angeles (molto più estesa in superficie e caratterizzata da un modello abitativo di tipo periferico, con quartieri fatti da casette basse spalmate su un enorme superficie) sono 57. Ma noi, si sa, siamo avanti, per cui a Milano ne abbiamo 63, e a Roma (più ricca di Milano e di New York?) ben 76 ogni 100 abitanti. Strano che nella povera Copenaghen siano solo 27 e nella poverissima Berlino solo 35..
...Il problema è che mentre tutto il mondo (quello più moderno, s'intende) va in una direzione ben precisa (riduzione della mobilità inquinante, isole pedonali, mezzi pubblici, piste ciclabili, telelavoro, divieto di costruire in campagna), noi andiamo in quella esattamente opposta, e così le nostre città crescono sempre di più (anche se il numero degli abitanti non varia di molto nel tempo: esemplari i casi di Roma e Milano), si invadono le campagne costruendo palazzi su palazzi, e costringendo la popolazione a muoversi con mezzi privati. Oltre che Roma e Napoli, si distingue il lombardo-veneto come regione dove ormai il confine tra città e campagna è scomparso, e ormai è tutta un'enorme conurbazione indistinta fatta di case, cemento, palazzi, paesi e città fuse tra loro.
E qui emerge la connessione case-automobili: la nostra economia, in mancanza di meglio, si basa sulla speculazione edilizia, cioè sulla licenza per i costruttori di costruire quando e dove vogliono. I costruttori ottengono il permesso di costruire nelle aree agricole e di trasformarle in aree edificabili, pagando i comuni, i quali, spesso indebitati (il governo centrale, alla faccia del federalismo, sono anni che taglia i fondi agli enti locali), preferiscono fare cassa e sacrificano così le campagne, che vengono invase dal cemento.
A differenza che in altri Paesi, il mercato non è calmierato: si è smesso da tempo di costruire le case popolari, gli affitti sono disincentivati (chi possiede una casa e la vuole mettere in affitto si vede accrescere il suo reddito, così che dovrà facilmente pagare più tasse, passando nella fascia contributiva superiore), e così, se non si vuole finire sotto i ponti, non resta che ricorrere al mutuo (con gran godimento delle banche). Stranamente, la famosa "cedolare secca" sugli affitti (una tassa fissa del 20%), che dovrebbe incentivare i proprietari a mettere in affitto le case vuote oltre che a far emergere gli affitti in nero, viene continuamente promessa e poi rimandata a data da destinarsi dai governi, come è accaduto anche nell'ultima finanziaria.
I prezzi delle case sono alle stelle, ovviamente i cittadini con i redditi bassi che ci sono in Italia (ministro Tremonti: se siamo tanto ricchi, come mai i nostri redditi sono i più bassi d'Europa?) non possono permettersi di acquistarle, e per questo si devono indebitare. Altro che signoraggio: molti di noi (non tutti!) sono schiavi del sistema italiano, nel senso che devono indebitarsi (spesso a vita) per comprare la casa, e poi devono passare ore e ore della propria vita nelle quotidiane file in macchina per recarsi al lavoro. Qualità della vita: zero.
Del resto, uno dei motivi per cui le città si espandono, è che la qualità della vita in città è penalizzata dal traffico, oltre al fatto che in città i prezzi delle case sono davvero inavvicinabili per la maggior parte della popolazione, per cui la gente fugge dalle città, e finisce in periferia o nei paesi circostanti, dove si costruisce a tutto spiano, salvo poi dover tornare ogni giorno in città per lavorare, incrementando ulteriormente il traffico. E' un circolo vizioso micidiale che la politica non sembra interessata ad interrompere. E' così che funziona il capitalismo all'italiana: sulla pelle della gente.
Chi ha la fortuna (o la sfortuna?) di recarsi all'estero può constatare come negli altri Paesi d'Europa non sia così, perché lì le grandi città non sono intasate dal traffico, e vivere in una metropoli non significa avere una bassa qualità della vita. La differenza è che negli altri Paesi si pensa alla qualità della vita, e il cittadino non è considerato un suddito, mentre da noi...