domenica 25 aprile 2010

Sud: svegliati

Sud: svegliati. Questo slogan, un tempo usato dalla Lega, è efficace e dovrebbe essere fatto proprio dagli abitanti del Sud. Infatti, che il Mezzogiorno sia nettamente più arretrato rispetto al resto d'Italia, è purtroppo un dato di fatto, e anzi risulta essere la zona più arretrata dell'Europa occidentale, secondo i parametri più importanti (ricchezza prodotta, criminalità, disoccupazione, istruzione, livello dei servizi ecc.).
Chi ha a cuore il destino del Sud non può far finta di nulla e nascondersi dietro facili alibi o addirittura negando l'esistenza del fatto. Ad esempio, molti pensano che l'evasione fiscale sia più diffusa al Nord che al Sud, mentre è vero il contrario. Al Sud è più diffusa l'illegalità a tutti i livelli (dalla percentuale di persone che vanno in motorino senza casco, a quelle che si costruiscono la casa abusivamente, ecc.). Inoltre, dalle rilevazioni internazionali emerge che gli studenti del Sud sono i meno preparati d'Europa, mentre la percentuale di bocciature è molto bassa (il che non depone a favore degli insegnanti, che evidentemente si adeguano alla mentalità locale).
E le ricostruzioni storiche che si fanno per spiegare il ritardo del Mezzogiorno, se possono essere condivisibili, non possono essere confuse con una giustificazione. Anche perché se ci si continua a giustificare, si lascia tutto com'è. Chi ha rispetto per le persone, invece, ne pretende la responsabilità. Pensare che i Meridionali siano delle povere vittime della storia, e che siccome sono stati per secoli sottomessi da dominazioni straniere e regimi dispotici, ormai sono incapaci di darsi da fare e dunque non resta che assiterli, è profondamente offensivo nei loro confronti.
Occorre dunque rendersi conto che il ritardo del Sud continuerà ad esserci finché i Meridionali non si renderanno conto del ritardo culturale che ne caratterizza una percentuale considerevole. Ad esempio, lo scarso senso civico, per cui si ignorano o si aggirano le leggi piccole e grandi, è sicuramente una caratteristica più diffusa al Sud che al Nord. E la facile risposta ("ma non sono tutti così!") non risolve il problema, perché una differenza quantitativa non da poco alla fine fa la differenza. Ad esempio, se si dice che gli Olandesi sono più alti dei Sardi, non ha senso rispondere: ma non sono tutti così! Basta calcolare la media (o ad esempio prendere la percentuale della popolazione che supera il metro e ottanta) per vedere che una differenza c'è. E non si vede perché una differenza non ci possa essere anche per altri parametri come il senso civico (ad esempio: il numero di persone che pensa che gettare una cartaccia per terra, o votare un politico in cambio di una raccomandazione sia una cosa moralmente lecita o comunque non così censurabile).
Un altro alibi che si trova per "discolpare" il Sud, è che i tanti problemi che lo affligono risalgono alle mancanze dello Stato. Peccato che lo Stato sia lo stesso al Nord! Ad esempio, la ricostruzione del dopo terremoto in Friuli è stata esemplare e poco costosa, mentre il dopo terremoto in Irpinia è stato gestito in maniera clamorosamente inefficiente, con spese folli e i terremotati che sono rimasti per decenni nelle baracche. Eppure lo Stato era lo stesso. Oppure, la sanità al Nord funziona molto meglio che al Sud. Eppure lo Stato centrale è lo stesso. Si potrebbero allora chiamare in causa le amministrazioni locali. Ma le amministrazioni locali sono chiaramente l'espressione della gente locale. I politici locali non vengono dalla luna: sono votati dal popolo.
Al giorno d'oggi, dopo la caduta delle ideologie, è giunto il momento di rendersi conto che non può essere soltanto lo Stato a cambiare le cose, ma che è il popolo stesso che deve rendersi conto dei propri difetti e deve cercare di cambiare, a cominciare dagli intellettuali che devono illuminarlo sui propri difetti e dare le giuste indicazioni.
Anzi, demandare tutto allo Stato è precisamente un altro difetto tipico dell'Italia, ma soprattutto dei Meridionali. Significa pensare che lo Stato sia un'entità astratta e superiore.
C'è poi chi ammette che al Sud c'è meno senso civico che al Nord, però sostiene che in compenso i Meridionali hanno altri pregi, sono simpatici, accoglienti ecc. Come se fossimo di fronte ad un giudizio globale sul valore delle persone, che deve essere per forza a somma zero, per cui se uno ha un difetto da una parte, deve per forza avere un pregio a compensazione, per evitare che si facciano delle discriminazioni. Il che non ha senso: la civiltà è un concetto che non comporta (o comunque non esaurisce) un giudizio sulla persona nella sua globalità. Tuttavia è un concetto che esiste, per cui si deve poter dire: A è più (o meno) civile di B. E bisogna rendersi conto che per far funzionare una società, la civiltà è un concetto importantissimo. Quindi prima di offendersi, o di avere paura di fare discorsi razzistici, occorre chiedersi se ciò che viene detto sia o no vero. Dunque, occorre per prima cosa rendersi conto che esiste qualcosa chiamato civilità, e che questa non è allo stesso livello in tutti i Paesi. La Svezia è più civile dell'Italia, ad esempio, il che significa che in Svezia una percentuale della popolazione più elevata che in Italia (ovviamente, non tutti) rispetta le leggi, pensa che lo Stato non sia un nemico, che lo spazio pubblico sia di tutti (e non di nessuno) ecc. Se dico queste cose, probabilmente nessuno avrà qualcosa da ridire. Ma se dico che il Nord Italia è più civile del Sud, sicuramente molti mi accuseranno di razzismo. Ma finché si continuerà a ragionare così, finché non ci renderà conto che la cultura è tutto, e che un Paese non può cambiare per volontà divina o per un miracolo, ma che può cambiare solo se una grande maggioranza della popolazione farà propri i principi quali il rispetto delle leggi e del bene pubblico, non cambierà nulla. Del resto, gli esperti di criminalità organizzata sanno che fenomeni come la mafia sono possibili solo laddove c'è una diffusa omertà e simpatia nei confronti dei mafiosi. Purtroppo anche su questo esiste una "vulgata" di sinistra che semplifica la questione, sostenendo che la mafia è dappertutto perché al Nord ci sono imprenditori che fanno affari coi mafiosi e riciclano il loro denaro. Questo è vero, ma non è la stessa cosa che il controllo del territorio, che si realizza solo in quelle zone del Sud dove la cultura mafiosa (che comporta tutta una serie di corollari, tipo: lo Stato è nemico, la famiglia è tutto, le leggi si possono anche non rispettare ecc.) è radicata. Un conto è aprire un ristorante coi soldi dei mafiosi, un altro è controllare il territorio, e cioè pretendere il pizzo a tutti i commercianti (senza che nessuno o quasi si ribelli o denunci...), far votare i propri referenti politici dala popolazione, arruolare centinaia o migliaia di persone per la "bassa manovalanza" criminale, nascondere i latitanti con la connivenza di una parte della popolazione, gestire i loro affari coinvolgendo medici, avvocati, commercialisti ecc. Queste cose sono possibili solo se è diffusa una cultura locale mafiosa o para-mafiosa. Non a caso, al Sud è molto più facile seppellire rifiuti pericolosi, perché nessuno controlla, le amministrazioni locali dormono, non sorgono comitati civici, chi sa tace ecc. Quindi un conto è dire che il problema della mafia è un problema nazionale (vero), un altro è dire che non c'è differenza tra le diverse aree del Paese (falso). Finché la sinistra non avrà il coraggio di dire queste cose, si lascerà il tema della differenza tra Nord e Sud alla Lega, col risultato che il Sud rimarrà indietro, che le amministrazioni locali del Sud si mangeranno il denaro proveniente dalle tasse pagate dai cittadini di tutta Italia, e dunque aumenterà sempre più il numero di persone che vive al Nord e vuole la secessione.

martedì 20 aprile 2010

Fini: un alieno a destra


Sostiene che il leader di un partito deve essere eletto per votazione e non per acclamazione, che un partito debba avere regolari congressi, con regolari scelte della linea da seguire in base al confronto libero e democratico. Sostiene che gli immigrati devono essere accolti e integrati, e che se lavorano e non commettono reati devono avere la cittadinanza in tempi ragionevoli. Sostiene che si deve rispettare e difendere la Costituzione. Sostiene che i diritti civili dovrebbero essere riconosciuti e che lo stato deve essere laico.
Queste e altre idee di buon senso, che sono accettate senza problemi dalle destre di tutta Europa, sono viste come delle pazzie dalla destra italiana che fa capo a Berlusconi e alla Lega.
E così il giornale di proprietà della famiglia Berlusconi (Il Giornale) attacca e insulta tutti i giorni Fini, fino ad augurarsi che se ne vada al più presto dal Pdl. Il ritardo culturale della destra italiana è tutto qui.
Non è la prima volta che Fini si trova in un partito che è più indietro di lui. Per 15 anni ha traghettato pazientemente l'Msi-An da un partito di nostalgici del fascismo, che facevano il saluto romano e andavano in pellegrinaggio alla tomba di Mussolini, in un partito di una destra moderna e democratica. Alla fine, bene o male, ce l'ha fatta. La speranza è che, esaurita l'ubriacatura populista, quando Berlusconi sarà uscito di scena e gli italiani si accorgeranno che i problemi che aveva promesso di risolvere sono ancora tutti lì, la destra italiana saprà evolversi e saprà trasformarsi in una destra veramente moderna ed europea, laica e rispettosa delle istituzioni e dei principi dello stato liberal-democratico.

giovedì 8 aprile 2010

Un Paese corporativo

L'annuncio del ministro Alfano di voler cancellare quel poco che restava della liberalizzazioni di Bersani, rappresenta l'ennesima (se ancora ce ne fosse bisogno..) prova che il centro-destra italiano guidato da Berlusconi non ha nulla di liberale. E' invece una coalizione corporativista, che fa gli interessi delle classi sociali protette, che sfruttano la loro posizione di rendita per spuntare al pubblico prezzi e tariffe elevate. Per carità, questa è una posizione legittima, ma dopo non ci lamentiamo se in Italia abbiamo le tariffe più alte d'Europa (il recente aumento dei prezzi della benzina è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare), se siamo in fondo alla classifica della competitività, e se l'economia (quando le cose vanno bene) non cresce.
Del resto, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca: non si può essere nello stesso tempo dalla parte del "popolo" e dalla parte dei professionisti. Se non c'è concorrenza, se non c'è libero mercato, i prezzi saranno più alti e la qualità dei servizi più bassa. Almeno così si pensa in tutto il mondo occidentale.
Grazie al suo potente apparato mediatico, Berlusconi è riuscito ad imporsi come leader "liberale", e purtroppo in un Paese dalla scarsa cultura liberale, questo messaggio è riuscito a passare. E così i termini libertà, liberale ecc., vengono utilizzati da chi si fa portatore dei valori opposti, cioè da un monopolista dell'informazione che difende gli interessi delle corporazioni, utilizzando un linguaggio che segue lo schema orwelliano per cui il modo migliore per neutralizzare un concetto è utilizzarlo con l'accezione opposta (la guerra è pace, la libertà è schiavitù).
E così il ministro Alfano promette di reinserire la tariffa minima per le prestazioni degli avvocati, tariffa che l'ordine degli avvocati imponeva a tutti, con il risultato di scoraggiare la concorrenza, soprattutto da parte degli avvocati più giovani che ancora non si sono fatti un nome e dunque potrebbero farsi strada richiedendo tariffe più basse. Del resto ricordiamo che quando Veltroni e altri sindaci avevano provato ad aumentare il numero dei taxisti, ci furono proteste della categoria, con esponenti di An in prima fila nelle piazze a dare manforte ai taxisti che protestavano.E nel 2008 dopo essere tornato al governo, il centro-destra propose il DDL Gasparri che contrastava le parafarmacie, nate in seguito alle "lenzuolate" di Bersani che consentivano di aprire negozi per vendere farmaci generici e che non richiedevano la ricetta, con il risultato di abbassare i prezzi di molti farmaci e prodotti correlati.
L'Italia è un Paese immobile dove i figli dei professionisti fanno i professionisti e i figli degli operai fanno gli operai.
Il corporativismo, già in voga durante il ventennio fascista, rappresenta una tipica organizzazione economica all'italiana, in cui tutti hanno famiglia, tutti vogliono un posto al sole, tutti vogliono avere i propri piccoli o grandi privilegi, mentre nessuno pensa al bene comune. Con il risultato che l'intero Paese alla lunga cresce meno degli altri, e chi non ha qualche santo in paradiso si trova solo e senza diritti.