sabato 15 ottobre 2011

Viva il default?


Il movimento degli "Indignados", che si sta diffondendo in diversi Paesi dell'Occidente, è in fondo il naturale risultato della crisi che si prolunga e priva del lavoro e di un futuro stabile e sicuro milioni di giovani. All'interno di questo movimento si sta però diffondendo un'idea che può sembrare curiosa, quella di "tifare" per un default dello Stato, in modo da evitare che siano i cittadini a dover pagare una crisi che sarebbe stata scatenata dalle banche. La paura di finire come la Grecia, costretta a misure d'austerità per ripagare i debiti contratti, e l'esempio dell'Islanda, offrono una facile conclusione a molti: facciamo come l'Islanda e non come la Grecia, ripudiamo il nostro debito e riprendiamoci la nostra sovranità.
Ma ha senso questo discorso? il default sarebbe veramente la soluzione?
Ovviamente no. In primo luogo va detto che la tesi secondo la quale "la crisi è stata scatenata dalle banche" è troppo semplicistica. Intanto "le banche" che avrebbero causato la crisi sono le grandi banche americane, con le loro spericolate operazioni di finanza creativa, e non le banche di tutti i Paesi; inoltre, queste operazioni non sono servite soltanto a garantire profitti alle banche stesse, ma anche a tenere artificialmente alto il tenore di vita dei "consumatori" americani, con la complicità della politica che vedeva di buon occhio questa moltiplicazione dei pani e dei pesci. Basti pensare ai mutui subprime, che dovevano consentire a tutti di acquistare una casa, magari una villa, con la benedizione dell'allora presidente Clinton.
Va poi fatta una distinzione tra i Paesi anglosassoni (e l'Islanda con loro), affogati nei debiti privati, e i Paesi mediterranei, come l'Italia e la Grecia, in cui il debito è soprattutto pubblico e non è dovuto alle banche malefiche, ma allo Stato inefficiente e spendaccione, oltre che ad una elevata evasione fiscale. In altre parole, il debito pubblico greco o italiano non è stato creato dalle banche, ma dai politici, dagli amministratori locali, e da tutti noi, quando non paghiamo le tasse o ci facciamo raccomandare per un posto di lavoro nel settore pubblico o per favori di vario genere, quando prendiamo o diamo tangenti, o quando votiamo senza curarci dell'onestà e della moralità dei nostri politici.
E siccome il debito pubblico italiano è detenuto in buona parte dai privati italiani, un default avrebbe ricadute negative in primo luogo per i cittadini italiani. Anche perché se lo Stato fallisse, non potrebbe più pagare gli stipendi pubblici e le pensioni (diciamo, dei genitori e dei nonni degli indignati).
Poi è vero che le banche soffrono per la crisi dei debiti pubblici, ma non bisogna confondere la causa con l'effetto. Le banche possiedono titoli del debito, ma almeno nei Paesi mediterranei, il debito pubblico non l'hanno creato loro. Se adesso i governi europei sono costretti a mettere sul piatto miliardi di Euro per salvare le banche, lo fanno in realtà per salvare i bilanci pubblici dei rispettivi Paesi e dunque per salvare l'Unione Europea.
Anche l'accusa nei confronti della Germania di voler "affamare" la Grecia non ha senso, perché il fallimento della Grecia deriva in primo luogo dal fatto che il suo precedente governo ha truccato i conti, nascondendo un enorme deficit (che viaggiava verso il 15%) e presentandolo come un deficit normale (il 3% del Trattato di Maastricht). In Grecia si è pensato che entrare nell'Euro volesse dire andare ad una festa dove si mangia e si beve a spese degli altri. Invece voleva dire entrare in un gruppo dove ci sono determinate regole, dettate da Paesi nordici austeri ed efficienti, e quindi sarebbe stato necessario adeguarsi, diventando un po' tedeschi.
Ora, può anche darsi (anzi è praticamente certo) che la Grecia non sia più in grado di ripagare i propri debiti e dunque dovrà dichiarare o contrattare una qualche forma di default, ma questo non significherà la fine di tutti i problemi, perché il default significa povertà e miseria per anni (in Argentina ha significato: migliaia di persone che vivevano rovistando nell'immondizia). Nella situazione della Grecia il default può essere il male minore, ma noi italiani piuttosto che tifare per il default dovremmo sperare di non arrivare nella situazione della Grecia.
Per quanto riguarda la crisi economica che dura ormai da tre anni, va ricordato che la crisi non è "mondiale", ma è occidentale, perché i Paesi emergenti continuano a crescere a ritmi sostenuti.
Personalmente penso che alla base della crisi dell'Occidente vi siano sì problemi legati alla forma che ha assunto il capitalismo, e non per una pura e semplice "colpa delle banche", ma perché il sistema è diventato insostenibile dal momento in cui è diventato un sisterma basato sul consumismo, cioè sui consumi dei privati al di sopra delle reali possibilità dei cittadini, che si sono trasformati in consumatori. A margine di questa crisi del consumismo, vi sono Paesi come l'Italia e la Grecia in cui è stato il settore pubblico a spendere più di quanto fosse sostenibile. Insomma, fare di tutta l'erba un fascio e confondere la Grecia con gli Stati Uniti o l'Islanda non ha molto senso.
Detto ciò, siccome la democrazia non è un'aula universitaria, è giusto che le classi dirigenti nel loro complesso (quindi anche i banchieri) diano una risposta ai milioni di giovani senza certezze e senza futuro che scendono sempre più spesso in piazza a protestare.

5 commenti:

  1. L'altra volta qui a Madrid passai vicino ad un comizio di indignados (che poi tra l'altro si legge "indig-nados" separando i suoni della g e della n, lo dico perché sento sempre i media italiani pronunciarlo con la "gn" all'italiana che in spagnolo si scrive "ñ")

    e mi ricordo diceva uno con una buona dose d'enfasi: "nessuna banca privata ha diritto di chiedere un centesimo dei soldi nostri dopo averci messo in questa situazione: le si lascino fallire o si nazionalizzino per fare una banca pubblica al servizio dei cittadini!"

    come sia possibile nazionalizzare tutte le banche in difficoltà, con deficit alle stelle...
    Lasciarle fallire poi è da kamikazze...

    poi ho visto alcuni striscioni tipo "nuovo ordine mondiale, informati!" dai quali si evince che almeno alcuni di questi indignati quando criticano le banche lo fanno in chiave signoraggista....e non è una buon segno

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  2. Be' certo, nazionalizzare le banche in difficoltà vuol dire che lo Stato è disposto a spendere i soldi dei cittadini, anche se lo farebbe in base alle proprie regole, quindi potrebbe pensare di sistemare le banche, spezzettarle se sono troppo grandi, evitare che i manager prendano super-bonus ecc.
    Ma questo è ben diverso dal chiedere il default dello Stato!

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  3. bell'articolo
    certa gente farebbe bene a informarsi (o perlomeno a guardarsi allo spechio) prima di indignarsi

    le pensioni folli della DC non sono mica colpa delle banche

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  4. Nazionalizzare le banche vuol dire prima di tutto comprarle con soldi pubblici, poi ripianare le buche sempre con soldi pubblici, e poi mantenerle sempre con soldi pubblici

    tutti soldi che la Spagna evidentemente non ha, anzi tra l'altro sta proprio cercando di privatizzare (senza riuscirci, per esempio con la gestione degli aereoporti)

    il default dello Stato in quell'occasione non lo dissero, ma appunto dissero che meglio piuttosto far fallire le banche pur di salvarle (come se si salvassero solo loro e non tutta l'economia)...
    La mentalità più o meno è quella

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  5. ci son signoraggisti/complottisti pure là... che pietà...

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