giovedì 31 maggio 2012

Il terremoto dell'Emilia - considerazioni

Il terremoto dell'Emilia dei giorni scorsi ha sorpreso molti, che pensavano che la pianura padana non fosse una zona sismica. Anche la mappa della pericolosità sismica dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) è stata messa sotto accusa in quanto presenta una pericolosità sismica bassa nella zona interessata dagli eventi (sfumature di colore verde e azzurro).

Ma, come abbiamo già evidenziato nel post sul terremoto del 1117 e la previsione dei terremoti, la carta divulgata è soltanto una delle carte elaborate dall'Ingv, e si riferisce ad una probabilità del 10% in 50 anni (corrispondente alla probabilità che un evento si verifichi una volta in 500 anni).
Non soltanto su un periodo più lungo aumenta la probabilità che si verifichino eventi più importanti (banalmente, è più probabile trovare una nevicata di 30 cm a Roma se consideriamo un periodo di 2.000 anni, che se ci limitiamo ad un periodo di 50 anni), ma in certe zone la sismicità locale può avere proprio la caratteristica di presentare eventi sismici intensi, ma con un tempo di ritorno molto lungo (centinaia o migliaia di anni).
Come ricordato in questo video (speciale di RaiNews), il terremoto del 20 maggio scorso, delle 4:53 italiane, di intensità pari a 6.0 nella scala Richter modificata (magnitudo momento), ha espresso un'accelerazione massima al suolo pari a 0,25-0,26 g (frazione dell'accelerazione di gravità), corrispondente nella mappa della pericolosità sismica al colore viola. Ora, se consultiamo, tra le mappe di pericolosità sismica, quella relativa ad un periodo di 2.500 anni, vediamo che l'area interessata dallo sciame sismico di questi giorni è colorata di blu, corrispondente ad una accelerazione di 0,275-0,300 g.


In pratica i sismologi già sapevano che quell'area dell'Emilia-Romagna in tempi molto più lunghi può conoscere degli eventi sismici di intensità paragonabile (magnitudo fino a 6).
Probabilmente l'errore è stato quello di far conoscere al grande pubblico soltanto la mappa relativa ad un periodo che in termini geologici è molto breve, appena 50 anni.
In particolare, dal sito dell'Ingv dove è possibile conoscere la pericolosità sismica comune per comune, si può vedere come l'area tra Mirandola e Ferrara sia di colore verde se si considera un periodo di 50 anni:

Ma le cose cambiano se si considera un periodo più lungo (portare al 2%, anziché il 10%, la probabilità in 50 anni equivale a prolungare il periodo considerato da 475 a 2.500anni):

Ecco che la zona tra Mirandola e Ferrara diventa molto più scura, tra il viola e il blu, corrispondente ad un'accelerazione del suolo paragonabile a quella degli eventi di questi giorni.
Come si può notare, le due mappe distinguono bene le diverse zone, ad esempio la città di Parma è verde tanto quanto Mirandola e Ferrara su un periodo breve, mentre diventa "soltanto" rossa nella seconda mappa. Come dire che nella zona tra Mirandola e Ferrara sono presenti pieghe sepolte che rimangono silenti per secoli, ma quando si attivano, possono presentare eventi sismici più intensi.
I geologi queste pieghe sepolte le conoscevano già, sia a causa degli studi fatti nei decenni passati quando si esplorava il terreno in cerca di giacimenti di idrocarburi, sia dallo studio degli eventi sismici passati, come il terremoto di Ferrara del 1570. In questo modo è stato possibile scoprire l'esistenza delle pieghe sepolte dell'Appennino al di sotto della pianura padana, come le pieghe ferraresi, e in particolare la piega di Mirandola, che è quella che si è attivata in questi giorni.
Naturalmente lo studio del sottosuolo prosegue, ed è sempre possibile che vengano effettuate nuove scoperte, tuttavia allo stato attuale non è corretto sostenere che i geologi non sapessero che la pianura padana, almeno in certe zone, è sismica, presentando un rischio inferiore rispetto ad altre zone d'Italia (in particolare, quelle appenniniche del centro-sud o quelle alpine orientali), ma comunque non indifferente.

P.S. Ribadisco che non sono un geologo e le mie considerazioni sono puramente personali, anche se si basano sui dati scientifici che spero di aver interpretato correttamente.




4 commenti:

  1. Caro Eugenio,
    l'interpretazione è formalmente corretta con qualche dettaglio da "aggiustare". Per non essere un addetto ai lavori, complimenti!
    Alcune piccole osservazioni... in realtà la mappa di pericolosità sismica che consideri è calcolata per suoli rigidi (roccia). Se vuoi fare un confronto più realistico per l'area in esame devi considerare i parametri di amplificazione (coefficiente moltiplicativo S, soil factor, che amplifica sino a 1.4 volte il valore riferito a roccia).
    Se considerei S vedrai che stiamo dentro la stima al 10%.
    Ma anche qui restiamo sul grossolano, i sismologi eseguono infatti "microzonazioni" sismiche per le ricostruzioni di dettaglio.
    Semplificando, per determinare le amplificazioni in un determinato comune/territorio effettuano misure del rapporto tra amplificazione delle componenti orizzontali e verticale del suolo (H/V) in vari punti, analizzano le stratigrafie, analisi di sismica attiva etc etc
    Attenzione ad usare il termine "rischio" in luogo di pericolosità (sì, lo so, lo fanno tutti). Il rischio sismico è la "convoluzione" (diciamo moltiplicazione) di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione. Nelle zone a bassa e media pericolosità abbiamo purtroppo una alta vulnerabilità (costruzioni di bassa qualità, non antisismiche). Un magnitudo 6 non DEVE causare quello che era successo nel teritorio aquilano e si è ripetuto adesso.
    Siccome in inglese pericolosità si dice Hazard molto spesso ci si confonde ed i termini vengono presi per sinonimi, ma non lo sono.
    Anche il termine magnitudo richter modificata per la Mw non è correttissimo. Beh, per parlare della magnitudo ci vorrebbe un altro post :-)
    Grazie comunque per la tua opera di divulgazione e per il tuo interesse!
    Almeno sembra che i sismologi un po' di lavoro lo fanno e servono a qualcosa :-)
    Paolo A.

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  2. Ciao,
    Tu sei un sismologo? Per caso hai un blog?
    Be', chiaramente non volevo e non potevo esaurire tutto lo scibile sui terremoti in un post :-)
    Il discorso dell'amplificazione dovuta alle caratteristiche locali del suolo è corretto, ma quando si confrontano aree e regioni diverse, come volevo fare nel post e come ha fatto chi ha costruito le mappe del rischio, è giusto prescindere dalle differenze locali. Altrimenti si potrebbe pensare che il terremoto dell'Emilia sia stato leggero e che i crolli siano dovuti solo all'amplificazione locale. E' vero che una magnitudo 6 non deve causare quei danni, quantomeno in un Paese e in un'area in cui si sa che sono possibili scosse di quella portata, però comunque la magnitudo 6 non è poco, non è uno scherzo. Anche in un suolo rigido potrebbe fare danni, se gli edifici sono costruiti male o antichi. Quindi il senso del post era: contrariamente a quanto si poteva pensare, anche in pianura padana, o quantomeno in certe sue zone, sono possibili terremoti di magnitudo 6, e i sismologi questo già lo sapevano.

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  3. Comunque ho modificato, seguendo il tuo rilievo, i riferimenti alla "mappa del rischio sismico" in "mappa della pericolosità sismica". Grazie.

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  4. Ciao Eugenio, non ho un blog. Ne curavo uno qualche tempo fa, ma non geofisico. Sì, confesso sono un sismologo :-)

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