giovedì 10 maggio 2012

Un Paese autoritario


Le recenti elezioni amministrative hanno sancito il crollo del Pdl e della Lega e il successo del Movimento 5 Stelle, fondato da Beppe Grillo. In pratica, al posto dei vecchi populismi se ne stanno affermando di nuovi. E così stiamo passando dal dito medio al "vaffa", dal Popolo (che intrattiene un rapporto privilegiato e diretto col Sovrano di Arcore) e la Gente (rappresentata da "quelli che parlano come noi al bar" in camicia verde) alla Rete (dove i cittadini, purché dotati di computer, si riuniscono virtualmente per deliberare su tutto).
E' vero che i partiti fanno poco o nulla per arrestare l'ondata di anti-politica, ma ho il sospetto che la politica tradizionale, con la faticosa mediazione tra valori e interessi diversi, agli italiani vada stretta, e infatti sono sempre pronti a dare fiducia a capi e capetti, a chi, in nome dell'efficienza, del "fare" (come Berlusconi che era a capo del "governo del fare") si crede legittimato a scavalcare le regole democratiche. E così ai partiti si preferiscono Popoli, Leghe e Movimenti, i cui capi sono indiscussi ed eterni.
Le normali regole con cui si svolge la vita dei partiti di tutti i Paesi democratici, a noi vanno strette. Per carità, a che cosa servono i congressi e le primarie, a che cosa serve eleggere il leader dal basso e dare al suo mandato una scadenza? Del resto già Mussolini diceva che i partiti sono tristi e inutili, e l'aula del Parlamento era per lui "sorda e grigia".
A quanto pare gli adepti del Movimento 5 Stelle considerano la presenza di Grillo come "garante" una "garanzia". Più o meno come Bossi era la garanzia dell'onestà e della efficacia della Lega.
Il confronto con gli altri Paesi è illuminante. In Spagna, Zapatero, leader di un partito normale e ritenuto responsabile se non della crisi, di non averla saputa gestire, è stato sostituito dal leader di un altro partito normale, Mariano Rajoy. In Francia Sarkozy, esponente del partito gollista, è stato sostituito da Hollande, esponente del partito socialista. Negli Stati Uniti tra qualche mese si vota per il presidente, che verrà scelto tra gli esponenti dei due partiti tradizionali del Paese. L'anno prossimo in Germania Angela Merkel, leader normale di un partito normale (la Cdu), si presenterà alle elezioni e verrà confermata, oppure sostituita dal leader del partito socialdemocratico.
Insomma, negli altri Paesi i partiti vengono prima dei leader, e infatti i leader passano, mentre i partiti restano. Questo vuol dire che le regole vengono prima delle persone, come è normale in democrazia. Invece in Italia si cerca sempre l'uomo forte, il condottiero geniale che ci-pensa-lui.
E' evidente che i partiti vadano riformati, ma nel senso che necessitano di più regole e più trasparenza, non di essere distrutti per essere sostituiti da movimenti autoritari.

3 commenti:

  1. Concordo. In Spagna era uno degli obiettivi primari del movimento del 15-M quello d'avere partiti più trasparenti e controllati dal basso e con maggior partecipazione popolare

    "In Spagna, Zapatero, leader di un partito normale e ritenuto responsabile se non della crisi, di non averla saputa gestire, è stato sostituito dal leader di un altro partito normale, Mariano Rajoy."

    Non solo:
    Zapatero si DIMISE, anticipò le primarie (senza ricandidarsi ad esse), e le elezioni dopo la disfatta delle regionali e amministrative. Una lezione di responsabilità e di democrazia per noi italiani...
    Berlusconi incassò disfatte elettorali anche lui, batoste come a Napoli, Milano eccetera che segnavano chiaramente che gli italiani non lo volevano più.
    Però non si comportò come il presidente spagnolo.

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  2. Buon giorno, il suo articolo è interessante ma non illuminante, Le daro' io un po di luce. La verità è che qualsiasi forma di governo non ha valore se non c'è autorità. L'autorità (=c'è la virtu' morale e il dinamismo per esercitare il potere secondo le regole stabilite e condivise senza arretrare di un passo) puo' degenerare in autoritarismo (=decide chi ha il potere arbitrariamente prescindendo dalle regole) ma è meglio l'autoritarismo di un governo, di un re, di un duce (che almeno sai chi sono e dove abitano) che non l'autoritarismo attuale delle lobbies (che non si sa mai abbastanza chi sono e cosa fanno) ,ricche lobbies contro governi deboli senza autorità e senza soldi. L'attuale condizione è tale da rendere la democrazia una triste farsa e la politica un inutile chiacchericcio. Distinti saluti. eravamoitaliani@gmail.com

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  3. Parlare genericamente di "lobbies" non so quanto sia illuminante, perché dice tutto e niente. Inoltre ho forti dubbi che un governo autoritario sia immune dai condizionamenti delle "lobbies" (intendendo con questo termine i poteri, economici e non, che potrebbero condizionarlo). Il fatto che la democrazia abbia dei difetti non significa che ci sia di meglio. Se non altro perché la democrazia consente di criticare il governo (e le lobbies...) senza essere messi in galera. E consente di scambiare le informazioni, tanto che c'è più trasparenza in una democrazia che in una dittatura. Ad esempio, in America le lobby economiche sono praticamente alla luce del sole, dal momento che finanziano i partiti e i candidati legalmente. La prima cosa che viene meno in una dittatura è proprio la conoscenza di ciò che c'è dietro il potere.

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