venerdì 18 novembre 2016

Perché votare No

Premetto che non provo simpatia per i partiti che stanno facendo campagna per il No al Referendum sulla riforma costituzionale del 5 dicembre, perché come al solito in Italia prevalgono la sterile litigiosità e la tattica di breve periodo (tutti dicono No per far fuori Renzi), inoltre non apprezzo il conservatorismo di una certa sinistra, che sostiene ideologicamente che la Costituzione italiana sia la più bella del mondo (concetto reso popolare da Benigni: ma chi ha letto le altre costituzioni? e se uno non le ha lette, come può sapere qual è la più bella?), e che qualunque cambiamento sarebbe una sciagura (peraltro lo stesso Benigni si è poi espresso per il Sì, spiegando che con "più bella del mondo" intendeva la prima parte, quella dei principi, che non viene toccata dalla riforma).
Che la nostra Costituzione sia per certi aspetti superata, dato che quando fu fatta uno scopo fondamentale era evitare che tornasse un dittatore, e quindi dava troppo poco potere al governo, e che abbia bisogno di un "tagliando", lo si dice da almeno trent'anni, ma ogni volta che si va al sodo, prevalgono sempre i distinguo e alla fine non si conclude niente.
Inoltre penso che l'Italia abbia un drammatico bisogno di riforme, e so (e dico da tempo, ovviamente non da solo) che l'Italia è un paese in declino, che non è più in grado di crescere, perché ha una pressione fiscale troppo alta rispetto ai servizi che lo stato dà in cambio, e che di questo passo c'è il rischio che prima o poi i conti pubblici saltino.
D'altro canto, la vittoria del No sancirebbe la sconfitta di tutto il Parlamento, perché in una legislatura che si voleva costituente avrebbe perso mesi dietro a una riforma che poi sarebbe stata bocciata, e perché sarebbe l'ennesima prova che l'Italia è un paese fermo, e comunque se Renzi si dovesse dimettere ne potrebbe derivare un caos politico, dato che il fronte del No è unito soltanto, appunto, nel dire No, ma per il resto non ha un progetto comune.

Tuttavia, seppur a malincuore, mi trovo a dover votare No al Referendum, e per due motivi: 1- perché la riforma è fatta male, 2 - perché la legge elettorale detta Italicum, che prevede il ballottaggio tra le due liste che hanno preso più voti al primo turno, e che piaccia o no è collegata al Referendum perché è stata approvata solo alla Camera, e dunque sarebbe utilizzabile solo se vincesse il Sì, darebbe tutto il potere ad un solo partito, che magari al primo turno ha preso il 25 o il 30%.

Partiamo dal punto 1. Non affronterò tutti i punti della riforma, ma citerò un aspetto che già da solo mi sembra sufficiente a bocciarla. Sul fatto che alcune competenze tornino allo Stato, dopo che la riforma del Titolo V fatta dal centro-sinistra nel 2000 aveva creato un conflitto continuo tra Stato e Regioni, si può o no essere d'accordo: qualcuno potrebbe preferire il federalismo, cioè un sistema in cui le Regioni hanno in mano diverse competenze, ma hanno anche un'autonomia fiscale, tuttavia, se la strada scelta dal governo è l'opposto, cioè il ritorno di un maggiore centralismo, allora perché sono rimaste in piedi le Regioni a statuto speciale? Questa è veramente un'assurdità, tanto più che se passa la riforma sarà praticamente impossibile abolirle in futuro, dato che è scritto che le future modifiche si potranno fare solo con il consenso delle regioni stesse. E dato che è quasi impossibile che ad esempio la Sicilia rinunci ai trasferimenti a fondo perduto con cui alimenta uno scandaloso parassitismo, per avere una mezza riforma oggi ci giochiamo la possibilità di avere una riforma seria in futuro.

Per quanto riguarda il punto 2, trovo veramente assurdo che, in un'epoca in cui ormai l'elettorato è diviso in tre, con un partito populista che si è aggiunto ai tradizionali schieramenti di centro-destra e centro-sinistra (e non solo in Italia, basti pensare al Front National in Francia), l'Italicum forzi la mano con un ballottaggio che dà tutto il potere ad un solo partito. Il sistema maggioritario poteva avere un senso quando l'elettorato era diviso in due: dare un aiutino ad una coalizione che comunque già rappresenta la metà o quasi dell'elettorato è un conto, dare tutto il potere ad una delle tre forze che più o meno si equivalgono, è una evidente forzatura.
E' vero che al secondo turno la lista vincente otterrebbe la maggioranza assoluta dei voti (e da questo punto di vista non trovo accettabile la critica secondo cui se l'astensione fosse alta, rispetto alla maggioranza degli italiani il consenso verrebbe da una minoranza, perché in democrazia contano i voti validi, se uno non va a votare è un problema suo, e in ogni caso, il problema dell'astensione ci potrebbe essere anche in un sistema a turno unico), ma sarebbe comunque una forzatura, perché si costringerebbero gli elettori a scegliere tra le due liste arrivate per prime, che potrebbero rappresentare entrambe una minoranza degli elettori. Se addirittura il voto al primo turno fosse spalmato su dieci partiti, che prendessero tutti circa il 10% l'uno, si potrebbe arrivare al paradosso di dover scegliere tra due piccoli partiti, e il primo dei due prenderebbe la maggioranza assoluta e governerebbe da solo, non rappresentando che un decimo dell'elettorato.
Ora, è vero che se fossimo fortunati e la lista vincente risultasse una lista seria, di gente capace e preparata, potrebbe fare delle riforme senza doversi preoccupare del consenso di partiti minori che pensano solo alle poltrone o chiedono favori per gruppi elettorali di riferimento, come accade spesso con il sistema proporzionale, tuttavia non si deve esagerare con l'ottimismo, perché se una riforma non trova consenso nella società, rischia di essere ostacolata da un'opposizione non solo in Parlamento, ma anche nel Paese, che potrebbe portare a ritirarla. Basti ricordare l'abolizione dell'articolo 18 che Berlusconi tentò all'inizio degli anni 2000, e che fu fermata in seguito allo sciopero generale e alla manifestazione oceanica che i sindacati indissero a Roma.
Ma il vero pericolo è che la lista vincente non sia la lista seria e preparata di cui sopra, ma una lista di populisti e demagoghi, che potrebbe vincere promettendo miracoli, magari attaccando la casta e i cosiddetti poteri forti come va di moda di questi tempi. Ad esempio un partito come il Movimento 5 Stelle, che secondo i sondaggi è attualmente il primo partito, e comunque si è dimostrato una formidabile macchina da ballottaggi alle elezioni locali (a Parma, Torino e Roma ha vinto al secondo turno, dato che sono in grado di intercettare i voti degli elettori di destra orfani dei loro rappresentanti), se si votasse domani con l'Italicum vincerebbe facilmente. Dunque il risultato paradossale di questa riforma e di questa legge elettorale voluta da Renzi, potrebbe essere una vittoria dei 5 Stelle, che magari con solo il 30% al primo turno, si prenderebbero la maggioranza assoluta. E se attuassero il loro programma, che comprende l'uscita dall'Euro (già da sola capace di creare un disastro economico) e dalla Nato, più altre chicche come la nazionalizzazione delle banche e il reddito di cittadinanza, ci porterebbero al disastro.
Peraltro i 5 Stelle non solo stanno facendo campagna per il No, anche se gli converrebbe che vincesse il Sì, ma sostengono anche una legge elettorale proporzionale, e dato che dal 1948 a oggi alle elezioni politiche nessuno ha mai preso il 50% da solo, in pratica stanno ammettendo di non voler governare. Poi per carità, qualora prendessero la maggioranza assoluta dei voti, avrebbero il diritto di governare: se gli italiani si vogliono suicidare, ne hanno il diritto. Ma una legge elettorale che mette la vittoria sul piatto d'argento ai 5 Stelle (o ad altri demagoghi ancora peggiori, come ad esempio la Lega di Salvini) non mi pare l'idea migliore, tanto più in questi tempi di populismo dilagante.
La nostra Costituzione è stata fatta dopo vent'anni in cui ha dominato uno come e peggio di Trump, ed è fatta apposta per evitare di dare tutto il potere a uno solo. Forse venti o trent'anni fa sarebbe stato meglio cambiarla, in modo che anche l'Italia potesse fare quelle riforme necessarie per adattarsi a un mondo globalizzato, senza cadere preda dei soliti veti incrociati. Abbiamo perso un'occasione che forse non tornerà più, anche se la Costituzione è stato solo un ostacolo, peraltro neanche il più grande, perché comunque le riforme se c'è la volontà politica si fanno anche col sistema proporzionale e col bicameralismo perfetto.
Ma comunque ormai siamo entrati in un'era diversa, quella del riflusso della globalizzazione e del populismo: ora, in quest'epoca di trumpismo dilagante, in cui la gente tende a votare per il più pazzo, per quello che urla e insulta di più, o che comunque promette la luna nel pozzo, più spesa e meno tasse, i dazi sui prodotti stranieri ma la possibilità di esportare in tutto il mondo, la moneta propria da stampare a volontà rendendo tutti ricchi ecc., votare sì al Referendum, soprattutto se prima non si cambia la legge elettorale, che consente al capo di un partito di nominare i parlamentari e poi gli dà tutto il potere, sarebbe un suicidio.
I sostenitori del Sì ricordano però che il Referendum non è sulla legge elettorale, e che c'è un documento del Pd in cui la direzione del partito si impegna a cambiare l'Italicum dopo il Referendum. Ma ci si può fidare di un documento di questo tipo? Se ci fosse veramente la volontà di cambiare l'Italicum, perché non lo hanno cambiato prima? Si può votare sulla fiducia che lo cambieranno dopo, tanto più che Renzi in passato ha dato prova di non essere un uomo di parola (ad esempio quando promise che non sarebbe andato al potere senza essere passato dalle elezioni, o quando disse a Letta "stai sereno" e dopo lo disarcionò)? Come si dice cca nisciuno è fess, e quindi prima vedere cammello, grazie.
Io penso che Renzi, qualora dovesse vincere, non cambierebbe l'Italicum, dato che è una legge elettorale che si è costruito su misura per poter prendere tutto alle prossime elezioni, e sull'onda del successo, galvanizzato dalla vittoria, vorrebbe andare allo scontro finale coi 5 Stelle, convinto di potercela fare. Una scommessa sulla nostra pelle che non è il caso di accettare.
D'altro canto, anche se poi vincesse Renzi, che cosa cambierebbe? Davvero vogliamo credere che se fino ad ora le riforme importanti per il Paese non sono state fatte, e neanche da lui, dopo che alle elezioni europee aveva preso il 41% e i sondaggi davano il suo gradimento nell'elettorato al 65%, è colpa del bicameralismo perfetto? Per carità, il sistema è eccessivamente farraginoso, ma non è quello il vero motivo per cui le riforme non si fanno: il motivo è che gli italiani non le vogliono, e quindi chi è al governo, se non vuole suicidarsi (come fece Schroeder, che dopo le riforme Hartz del 2003, che consentirono alla Germania di essere attrezzata per la crisi e diventare il primo esportatore mondiale, perse le elezioni, e stiamo parlando della ben più seria Germania, dove l'elettorato è molto più colto e consapevole del nostro), deve menare il can per l'aia, agitarsi, fare grandi promesse, sostenere di stare facendo grandi cose, e parlare d'altro.
A ben guardare lo stesso Referendum va in questa direzione: stiamo discutendo da mesi su una riforma fatta male, che comunque non cambierà il destino del Paese, come se fosse una questione di vita e di morte.
Ricapitolando, il Referendum è solo un diversivo per non affrontare i problemi veri del Paese. E se vince il Sì, si consegna il paese a Grillo, che sarebbe l'apoteosi finale, il giusto suicidio di un Paese credulone.

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