venerdì 8 luglio 2011

Il Pd e la Casta


Brutti tempi per i partiti. Mentre gli elettori del Pdl e della Lega, anche i più ottimisti, si stanno rendendo conto che i loro rappresentanti al governo non intendono fare le riforme che avevano promesso, a cominciare dal taglio delle tasse e dalla riduzione della spesa pubblica, se non per il minimo indispensabile che consenta di onorare gli impegni presi con l'Europa, gli elettori del Partito Democratico sono di nuovo alle prese con fatti poco edificanti che coinvolgono il principale partito di centro-sinistra.
La questione morale torna alla ribalta: se il Pdl è ormai abitualmente coinvolto nelle inchieste giudiziarie, tanto che quasi non ci si fa più caso, il Pd è tornato ad essere coinvolto in un'inchiesta, quella relativa all'Enac e alle tangenti ai politici da parte di imprenditori interessati ad ottenere degli appalti. Riguardo a quest'ultima inchiesta, al di là delle eventuali responsabilità che starà alla magistratura stabilire, ci si chiede come fosse possibile che lo stesso uomo fosse amministrazione dell’Enac (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) e contemporaneamente coordinatore nazionale dell’area Trasporto aereo del Pd. Siamo di fronte ad un conflitto di interessi che mostra il carattere dei partiti italiani, che in luogo di vedere la politica come amministrazione del bene pubblico, la vedono come potere da occupare.
La recente votazione parlamentare in cui il Pd si è astenuto sulla proposta di abolizione delle Province proposta dall'Idv e appoggiata dal Terzo Polo, ha gettato una luce ancor più sinistra su un partito che alle ultime elezioni aveva ottenuto un buon risultato, forse più per demeriti altrui che per meriti propri. Del resto il modo come il Pd ha condotto la campagna elettorale, con il buon lavoro di Bersani e il sostanziale silenzio del resto della classe dirigente, mostra il tentativo, per ora riuscito ma che non può durare a lungo, da parte del Pd di mostrarsi come partito di governo, in grado di riformare il Paese, senza cambiare veramente. La classe dirigente è sempre lì, solo che ha imparato che meno si fa vedere, più risultati ottiene. In attesa di tornare al governo, si intende.
Certamente il meccanismo delle primarie rappresenta un punto di forza che consente di intercettare le preferenze degli elettori quanto alla leadership, ma forse ci vuole qualcosa di più per impedire che lo stesso Pd venga travolto dall'ondata di antipolitica, che soprattutto in un'epoca di crisi come questa sta dilagando nel Paese.
Lo stesso fastidio che alcuni dirigenti del Pd mostrano di fronte al tema dell'antipolitica mostra la loro sostanziale incapacità di comprendere che sono finiti i tempi (se mai ci sono stati) in cui gli elettori appoggiavano i partiti in virtù dell'ideologia e dei valori di cui si facevano rappresentanti, senza chiedere azioni sostanziali, ma limitandosi ad un'opera di rappresentanza.
Fintanto che la classe politica italiana sarà iperprivilegiata rispetto a quella del resto d'Europa, l'antipolitica sarà una risposta sacrosanta, e nessuno potrà tirarsene fuori sbandierando una supposta superiorità morale (che all'atto pratico è anche dubbio che ci sia).
Fino a prova contraria il Pd è né più né meno del Pdl e della Lega un partito della Casta. Solo i fatti, e non certo l'indignazione di questo o quello, potranno smentire un'affermazione del genere.

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