mercoledì 26 gennaio 2011

Saviano spostato a sinistra


Avevano cominciato Emilio Fede, Sgarbi e i giornali di Berlusconi, attaccando Saviano con argomenti intelligenti tipo quello che "Saviano fa soldi vendendo il suo libro", oppure che "fa la vittima", "fa il martire" ecc. Aveva proseguito lo stesso Presidente del Consiglio attraverso dichiarazioni contro chi "getta fango" sull'Italia attraverso opere di fiction come La Piovra o Gomorra (visto che la Piovra risale a decenni fa, è evidente quale fosse il vero bersaglio della critica). E ora siamo allo scontro con Marina Berlusconi, la figlia del Cavaliere e presidente della Mondadori, la casa editrice che pubblica i libri di Saviano, la quale ha sostenuto di provare "orrore" per la dedica da parte di Saviano della laurea honoris causa appena ricevuta, ai magistrati di Milano.
E pensare che Saviano non aveva manifestato in questi anni una qualche preferenza politica, e in ogni caso non aveva lesinato critiche a politici o esponenti di centro-sinistra quando lo riteneva giusto. Però il Pdl, partito che ha bisogno di nemici come l'aria per respirare, è riuscito gradualmente a "spostare" Saviano a sinistra, evidentemente con lo scopo di delegittimarne le idee: un po' come le "toghe rosse" e i "giornalisti di sinistra", anche lui è fazioso, di parte, quindi non vale la pena ascoltarlo.
A pensarci bene, era inevitabile che il Pdl, attraverso i suoi rappresentanti e i suoi giornalisti, desse vita ad una campagna contro Saviano. Per i fans del Cavaliere è intollerabile che esista un personaggio come Saviano, un eroe civile che lotta contro la criminalità e perché si affermino la legalità e la giustizia. Infatti, è evidente che Saviano è un personaggio troppo diverso da Berlusconi perché si possano adorare entrambi. Infatti, se Saviano è un eroe, verrebbe da chiedersi magari inconsciamente, Berlusconi cosa è?
Berlusconi ha bisogno di essere l'unico faro, l'unico punto di riferimento per i suoi seguaci. Nessuno può minimamente avvicinarsi al suo livello, essere paragonato alla sua inarrivabile grandezza. E comunque, per quella parte politica e per la mentalità che esprime, i veri eroi sono altri (ad esempio Vittorio Mangano, lo "stalliere" di Arcore).

giovedì 20 gennaio 2011

Berlusconi, Ruby e l'ipocrisia cattolica


Uno degli aspetti più interessanti della vicenda di Berlusconi, dei suoi festini e del giro di ragazze che i suoi dipendenti-soci hanno messo in piedi, è la stridente contraddizione tra lo stile di vita e i valori del Presidente del Consiglio che emergono chiaramente da queste e altre vicende, e i valori cattolici che lo stesso Berlusconi e tutto il centro-destra dicono di rappresentare.

Se i politici del Pdl e della Lega, che a parole sono impegnati a difendere i valori cristiani, non trovano niente da ridire di fronte ai comportamenti del loro capo e all'esempio che dà al Paese, è perché non sentono evidentemente così forte la fede e i valori che dicono di fare propri.

L'ipocrisia è dunque un aspetto che emerge dalla vicenda. Anche l'elettorato di centro-destra non pare così colpito da vicende che sono emerse ormai da qualche anno (v. i casi D'Addario e Noemi Letizia), e che, al di là della propaganda e della disinformazione dei media di regime (v. il Tg1 e i Tg di Mediaset) sono comunque arrivate alla popolazione, che dunque non può dirsi "non al corrente".

E' vero che nei sondaggi Berlusconi è in calo lento e costante (come accade regolarmente quando è al governo: era successo così pure nel periodo 2001-2006), ma pare che al giorno d'oggi il Pdl sarebbe ancora il primo partito ad eventuali elezioni con circa il 30% dei consensi, a cui andrebbero aggiunti il 10-12% della Lega, e circa l'1% dell'estrema destra di Storace. Dunque l'elettorato di centro-destra, che i sociologi ci dicono essere sostanzialmente (anche per aree geografiche) quello stesso che nella cosiddetta prima repubblica votava per la Dc e il Psi, rimane sostanzialmente compatto intorno a Berlusconi. Si tratta di un vero e proprio blocco sociale che evidentemente ha degli interessi e dei valori ben precisi, tra cui però a quanto pare non sono presenti i valori cattolici. A meno che il cattolicesimo stesso, così come viene praticato (e forse anche predicato) non preveda la possibilità di far convivere in una stridente contraddizione valori di un certo tipo e pratiche opposte, il famoso "si fa ma non si dice", tipico in effetti della "morale" italica.
Del resto la difesa che monsignor Fisichella si è subito prodigato a fare nei confronti di Berlusconi dopo la sua bestemmia che aveva pronunciato in una delle tante barzellette su Rosy Bindi, la dice lunga sull'atteggiamento della Chiesa che è sempre lo stesso: ciò che è concesso ai potenti non è concesso ai comuni mortali.
Naturalmente dei diritti civili, dal testamento biologico ai riconoscimento delle coppie di fatto, neanche a parlarne. L'importante è che le leggi aderiscano alla dottrina della Chiesa, impedendo a chi professa un'altra religione o non ne professa alcuna di vivere come desidera (purché non faccia del male agli altri); i ricchi e i potenti possono invece fare quello che vogliono. Questo è forse il senso della parola "libertà", sbandierata ai quattro venti dal Presidente del Consglio: licenza privata per chi se lo può permettere. Del resto i politici che si dicono cattolici hanno spesso due o tre famiglie, e ai parlamentari è concesso il privilegio di avere riconosciute le coppie di fatto, privilegio (così va chiamato finché non è garantito a tutti) che naturalmente non è concesso, unico caso in Occidente, alla gente comune (leggi: ai sudditi).

Le difese imbastite dai tanti politici di centro-destra di "provata" fede cattolica tentano di sviare l'attenzione dall'aspetto morale (che dovrebbe interessare a chi fa dei valori cattolici il proprio punto di riferimento, almeno fin quando non riscriveranno il Catechismo in base allo stile di vita di Berlusconi), spostandolo sulla "persecuzione" dei giudici, e sulla differenza tra la vita privata e quella pubblica. In realtà un uomo politico, tanto più se è il capo di un governo, dal momento che rappresenta un Paese ha dei doveri che non hanno gli invididui comuni, per cui si richiede (almeno così accade nei paesi democratici) uno stile di vita morigerato. Inoltre, dal momento che un politico si presenta ai propri elettori, è giusto che questi sappiano qual è il suo stile di vita, per poi farsi un'idea sulla persona e decidere liberamente se intendono essere governati da lui oppure no. Questo al netto degli eventuali reati che potrebbe avere commesso (in questo caso lo sfruttamento o quantomeno il rapporto con prostitute minorenni). Evidentemente, se la sua parte politica (politici, giornalisti e a quanto pare anche molti elettori) non trova nulla da ridire sui suoi comportamenti, abbiamo la prova, se mai ve ne fosse stato bisogno, che l'Italia non è un paese cattolico.
Purtroppo non sembra essere neanche un paese liberale e repubblicano, dal momento che non ha gli strumenti civili e morali per rimuovere un Presidente del Consiglio, la cui condotta è incompatibile con il governo di un paese e con la dignità che gli spetterebbe. Almeno così la pensano negli altri Paesi occidentali. Ma l'Italia, si sa, è un Paese un po' peculiare, con una "morale" tutta sua.

giovedì 13 gennaio 2011

Alemanno, Parentopoli e liberalizzazioni


Tempi duri per il sindaco di Roma Alemanno. La notizia del bassissimo consenso da parte dei suoi cittadini, in parte dovuta anche allo scandalo "Parentopoli", lo ha spinto ad azzerare la giunta. In realtà, una qualche responsabilità ce l'avrà pure lui, nell'assunzione di migliaia di amici e parenti nelle aziende municipalizzate (Atac, Ama ecc.), quindi semmai oltre ad azzerare la giunta dovrebbe azzerarsi, cioè dimettersi, pure lui. Ma dato che la distribuzione delle poltrone e dei favori è una delle funzioni principali della politica in Italia (e in genere a protestare sono quelli che non riescono ad entrare nel meccanismo, mentre ho il sospetto che la maggioranza degli italiani se può, la raccomandazione la accetta eccome), in fondo la notizia non fa scandalo più di tanto.
Ma a mio avviso il punto non è tanto che Alemanno e il suo partito abbiano sbagliato ad assumere questo o quello, o che abbiano sbagliato a considerare il potere come un mezzo per ottenere benefici per se stessi e i propri amici. Cioè, questo è vero, ça va sans dire. Il punto però è che a mio avviso un Paese normale non è un Paese in cui ci si debba affidare all'onestà e al buon cuore dei politici, sperando che non usino il potere di cui dispongono a fini privati e non per il bene pubblico.
Un Paese normale è piuttosto un Paese in cui le regole impediscano abusi di questo tipo. Infatti, come si sa, da che mondo è mondo, chi ha un certo potere tende ad usarlo, quindi (in un'ottica di bene pubblico) ad abusarne. Per questo, la tentazione ricorrente in Italia di affidare tutto il potere ad un uomo solo, contando sulle sue capacità e sul suo buon cuore (?) è destinata regolarmente al fallimento. Ma noi non lo capiamo perché non abbiamo la cultura delle regole. Quindi, la questione è che non ci dovrebbero proprio essere aziende municipalizzate, cioè aziende locali miste pubblico-privato, i cui vertici (e non solo) sono nominati dalla politica. E qui si torna alla questione della liberalizzazione dei servizi pubblici locali, che dovrebbe prevedere regolari bandi di gare tra aziende in concorso tra loro per ottenere la concessione di svolgere dei servizi pubblici (come i trasporti locali o la raccolta della spazzatura), senza che la politica possa decidere alcunché.
In altre parole, il sindaco di Roma non dovrebbe poter assumere nessuno, in aziende che dovrebbero essere private e in concorrenza tra loro, e che dovrebbero prestare il proprio servizio per Roma per un tempo limitato e rinnovabile solo in base all'efficienza dimostrata. Naturalmente queste liberalizzazioni, anche se ogni volta vengono annunciate con provvedimenti che poi di fatto non portano a cambiamenti sostanziali, non si fanno perché i partiti non intendono cedere quote di potere. Ma questo è bene che si sappia, per cui dopo non dobbiamo stupirci se scopriamo che gli amministratori eletti danno vita a cricche di potere distribuendo poltrone a destra e a manca.