domenica 25 novembre 2012

Alberto Bagnai e la crisi dell'Euro


Alberto Bagnai, professore di economia all'università di Pescara, tiene un blog, chiamato Goofynomics, che ha un discreto successo tra gli anticapitalisti e i critici dell'Unione Europea, e ospita diversi interventi che ruotano sempre intorno allo stesso argomento: che l'Euro ha rappresentato una sciagura, e che dovrebbe finire al più presto, tornando alle monete nazionali, e consentendo ai Paesi poco competitivi di tornare alla svalutazione competitiva, che egli considera un evento senza conseguenze negative e dunque auspicabile. Recentemente, con il prolungarsi della crisi e in seguito ad alcune dichiarazioni di personaggi politici e comici (in particolare Grillo e Berlusconi) su una possibile uscita dell'Euro, è stato anche ospite di alcune trasmissioni televisive.

Il blog presenta pezzi molto lunghi, ma che se si escludono preamboli e digressioni, ruotano sempre intorno allo stesso argomento e ripetono sempre le stesse tesi.

Bagnai spiega la crisi dell'Europa con una sola causa (semplicismo) e cioè che in presenza di un cambio monetario rigido, i movimenti dei capitali privati tendono ad affluire dai Paesi più produttivi a quelli meno produttivi. I Paesi che producono poco e sono importatori netti vedono aumentare la propria inflazione e dunque perdono ulteriormente competitività. Oltre alle merci, i Paesi deboli o periferici ricevono capitali dagli stessi Paesi esportatori, che hanno bisogno di reinvestire le proprie riserve, e comincia così nei Paesi deboli un ciclo di crescita legato a bolle speculative, inflazione e perdita di competitività. Quando scoppia una crisi, per motivi interni o esterni, il meccanismo salta, i capitali esteri fuggono, e i Paesi deboli si trovano in un mare di debiti. Il debito pubblico non è dunque l'aspetto più importante della crisi, perché esso viene aumentato dopo lo scoppio della crisi stessa, per salvare le banche in difficoltà e per frenare la recessione.

Il concetto di "Goofynomics" nasce dalla considerazione di Pippo (Goofy) secondo cui "è strano come una discesa vista dal basso somigli a una salita". Questo vorrebbe dire che il debito pubblico non dovrebbe essere visto come un grosso problema, perché ad un debito corrisponde un credito. Anzi per Bagnai il debito pubblico è bene che ci sia, ed è bene che sia alto, in modo che possa contrastare lo strapotere del settore privato e della finanza privata.

Ma quello che vale per il debito pubblico, per Bagnai non vale per i debiti privati, che infatti sarebbero la causa di tutti i mali che sta vivendo attualmente l'Europa. Per lui pubblico= buono e privato= cattivo. Già da questi accenni ci possiamo rendere conto che siamo nel solco della tradizione marxista.

La posizione espressa da Bagnai  presenta forti accenti anti-tedeschi. Egli infatti considera la Germania come la principale colpevole, anche se l'Unione europea è stata sottoscritta liberamente dagli altri Paesi. Bagnai accusa la Germania di avere fatto le riforme nei primi anni 2000 per aumentare la propria competitività, come se questo fosse un crimine perpetrato a scapito degli altri Paesi europei. Per lui "la Germania deflaziona" equivale più o meno a "i Panzer tedeschi sono entrati ad Atene". Mentre le svalutazioni dei Paesi deboli, ad esempio quella italiana del 1992, per lui sono "difensive", quella applicata dalla Germania è offensiva, cioè non ha avuto lo scopo di salvare l'occupazione e lo stato sociale di un Paese che rischiava di diventare il malato d'Europa, ma avrebbe avuto lo scopo di distruggere l'industria degli altri Paesi europei, e di invaderli con le loro merci. Non per questo però egli pensa che il lavoratore tedesco stia meglio di quello degli altri Paesi, perché il capitalismo tende naturalmente a sfruttare anche lui, facendogli fronteggiare un costo della vita più alto, oltre ad avergli fatto sostenere le ristrutturazioni competitive dei primi anni 2000. Bagnai ignora il fatto che gli operai tedeschi partecipano alla gestione delle imprese in cui lavorano.

D'altro canto lo stesso scopo finale del contenimento dell'inflazione da parte della banca centrale tedesca, che poi è diventato lo scopo statutario della BCE, sarebbe quello di ridurre i salari.
A chi lo accusa di essere antitedesco risponde con frasi curiose tipo "io parlo tedesco" e "io mi posso permettere la Germania".

Bagnai esprime le proprie idee con il tipico atteggiamento intollerante di chi pensa di aver capito tutto e che di conseguenza chi non è d'accordo con lui è stupido o ignorante, e chiama "troll liberali" coloro i quali osano intervenire nel suo blog con commenti non elogiativi. Dà dello stupido e del "piddino" (ovvero sostenitore del Pd) a chi osa criticare le sue posizioni pur sostenendo di avere una posizione di sinistra.
Non riesce a rimanere equilibrato e perde spesso le staffe, anche quando comincia con un'analisi che vorrebbe distaccata, ma dopo un po' prende il sopravvento la sua rabbia nei confronti di una situazione che non sopporta, e probabilmente anche del fatto di non essere ascoltato dai governi, oltre che di non essere pubblicato dai mass media (ce l'ha con quelli del Manifesto e anche con quelli della lavoce.info, rei di aver rifiutato di pubblicare un suo articolo o di non essere d'accordo con lui sull'analisi della situazione europea).

Alla base della sua rabbia vi è probabilmente l'idea che l'impossibilità del funzionamento dell'Euro sia una "legge" scolpita nel marmo. Ignorando il fatto che l'economia non è una scienza esatta, sostiene che "è scientificamente dimostrato" che l'Euro non può reggere. Per giustificare la sua posizione contro l'Euro utilizza infatti alcune analisi di economisti "mainstream", e anche di se stesso dice di essere un economista mainstream, ma non riesce a nascondere il suo anticapitalismo, che riemerge inevitabilmente in quasi ogni intervento. Inoltre lui stesso ammette che "l'economia è politica", con questo mostrando come non siano tanto le analisi scientifiche alla base della sua posizione, quanto una (legittima) preferenza personale. Infatti gli economisti mainstream non sostengono che l'Euro debba finire, ma si limitano a spiegare quali sarebbero le condizioni perché funzionasse meglio: una maggiore integrazione nelle politiche economiche, una banca centrale capace di fare da prestatore di ultima istanza, trasferimenti alle aree in crisi ecc. Invece lui, con un atteggiamento poco scientifico, si limita a sostenere la propria preferenza personale come se fosse un evento necessario: l'Euro deve finire, e basta.

Ma in questo modo perde credibilità, perché mentre un vero economista mainstream è interessato al miglior funzionamento del sistema, sapendo che non esistono bacchette magiche, che l'economia è una disciplina complessa in cui si devono prendere in considerazione moltissime variabili, per cui la cosa migliore è cercare di massimizzare i pregi e minimizzare i difetti del sistema, anziché buttare tutto a mare. Invece un anticapitalista ha come scopo finale la distruzione del sistema stesso, e dunque nel caso in cui le cose dovessero andare veramente male (ad esempio nel caso dell'uscita dall'Euro di uno o più Paesi non fosse così indolore come egli sostiene), avrebbe sempre pronto il piano b, consistente nella possibilità di dire: scusate, ci siamo sbagliati, allora buttiamo a mare il capitalismo e facciamo la rivoluzione. Cosa che la maggioranza della popolazione potrebbe non volere, e di fatto non vuole.

Il fatto che non tenga conto della complessità del sistema, si vede dai tanti elementi di cui non parla o che sottovaluta come del tutto secondari. Fedele alla sua teoria semplicistica della monocausa, ignora temi come la corruzione, gli sprechi nella spesa pubblica, la criminalità organizzata e l'evasione fiscale. Nelle sue analisi è raro vi siano numeri, quindi non stupisce che ignori ad esempio il fatto che la Corte dei conti ha stimato in 60 miliardi l'anno il peso della corruzione per l'Italia. Anzi Bagnai si prende gioco di chi  parla di questi temi, e scherza sulla corruzione chiamandola "corruzzzione" con due o tre z, come se fosse un falso problema, un'invenzione dei mass media, dovuta all'intento di privatizzare tutto. Anzi liquida il problema sostenendo che "la corruzione c'è dappertutto", ignorando il fatto che esistono delle classifiche sulla corruzione che ci vedono ai primi posti nell'Occidente (guarda caso dopo la Grecia che per lui è solo una vittima della Germania) . Sarebbe come dire "gli omicidi ci sono dappertutto", per sostenere che Caracas è sicura quanto Stoccolma.

Oltre agli aspetti che sottovaluta, sono interessanti quelli che ignora totalmente. Ad esempio, dà per scontato che non si possa fare nulla per diventare più competitivi. I Paesi deboli potrebbero ridurre la corruzione e l'evasione fiscale, investire sull'istruzione e la ricerca (come hanno fatto la Svezia e la Finlandia per risolvere la crisi in cui caddero negli anni '90), e sulle infrastrutture. E avrebbero potuto lavorare sulla competitività negli anni di vacche grasse, quando l'introduzione dell'Euro consentì di abbassare la spesa per interesse del debito pubblico. Ma non c'è traccia di queste possibilità nei suoi discorsi. Per lui un Paese debole è condannato ad essere debole per l'eternità, se fa le riforme significa che sta diventando più capitalista e quindi più cattivo, quindi fa bene a non farle, e i Paesi che gli vendono le merci (cioè in primo luogo la Germania) sono visti come una sorta di criminali che ne affamano il popolo. Come osi tu, o tedesco, vendere le Volkswagen ai Greci? Vergogna!

Inoltre dà per scontato che sia impossibile evitare il formarsi di bolle, ad esempio non considera il problema della vigilanza bancaria, e non considera il fatto che in Irlanda e in Spagna è stato il settore pubblico che ha alimentato la bolla immobiliare con scelte scriteriate. Eppure non è difficile rilevare la presenza di una bolla immobiliare, ed è comunque il settore pubblico a concedere i permessi di costruire, ma per lui  non ci si può fare niente, è come la piaga delle cavallette, e quindi pensa che i Paesi deboli siano condannati ad essere colonizzati e a subire solo gli effetti negativi dell'invasione di capitali esteri, senza che nessuno possa farci niente. Quindi, l'unica soluzione, per evitare che i capitali stranieri vengano a portare lavoro e investimenti nel nostro Paese è.. uscire dall'Euro!

Ma al di là degli aspetti negativi, l'integrazione europea avrà portato qualcosa di positivo? Naturalmente no. Bagnai non fa un discorso di lungo periodo, non considera pro e contro di una determinata situazione. Ad esempio L'Irlanda prima dell'ingresso nell'Euro era il Paese più povero dell'Europa occidentale, e nel 1990 aveva un reddito medio di 11.000 dollari contro i 17.000 dell'Italia e i 18.500 della Germania, mentre nel 2007 era diventato il più ricco. Oggi nonostante la crisi non è comunque tornato al livello di 20 anni fa. Sarebbe interessante chiedere agli Irlandesi cosa ne pensano: tutto sommato preferireste tornare alla situazione di venti anni fa?
Infatti prima della crisi, il meccanismo che lui addita come causa di tutti i mali, stava portando ad una sostenuta crescita economica nei Paesi periferici dell'Europa, che si stavano avvicinando a quelli più ricchi in termini di tenore di vita. Inoltre, Bagnai non ricorda che la crisi è arrivata da fuori, cioè dagli Stati Uniti, e ha coinvolto in seguito tutto l'Occidente. Invece dalle sue parole sembra che la crisi sia solo in Europa e che gli altri stiano tutti benissimo.
Il reddito pro-capite degli ultimi 30 ani di: Germania, Irlanda, Argentina, Regno Unito.
Anche in Europa poi, Paesi che non hanno l'Euro come la Gran Bretagna non è che se la passino molto meglio. Ma per lui è tutta colpa dell'Euro. Anche la questione della concorrenza dei Paesi emergenti per lui è una falsa questione: per lui potremmo stare benissimo da soli, anche di fronte all'emergere di potenze come Cina e India. Dunque a che serve cercare di essere più competitivi? Non lo si fa certo per salvare lo stato sociale, ma per distruggerlo, quindi meglio non farlo!

La sua mancanza di prospettiva storica lo porta poi ad ignorare i propositi politici che hanno portato all'Unione europea: la fine delle guerre che hanno sempre insanguinato l'Europa (e che i suoi predecessori marxisti vedevano come sempre come il frutto del capitalismo), e il tentativo di mantenere una certa importanza nello scenario della globalizzazione, invece per lui come al solito è tutto soltanto una scusa per abbassare i salari (secondo il vecchio schema del comunismo novecentesco per cui la battaglia sui salari è l'unica cosa che conta).

Ma in attesa che si creino le condizioni per costruire il comunismo, quale dovrebbe essere l'alternativa all'attuale situazione? Bagnai porta come esempio da seguire l'Argentina, ignorando il fatto che il suo reddito pro capite è ancora la metà di quello dei Paesi europei, e che dopo il fallimento dei primi anni 2000, a cui è seguita una forte crescita, sta cominciando di nuovo a scontare gli effetti della politica demagogica che da sempre l'affligge. Ma l'Argentina per lui è un esempio perché è fallita e non ha ripagato i debiti. Non ripagare i debiti (quantomeno nei confronti delle banche e dei "capitalisti") sarebbe quello che secondo lui bisognerebbe fare. E' evidente in ciò il desiderio di "punire" i mercati, soprattutto tedeschi (ricordiamo che per lui privato = cattivo, soprattutto se tedesco).

Oltre il default, che se dovesse rendersi necessario sarebbe il benvenuto, l'unica alternativa che rimane in piedi è la svalutazione competitiva. Che per lui non ha controindicazioni. Bagnai non dice mai che un Paese che produce poco avrà comunque anche salari bassi, che in ultima analisi sono legati alla produttività. I Paesi che prende a modello come l'Argentina, più poveri di quelli europei, che salari hanno? I Paesi periferici come l'Irlanda o la Grecia, prima che iniziasse il ciclo di crescita dato dall'afflusso di capitali europei che per lui è stato solo negativo, che tenore di vita avevano? Questa posizione pauperistica è in linea con la posizione tradizionale della sinistra estrema, che non è tanto interessata al tenore di vita reale delle persone reali, e infatti guarda sempre ai Paesi dove si sta peggio (un tempo la Cina e l'Unione Sovietica, poi Cuba ecc.). In questo modo però l'attenzione nei confronti dei salariati perde di credibilità. E' un po' come quelli che si mostrano interessati al popolo palestinese ma ignorano completamente i popoli africani vittime di guerre e povertà, per dire, solo perché in Africa non c'è una potenza capitalistica da additare come colpevole.

Dunque, in attesa della rivoluzione che porterà il Sol dell'Avvenire, e visto che è vietato lavorare per la produttività e la competitività, che per lui sono parolacce, il modello di Bagnai sembra essere un ciclo di crescita drogata basata sulla spesa pubblica, a cui fanno seguito regolari svalutazioni competitive e anche, quando serve, fallimenti (ma ho il sospetto che, qualora si tornasse agli anni '70, gli stessi che oggi considerano quegli anni come meravigliosi, non sarebbero del tutto soddisfatti e troverebbero altri motivi per criticare il sistema, come del resto facevano all'epoca loro i loro genitori). Insomma, invece di proporre un sistema equilibrato, vuole sostituire alle diseconomie della finanza privata, quelle della finanza pubblica.
Chiunque può vedere se questa proposta (magari con il piano b sempre pronto del comunismo) sia la proposta migliore, e se possa reggere in un mondo globalizzato.

E le banche? Bagnai sostiene che le banche, che vorrebbe nazionalizzare, possiedono i mass media e pagano i giornalisti per accusare lo Stato di essere corrotto, in modo da proporne poi la riduzione. Dunque tutte le inchieste sulla corruzione e gli sprechi nel settore pubblico sarebbero pilotati per generare nella popolazione il disgusto nei confronti dello Stato. Come abbiamo già detto, per lui la corruzione (anzi la corruzzzione) è un falso problema.

In sintesi, Bagnai è l'esempio di come si possa fornire una visione pseudoscientifica attraverso la selezione degli argomenti, e di come si possa cercare di convincere che la propria posizione, frutto in realtà di preferenze e idiosincrasie personali, sia l'unica giusta in quanto vera e necessaria.
Nonostante la sua tendenza complottistica, la sua analisi è sicuramente più approfondita e degna di interesse di altre analisi più semplicistiche (è pur sempre un professore di economia), ma è fatale che venga accomunata con esse. Lui però tiene a sottolineare di essere diverso da chi denuncia i soliti complotti plutogiudaico-massonici (ad esempio tempo fa ha avuto una polemica con Paolo Barnard, uno ancora più arrabbiato e complottista di lui). Ma di fatto anche lui tende a fornire una visione semplificata della realtà dove ci sono i buoni e i cattivi.
D'altronde il fatto che quelli che teoricamente dovrebbero stare dalla stessa parte litighino in continuazione tra loro, la dice lunga sullo stato attuale della "sinistra antagonista", un mondo un po' turbolento in cui ognuno crede di essere il solo ad aver capito tutto.


mercoledì 7 novembre 2012

Il terremoto come spettacolo

Negli ultimi tempi, anche in seguito alle forti scosse che hanno interessato l'Emilia nel maggio 2012, si stanno diffondendo in Rete alcuni siti e pagine di Social Network che presentano in tempo reale le "notizie" sulle scosse leggere che avvengono in Italia, ad esempio di magnitudo 2.2, con tanto di cartina dell'epicentro.
Seguono commenti allarmati, in genere da parte di chi vive nella zona interessata o in zone limitrofe, che si chiedono se è tutto normale, cosa sta succedendo ecc.
A questo punto voglio provare a rispondere io alla domanda: è tutto normale?
Per rispondere a questa domanda ho consultato il sito dell'Ingv.
sismicità-italia
In questa immagine sono rappresentati gli eventi sismici occorsi in Italia dal 1981 al 2002.
Gli eventi leggeri (magnitudo inferiore a 4) sono rappresentati da puntini, gli eventi di magnitudo compresa tra 4 e 5 da quadratini, mentre gli eventi di magnitudo superiori a 5 sono rappresentati da stelle. Il colore invece indica la profondità dei terremoti: quelli gialli sono i più superficiali. Come si può vedere tutta l'Italia è percorsa da puntini, il che significa che ci sono stati moltissimi eventi sismici distribuiti nel territorio, soprattutto lungo l'Appennino, le Alpi occidentali e le Alpi orientali.
Come è spiegato nella didascalia, in totale gli eventi sono stati 45.000, di cui però soltanto 33 hanno superato la magnitudo 5.0 (quindi 1 su 1.363), e uno solo (l'evento dell'Umbria-Marche del 1997) ha raggiunto la magnitudo 6.0 (1 su 45.000). Tra l'altro molte stelle, e dunque molti eventi di magnitudo superiore a 5, si trovano nella stessa area dell'Umbria interessata dall'evento di magnitudo 6, e infatti si sono verificati nell'ambito della stessa sequenza sismica, il che rende ancora più raro che si verifichino eventi di questa portata, al di fuori degli eventi importanti. Altri eventi superiori a 5 si sono verificati in mare aperto, magari a grandi profondità, come nel caso del basso Tirreno, e dunque non sono stati neanche avvertiti dalla popolazione.
La mappa può essere consultata in questa pagina. Cliccando su "scarica il poster" si accede ad una versione grande in formato Pdf.
Questa mappa ci fa capire quanto poco senso abbia presentare come notizia una scossa leggera.
Ricordiamo ancora una volta che la scala Richter è una scala logaritmica, per cui un grande terremoto libera una quantità di energia enormemente superiore a quella liberata da una scossa leggera.
Il rapporto è quello che intercorre tra uno starnuto e una cannonata. Preoccuparsi per una scossa leggera, equivale ad avere paura di un bombardamento perché il nostro vicino ha starnutito.
Questo non significa naturalmente che le scosse forti non siano possibili, ma soltanto che non sono prevedibili a partire dagli eventi leggeri, che normalmente si verificano nel nostro Paese, come in tutte le aree sismiche del mondo.
Un po' diverso è il discorso per quanto riguarda gli sciami sismici, che aumentano leggermente la probabilità di una scossa forte, anche se la maggior parte di loro si risolve comunque in nulla.
Naturalmente queste mappe, e in generale il verificarsi di scosse leggere, dicono molto agli esperti, che da quando hanno a disposizione una rete di sensori in grado di captare tutti gli eventi leggeri, sono in grado di capire meglio la sismicità delle diverse aree e di trarre informazioni dalla loro evoluzione.
Diverso è il discorso per quanto riguarda il grande pubblico, che potrebbe allarmarsi inutilmente per degli eventi che presi singolarmente non dicono niente. Correttamente informato, il grande pubblico può però trarre un insegnamento utile da queste informazioni, e cioè può ricordare che l'Italia è un Paese sismico, che piccole scosse si verificano in continuazione, e che purtroppo ogni tanto se ne possono verificare di più forti. Conoscere la pericolosità sismica della propria zona e sapere se si sono verificati eventi distruttivi in passato è però un'informazione più importante, che dovrebbe precedere l'immergersi nel flusso delle notizie.
La carta di riferimento è dunque quella della pericolosità sismica:
che può essere consultata accedendo alla pagina dell'Ingv.
A questo si dovrebbe aggiungere un'altra informazione utile, e cioè conoscere l'età e lo stato della casa in cui si abita e del luogo in cui si lavora.
Dopo, e solo dopo, divertiamoci, se ci va, a vedere dove si è verificato l'ultimo evento di magnitudo 1.5 o 2.6.