martedì 29 novembre 2011

Krugman, l'Euro e i tecnocrati


Il premio Nobel per l'economia, Paul Krugman, da sempre critico nei confronti dell'Euro per il modo come è stato costruito (in particolare, per l'assenza di una politica economica a livello europeo), e critico anche con l'amministrazione Obama perché a suo dire non ha dato stimoli sufficienti all'economia per uscire dalla crisi, ha scritto di recente sul New York Times che la parola tecnocrate non va di per sé vista con disprezzo, ma non si adatta ai creatori dell'Euro: "le persone che hanno costretto l’Europa ad adottare una moneta comune, le persone che stanno costringendo sia l’Europa sia gli Stati Uniti all’austerità – non sono affatto tecnocrati. Sono, invece, dei romantici profondamente privi di senso pratico". Krugman ricorda poi che alla base della creazione dell'Euro vi è stato un antico sogno: "Perché allora questi “tecnocrati” hanno spinto così fortemente per l’euro, ignorando i molti avvertimenti degli economisti? In parte era il sogno di unificazione europea, che l’élite del continente trovava talmente allettante che i suoi esponenti scartavano via le obiezioni pratiche".
Trovo interessante questa analisi di Krugman, perché, nonostante sia spietata riguardo al modo con cui è stato costruito l'Euro e al modo con cui è stata gestita fino a questo momento la crisi, ci permette di ricordare, nonostante le tante voci che si moltiplicano nel web, volte a sostenere che tutte le scelte di politica economica si basano sui biechi interessi di poteri forti e occulti, ci ricorda che uno dei motivi principali per cui si è proceduto con l'unificazione europea, è stato un motivo ideale, il sogno di unire popoli e nazioni che per secoli hanno convissuto con difficoltà, spesso ricorrendo a guerre più o meno lunghe e devastanti, fino alla doppia tragedia delle due guerre mondiali.
E dopo la guerra, è stata la Guerra Fredda a costringere l'Europa a rimanere divisa e sottomessa alle due superpotenze di allora. L'Europa potenza inconsapevole, magari si potesse riunire, potrebbe dire la sua a livello mondiale, questo si pensava allora e questo poteva essere magari soltanto un sogno, ma dopo la caduta del Muro di Berlino, con la globalizzazione e la crescita di potenze emergenti come Cina e India, al sogno si è aggiunta la necessità si costituire una massa critica per evitare di essere ridotti a non contare nulla nello scacchiere mondiale.
Anche per questo è ridicolo proporre oggi per l'Italia vecchie ricette come quella della "svalutazione competitiva", quando ci sono Paesi che comunque hanno salari molto più bassi e già competono utilizzando vie poco virtuose.
Dunque l'Europa sarà stata anche costruita male, ma è ridicolo considerarla soltanto come il prodotto di biechi interessi di parte.
La politica, almeno se la si intende nel senso più alto, si nutre legittimamente di interessi, ma anche di valori. Ringraziamo Krugman per avercelo ricordato.

martedì 15 novembre 2011

Povero Monti


C'era da aspettarselo. L'arrivo di Mario Monti a Palazzo Chigi ha scatenato sul web i complottisti, quelli che attribuiscono semplicisticamente tutti i problemi del mondo ad un complotto pluto-giudaico-massonico, che vedrebbe nelle banche, e in particolare in Goldman Sachs, il centro e la fonte di tutti i mali.
E dunque già è grande la nostalgia del bellissimo governo Bossi-Berlusconi-Scilipoti, che sarebbe stato detronizzato dalla BCE e dalla cattiveria dei mercati famelici, che vorrebbero mettere le mani sull'Italia per affamare il popolo e conquistare le sue ricchezze.
Prima di capire quanto ci sia di vero, sarebbe bene ricordare cosa è accaduto nei mesi scorsi per comprende come siamo arrivati in questa situazione.
Cosa è accaduto nei mesi scorsi? E' accaduto che il governo ha ignorato il fatto che l'Italia fa parte dell'Unione Europea, che si trova in una economia di mercato globalizzata, e che aveva bisogno di riconquistare la fiducia nei mercati, che stavano cominciando a mettere in dubbio la capacità dello Stato italiano di ripagare il debito contratto nei confronti degli investitori, dal momento che il Paese non cresce da dieci anni, caso unico in Europa. Dunque, lo Stato, che nessuno costringe a indebitarsi e a chiedere i prestiti ai famosi "mercati", cioè agli investitori, lo Stato, dicevo, doveva recuperare la credibilità perduta operando riforme strutturali che dimostrassero che il debito pubblico è sotto controllo e che la crescita della spesa pubblica è stata arrestata, e che finalmente il Paese eliminerà gli ostacoli alla crescita economica, ostacoli che si chiamano burocrazia, pressione fiscale troppo elevata, costi della politica troppo elevati, mercato del lavoro e delle professioni ingessato ecc. Questo ci ha chiesto l'Unione Europea, ma noi, caso unico in Europa, abbiamo fatto orecchie da mercante, abbiamo traccheggiato, abbiamo perso tempo. In poche parole, abbiamo (o meglio il governo ha) lasciato che la situazione degenerasse nonostante i ripetuti richiami delle parti sociali e degli osservatori indipendenti.
Ora, sentire da parte degli stessi che hanno creato le condizioni per il disastro, che un governo guidato da un "tecnocrate" e un "banchiere" comporterebbe la perdita della "sovranità" è un po' inquietante. Chi parla di sovranità e di democrazia dovrebbe rendersi conto che nel 2011 non è consentito a nessuno di governare senza sapere nulla di economia. D'altro canto, nell'emergenza non ha senso lamentarsi perché è stato chiamato un esperto. Se mando a fuoco la mia casa, dopo devo almeno avere il buon senso di chiamare i pompieri e di lascarli fare, piuttosto che lamentarmi perché entrando in casa mia, possono violare la "sovranità" del mio domicilio.
Quanto ai sospetti e alle accuse a Monti di essere un "banchiere", un "uomo di Goldman Sachs", siamo al solito complottismo, intanto perché dal curriculum di Monti, che si può consultare ad esempio su Wikipedia, risulta che Monti è stato "advisor", e dunque consigliere della banca d'affari americana, che non è la stessa cosa che essere "banchiere", inoltre non mi pare che questa sia di per sé una prova che siamo di fronte al Maligno. Una persona si giudica per quello che dice e per quello che fa.
Certamente è facile accusare "le banche" di essere le cause della crisi, e dunque sostenere che non sono loro che ci devono dire cosa dobbiamo fare per uscirne. Ma il ragionamento è troppo semplicistico. L'Italia e la Grecia soffrono per un debito pubblico eccessivo, debito che è stato creato da una dissennata gestione politica che è durata per decenni, con il consenso della popolazione (consenso dovuto al fatto che la politica non solo sperperava, ma distribuiva anche regali e privilegi). Dunque, le banche non hanno nulla a che fare con la crisi dei debiti sovrani. O quantomeno, non sono state loro a scatenarla.
E' vero che le banche (o meglio, alcune grandi banche d'affari americane, anche qui non è il caso di generalizzare) hanno scatenato la crisi del 2008, per aver invaso il mercato di titoli derivati e per aver concesso mutui facili a categorie di clienti che non si potevano permettere di ripagarli. Ma questa non è certo l'unica causa della crisi: semmai la finanza creativa è riuscita a nascondere sotto il tappeto i problemi che l'Occidente già aveva e che prima o poi sarebbero esplosi: un aumento dei debiti pubblici e privati dovuti alla crescita del tenore di vita, che non era più in grado di proseguire ai ritmi a cui si era abituati, essendosi ormai esaurita la spinta propulsiva della crescita elevata.
E questa spinta propulsiva si è esaurita da un lato perché la popolazione è gradualmente invecchiata, dall'altro perché il consumismo ha spostato tutte le spese sui consumi riducendo gli investimenti in infrastrutture, e poi perché i Paesi emergenti hanno cominciato ad erodere la ricchezza occidentale, facendo concorrenza alle imprese e ai lavoratori occidentali.
Il gioco della globalizzazione è stato, fino a questo momento, a somma positiva: il numero dei poveri negli ultimi vent'anni è andato diminuendo, e centinaia di milioni di persone sono uscite dall'endemico stato di povertà da cui provenivano, in Asia e America Latina.
Ciò non toglie che l'Occidente, che mantiene comunque un tenore di vita elevato, ci abbia rimesso, e adesso deve ridimensionarsi.
Insomma, non sono le banche fameliche che vogliono fare "macelleria sociale". L'Occidente deve razionalizzare le sue spese perché è iperindebitato e perché non crescerà di molto per alcuni anni. D'altro canto, in un'economia globalizzata, bisogna essere efficienti. I capitali vengono investiti nei Paesi che offrondo infrastrutture migliori e poca burocrazia, una giustizia rapida ed efficiente, e una tassazione contenuta. E' inutile far finta di vivere sulla Luna, e lamentarsi di una situazione che comunque non è catasfrofica. Sempre che la si sappia gestire con intelligenza.
Quindi l'Italia invece di lamentarsi deve fare tesoro del fatto di essere stata "commissariata" dall'Unione Europea, e deve essere pronta a fare le riforme che comportino sacrifici ma anche la possibilità di avere un futuro. L'alternativa è il declino, o il fallimento.
A Monti è affidato un compito enorme: avviare il risanamento dell'Italia con il consenso di quella politica che fino ad ora ha lavorato nella direzione opposta, cioè lasciando che i problemi degenerassero senza fare nulla; Monti deve anche riuscire ad evitare di cadere nelle trappole che la politica potrebbe tendergli per i suoi interessi di parte, e per l'invidia nei confronti di un uomo che è stato chiamato a sostituirsi ad una "casta" di incapaci.

venerdì 11 novembre 2011

Irresponsabili


Dopo la (annunciata) caduta del governo Berlusconi, con l'Italia sotto attacco dalla speculazione ma non solo (gli investitori che hanno nel portafoglio i titoli di stato italiani, se ne liberano giustamente per paura che non sia in grado di onorare il debito), chi si rende conto della gravità della situazione sa che quella del governo tecnico è l'unica strada per evitare il default. Anche perché andare a votare subito vorrebbe dire tenersi l'attuale legge elettorale che non consente agli elettori di scegliere gli eletti, e vorrebbe dire non diminuire il numero dei Parlamentari e non ridurre i costi della politica.
Per questo motivo, è interessante vedere quali partiti si tirano fuori dalla responsabilità di salvare l'Italia e ripropongono il solito mantra: subito al voto. Naturalmente è per il "voto subito" la Lega, il partito campione della demagogia, capace di denunciare (e cavalcare) i problemi quando è all'opposizione, senza però risolverli quando è al governo. Si è subito schierato per il "voto subito" anche Di Pietro, anche lui tentato dalle sirene della demagogia e del populismo. Non rendendosi conto che l'epopa delle vacche grasse è finita, che una serie di riforme dolorose è necessaria perché il sistema non regge più, e lo Stato non può continuare ad indebitarsi, Di Pietro chiama "macelleria sociale" una proposta come l'innalzamento dell'età pensionabile. Siamo a questo. Per il momento il Pdl appare spaccato. Dopo aver creato le condizioni per il disastro insieme alla Lega, adesso molti esponenti del partito vorrebbero andare "subito al voto", anche perché non se la sentono di "governare con la sinistra". In fondo, li si può capire: dopo aver raccontato al popolo che la sinistra è il Male Assoluto, dopo aver semplificato il linguaggio con facili slogan che hanno avuto come unico effetto l'infantilizzazione dell'elettorato, adesso sarebbe in effetti un po' contraddittorio appoggiare un governo Monti per salvare l'Italia insieme alla sinistra. Quindi, meglio andare fino in fondo e continuare l'opera di portare l'Italia allo sfascio. Anche perché (altro argomento molto intelligente usato da esponenti del centro-destra), un governo appoggiato dalle attuali opposizioni sarebbe un "governo del ribaltone". Peccato che il ribaltone è un concetto di cui non c'è traccia nella Costituzione, dal momento che secondo la Costituzione il governo viene deciso dal Parlamento, e i parlamentari non hanno vincolo di mandato.
Visto che l'Italia rischia di fallire, e di trascinare con sé l'Euro e l'economia mondiale, chi vuole andare al voto subito non merita di essere mai più votato, né "subito" né più avanti.

giovedì 3 novembre 2011

I professorini


La puntata della trasmissione televisiva "In Onda" con ospiti esponenti del Movimento a 5 stelle ha consentito al grande pubblico di conoscere più da vicino questo movimento. E' stata una rara occasione perché gli stessi ospiti hanno detto che non si sprecano a venire in televisione, se non le rare volte che può servire per agganciare qualche spettatore, che poi dovrà informarsi ed eventualmente comunicare con loro in rete.
La scelta del mezzo di comunicazione è un'operazione curiosa da parte del Movimento a 5 stelle. Invece di utilizzare gli spazi dove è presente una qualche forma di dibattito pubblico, il Movimento decide quale va bene e quale no, rifiutando il dialogo nei terreni che per qualche motivo non reputa a lui congeniali. Sarebbe come se una squadra si presentasse alle Olimpiadi pretendendo di partecipare a sport che pratica solo lei, e di vincere la medaglia. Già questo è un atteggiamento snobistico che denota una scarsa democraticità. La televisione avrà tanti difetti, ma non andarci e in questo modo rifiutare di farsi conoscere e di confrontarsi non denota una reale volontà di confrontarsi. E questo non depone certo a loro favore.
Il Movimento a 5 stelle sfrutta il vantaggio competitivo che ha raggiunto sulla Rete perché è stato il primo ad usarlo in maniera massiccia; in questo modo può credere di essere maggioritario, secondo quello stesso delirio di onnipotenza che porta le minoranze organizzate a credersi maggioritarie nel Paese, solo perché hanno riempito una piazza.
E' invece evidente che, nell'eventualità remota che il programma di Beppe Grillo di trasferire le decisioni pubbliche sulla Rete abbia successo, anche i partiti maggiori comincerebbero a farne uso, e quindi verrebbero ristabilite le proporzioni che ci sono nella società civile.
Ho avuto modo di discutere con simpatizzanti ed esponenti locali del Movimento a 5 stelle piemontese, convinti No Tav, e la cosa curiosa è stata per me la loro convinzione che la maggioranza degli Italiani sarebbe contro la Tav. Non so sa dove abbiano preso questo dato, dal momento che quasi tutti i partiti sono a favore, e in genere la posizione dei partiti, soprattutto quando è nettamente maggioritaria in Parlamento, riflette l'opinione della maggioranza degli italiani. Nei rari casi in cui questo non accade, si indice un Referendum, che stranamente i No-Tav si sono guardati dall'indire, forse perché in fondo anche loro sanno benissimo che attualmente solo una piccola minoranza degli italiani (magari la maggioranza degli abitanti della Val di Susa) è contraria alla Tav. Dopodiché, la Tav sarà anche l'opera più mostruosa del mondo, i Grillini avranno ragione e la maggioranza obnubilata non ha capito niente, ma non ci si può innamorare delle proprie idee al punto da illudersi di essere in maggioranza.
Qualunque persona dotata di buon senso dovrebbe sapere se le proprie idee corrispondono o no al sentire comune.
Il rifiuto spocchioso di confrontarsi con altri esponenti politici in tv mostra l'atteggiamento poco democratico dei "grillini".
Del resto il Movimento vorrebbe abolire i partiti e la democrazia rappresentativa, per passare ad una democrazia diretta in cui le decisioni vengano prese direttamente dalla "gente" con un click su Internet. Sarebbe interessante sapere con quali sistemi il Movimento a 5 stelle ha fino a ora deciso i punti del proprio programma. Un referendum sulla rete? una discussione nei forum? Qualcosa mi dice che il criterio è stato un altro, e cioè l'adesione o meno a determinate idee. Del resto, quando ho discusso con chi fa parte del Movimento a 5 stelle, mi sono sempre sentito dare del "disinformato" ogni volta che non ero d'accordo con loro. Anche questo fa parte del loro modo di ragionare: chi non è d'accordo è disinformato, se non corrotto, in pieno conflitto di interessi, ecc.
Ecco la democrazia di Grillo: può votare solo chi è già d'accordo con lui.
- Link: la puntata di "In Onda" con gli ospiti "grillini".