venerdì 28 dicembre 2012

Il ritorno dei moderati


E così il Pdl ha fatto cadere il governo Monti, dopo averlo sostenuto per un anno. Berlusconi è tornato in campo e si candida per la sesta volta come leader dei moderati. Il termine moderati si addice a questa coalizione, come si può capire da alcuni video che si trovano facilmente in rete:

Berlusconi telefona a Lerner e insulta lui e le ospiti della trasmissione
Berlusconi chiama "coglioni" quelli che non lo votano
Berlusconi insulta giornalista americano
Berlusconi insulta eurodeputato Schulz al Parlamento europeo
Rissa in Parlamento nel 1994. Deputato Paissan aggredito da deputati del Msi.
Rissa in Parlamento tra deputati della Lega e di Fli
Sgarbi lancia un tapiro in testa a Staffelli (Striscia la notizia)
La Russa prende a calci giornalista di Santoro
Santanché accusa Pisapia di stare con Hamas
Santanché saluta la Littizzetto con il dito medio
Emilio Fede urla e insulta i giornalisti della Zanzara
Borghezio deputato della Lega
Bondi si arrabbia a Ballarò contro Ezio Mauro e Franceschini
Letizia Moratti  accusa Pisapia di essere complice dei terroristi
Alessandra Mussolini a Porta a Porta ("meglio fascista che frocio")
Michaela Biancofiore si arrabbia a La7 con un giornalista inglese che osa criticare Berlusconi

Mancano pochi mesi, e dopo la parentesi del governo dei professori, potremo finalmente tornare ad essere governati dalla coalizione dei moderati. Non vediamo l'ora.











sabato 22 dicembre 2012

Il Papa e la natura


Il recente discorso del Papa Benedetto XVI contro le unioni omosessuali ha riportato al centro la riflessione sulla natura. Secondo il Papa, accettare l'omosessualità significa rinnegare la natura umana.
Ma in base a cosa si stabilisce qual è la natura umana? Una persona omosessuale che si sente per natura attratta da altre persone dello stesso sesso, starebbe andando contro la propria natura?
Il Papa vuole piegare il concetto di natura alla dottrina della Chiesa. La dottrina cattolica deriva dalla filosofia medievale di Tommaso d'Aquino. Ma nel Medioevo la visione scientifica del mondo si basava sul pensiero di Aristotele ed era completamente diversa da quella di oggi: si credeva che la Terra fosse al centro dell'universo, non si sapeva che il racconto della Genesi è scorretto, che la Terra ha più di 4 miliardi di anni e non poche migliaia, che gli esseri viventi sono imparentati tra loro e derivano da un antenato comune, e condividono la stessa struttura biologica (cellule, DNA). Oggi che si sanno queste cose, e che si sa che l'omosessualità è presente in molte specie animali, considerare l'omosessualità contro natura è semplicemente assurdo.
Interessanti sono poi i collegamenti, che effettua il Papa dandoli per scontati, tra la natura, la famiglia e Dio. "Se, però, non esiste la dualità di maschio e femmina come dato della creazione, allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione". Come se fosse scontato che nella nostra natura sia scritto che si debba vivere in una famiglia monogamica eterosessuale.
Quindi è evidente che per natura il Papa non intende la natura reale, biologica, quella che può essere indagata dalla scienza, ma la natura così come è concepita dalla teologia scolastica medievale, secondo la quale Dio ha creato l'universo e l'uomo dando delle regole che entrambi dovranno seguire, l'universo in base alle sue leggi, l'uomo obbedendo alla sua volontà. Dunque non è in ultima analisi la natura in sé ad essere il punto di riferimento del Papa, ma Dio. Tutto si deve piegare alla volontà di Dio, compresa la natura e l'uomo. Il problema è che, per chi non crede, o chi crede in un'altra religione, non sono affatto scontate queste concatenazioni logiche. Non è detto che Dio esista; se anche esiste, non è detto che voglia quello che dice la Chiesa.
Il Papa non può imporre alla società il proprio pensiero, derivato tra l'altro da una nobile filosofia, ma vecchia di 800 anni. Nessuno impedisce ai cattolici di comportarsi secondo la dottrina della Chiesa, ma loro non possono impedire agli altri di seguire altre norme, altre regole morali.

venerdì 14 dicembre 2012

Beppe Grillo e l'espulsione dei dissidenti


Con l'espulsione di Federica Salsi e Giovanni Favia dal Movimento 5 stelle, Beppe Grillo ha gettato la maschera. In primo luogo è emerso, se già non fosse chiaro (questi due non sono certo i primi ad essere espulsi), che nel Movimento vige una sorta di dittatura, in cui due persone (Grillo e, si presuppone il misterioso Casaleggio) possono decidere a proprio insindacabile giudizio chi è dentro e chi è fuori.
Inoltre, con il post sul blog e il video annesso, Grillo ha ammesso che per lui la democrazia non è importante.
Sono interessanti il linguaggio e gli argomenti usati da Grillo. "A chi dice che non c'è stata democrazia perché i voti sono stati pochi io faccio una domanda: quanti voti ha preso ognuno dei mille parlamentari oggi in Parlamento? Chi ha deciso di quella gente lì? Ve lo dico io: 5 segretari di partito." Dunque Grillo ribalta le accuse sugli altri, sviando l'attenzione dal proprio caso. Siccome gli altri non sono democratici, possiamo non esserlo anche noi.
"Non venite a rompermi i coglioni (a me!) sulla democrazia. Io mi sto stufando. Mi sto arrabbiando. Mi sto arrabbiando seriamente." Insomma, certe critiche non si possono fare a Grillo, perché lui è lui. Un'autorità indiscutibile.
"Abbiamo una battaglia, abbiamo una guerra da qui alle elezioni. Finché la guerra me la fanno i giornali, le televisioni, i nemici quelli veri va bene, ma guerre dentro non ne voglio più. Se c'è qualcuno che reputa che io non sia democratico, che Casaleggio si tenga i soldi, che io sia disonesto, allora prende e va fuori dalle palle. Se ne va. Se ne va dal MoVimento. E se ne andrà dal MoVimento." Dunque, visto che siamo in guerra, mettiamo al bando le quisquilie come la democrazia. E in effetti è così: quando si è in guerra, non si pensa certo al rispetto delle regole.
Ma se il Movimento 5 stelle è in guerra, gli attivisti sono come soldati. Devono essere obbedienti e disciplinati. Ma in guerra per fare cosa? Cosa si pensa di ottenere attraverso la guerra?
Il comunicato riferito al ritiro del logo recita così: "A Federica Salsi e Giovanni Favia è ritirato l'utilizzo del logo del MoVimento 5 Stelle. Li prego di astenersi per il futuro a qualificare la loro azione politica con riferimento al M5S o alla mia figura. Gli auguro di continuare la loro brillante attività di consiglieri." In un certo senso è vero che loro e gli altri dissidenti avrebbero potuto rendersi conto da subito di appartenere ad un logo. Come recita il "non-statuto": "Il nome del MoVimento 5 Stelle viene abbinato a un contrassegno registrato a nome di Beppe Grillo, unico titolare dei diritti d’uso dello stesso." Dunque chi appartiene al Movimento è proprietà di un logo che a sua volta appartiene a Grillo. Questa mercificazione della politica è un risvolto curioso, da parte chi combatte la politica tradizionale, in nome della lotta agli sprechi e alla corruzione. Ma se l'alternativa è questa... Del resto sul sito di Beppe Grillo non mancano pubblicità, anche di multinazionali. Curioso, visto il contenuto di molti spettacoli del comico, che spesso si è scagliato proprio contro di loro.
Ma poi, perché gli attivisti del movimento non possono andare in tv? le buone idee dovrebbero essere capaci di farsi strada, indipendentemente dal mezzo di comunicazione. Invece quello che prevale è il sospetto che chi va in tv lo faccia per cercare una visibilità personale, che voglia usare la politica per fare carriera, per arricchirsi ecc. Inoltre, evidentemente si sospetta anche che gli spettatori a casa non siano in grado di farsi un'idea indipendente, anche ammesso che il talk show sia strutturato in modo da creare un tranello per l'ospite del movimento, che si presuppone sia ingenuo/a, incapace di evitare di cadere in trappola.
Insomma, Grillo mostra di avere scarsa fiducia nei confronti del prossimo, che sia o meno dalla sua parte.
Con il proseguo dell'attività politica del Movimento, appare sempre più chiaro che lo slogan "uno vale uno" significa in realtà "uno vale un altro". Gli attivisti e i candidati sono intercambiabili, sono tutti sostituibili, tranne i due capi, che hanno così un potere enorme. Come Berlusconi considera i suoi deputati come yes men che devono solo pigiare i tasti dicendo sì o no alle leggi in base ai suoi interessi, così Grillo considera i suoi come soldati che devono obbedire alle sue scelte.





lunedì 10 dicembre 2012

Il Manifesto ME-MMT

Il Paese di Cuccagna

Finalmente è arrivato il Manifesto ME-MMT. Un gruppo di valenti economisti americani si è messo in contatto con un coraggioso giornalista italiano, Paolo Barnard, per farci conoscere il modo, semplice e indolore, per diventare tutti benestanti in breve tempo.
Il programma è modesto, infatti si propone nientemeno che la "salvezza economica" per il Paese. Ma il lettore sa che può contare su ciò che vi è scritto, perché il programma assicura di se stesso di essere una "guida di massima autorevolezza". Quindi, procediamo!

L'Italia non ha colpe

Il preambolo, detto "memento", ci fa sapere che l'Italia sta vivendo una crisi per colpe interamente non sue. Infatti, "I Trattati europei, in particolare quelli associati all'Eurozona, ci hanno tolto la sovranità costituzionale, quella parlamentare e quella monetaria. Ci hanno tolto tutto. La crisi che oggi sta distruggendo l'economia e i diritti delle famiglie e delle aziende italiane come mai dal 1945 a oggi, viene da questo." Insomma, è tutta colpa dell'Europa, che ha "tolto tutto" all'Italia.

Il complotto contro l'Italia

L'introduzione, detta "spiegazione essenziale", ci spiega che in particolare la colpa è dell'Euro, perché è "una valuta che non è di alcuno Stato". Ora, se è così io mi chiedo come mai la crisi colpisca alcuni Paesi dell'area Euro più di altri, e perché la classe dirigente italiana sia voluta entrare nella moneta comune.. sarà masochismo?
Comunque il manifesto ci fa sapere che a causa dell'Euro "i 17 governi dovranno sempre batter cassa presso i mercati di cui sopra per ottenere la moneta con cui attuare la spesa pubblica". In realtà la spesa pubblica si può ottenere anche con le tasse, semmai i governi vanno sui mercati per attuare la spesa in deficit, cioè quella parte che va oltre le entrate dello Stato, oppure per ricollocare i titoli in scadenza. I Paesi che hanno uno spread molto alto hanno una effettiva difficoltà a finanziarsi sui mercati, ma non perché il loro debito sia in una moneta "di qualcun altro", ma perché i mercati non si fidano della loro capacità di ripagare il debito. Altrimenti, se fosse così, sarebbero in difficoltà tutti i Paesi dell'Euro, compresa la Germania, cosa che non è. Quindi, non è l'Euro in sé ad essere responsabile degli spread alti, cioè l'Euro non è una condizione sufficiente per la crisi, ma ha aggravato la crisi dei Paesi che già erano meno produttivi.
Quindi l'Euro ha contribuito, in seguito allo scoppio della crisi, a mettere in difficoltà i Paesi dalla minore produttività, i quali peraltro avrebbero avuto degli anni per recuperare il loro divario di competitività, ma comunque la crisi non è nata dall'Euro, ma dalla finanza americana nel 2008, cosa che in questo programma-manifesto non viene detto.
Secondo il manifesto ME-MMT, l'Eurozona "nasce da un progetto del 1943 per sottomettere le economie dei concorrenti industriali di Francia e Germania, e oggi ha purtroppo raggiunto quell'obiettivo". Se è così, gli Italiani e tutti gli altri Paesi sono gonzi perché si sono sottomessi volontariamente a Francia e Germania. (Qui notiamo en passant come ad esempio per Bagnai, che rispetto al livello di questo manifesto scrive come un premio Nobel, la Germania sia sostanzialmente l'unico beneficiario dell'Euro, e che la Francia sia la prossima vittima della crisi. Evidentemente anche i Francesi sono gonzi, dal momento che hanno complottato con la Germania per distruggere gli altri, e invece si sono suicidati pure loro).
La prova del complotto si ha a posteriori, in base a chi ha tratto i maggiori vantaggi dall'Euro: "l'Italia della Lira era nel 2000 la prima in Europa per produzione industriale, oggi siamo fra gli ultimi. Nel 2000 la Germania era ultima in Europa per produzione industriale, oggi è prima."
Ora, sarà anche vero che la produzione industriale dell'Italia negli ultimi anni è diminuita, ma questa frase è semplicemente un falso clamoroso, che tra l'altro denota una scarsa capacità di ragionare. Se è vero che l'Euro ha portato vantaggi alla Germania, è perché nella sostanza la sua capacità produttiva era già superiore a quella degli altri Paesi europei, quindi l'Euro ha semplicemente mantenuto o aumentato questa differenza, rendendo più difficile ai Paesi deboli di recuperare la competitività perduta con la svalutazione, come facevano quando disponevano di una moneta sovrana. Se veramente prima dell'ingresso dell'Euro l'Italia fosse stato un Paese così forte, sarebbe stata lei a sottomettere gli altri Paesi sfruttando la moneta unica.L'unica spiegazione di un errore così madornale è che gli autori abbiano confuso il dato assoluto con la tendenza, consultando un grafico come questo:




Insomma, quelli che vorrebbero essere i salvatori della Patria, non conoscono i dati economici e non sono in grado di leggere un grafico!
Ma, a proposito, chi sono gli autori di questo manifesto? La firma è del giornalista Paolo Barnard, ma poi sono riportati i nomi e le biografie di alcuni economisti americani e francesi: Warren Mosler, Alain Parguez, Mathew Forstater. Ora, si può capire per il giornalista, ma che degli economisti cadano in errori del genere è veramente curioso.

Piena occupazione subito

La Piena Occupazione (scritto rigorosamente in maiuscolo) è uno degli scopi principali di questo programma,  e ci viene assicurato che verrebbe realizzata in breve tempo, facilmente, senza problemi. In realtà non viene mai spiegato come si raggiungerebbe. L'unica cosa che si capisce è che lo Stato, ripresa in mano la possibilità di battere moneta, si metterebbe a stampare moneta, per finanziare una serie di opere pubbliche, fintanto che non si raggiunga la piena occupazione: "La Piena Occupazione di Stato non costa troppo. Il governo di uno Stato con moneta sovrana può e deve finanziare senza limiti la Piena Occupazione, poiché essa rappresenta la ricchezza indistruttibile dell'economia nazionale".
Nel programma non ci sono numeri, come è normale nei discorsi non scientifici, e dunque non si dice ad esempio quanto dovrebbe spendere lo Stato per raggiungere questo obiettivo. Ma è evidente che per riassorbire una disoccupazione di milioni di persone occorrerebbe spendere miliardi di Euro (ad esempio, per pagare 1.200 Euro al mese di stipendio a 3 milioni di persone, bisognerebbe spendere 4 miliardi e mezzo al mese in più, senza contare i contributi).
Ma cosa intende il manifesto ME-MMT per piena occupazione? non si capisce se intende rispetto alle statistiche sulla disoccupazione (cioè, si fa lavorare chi sta cercando un lavoro ma non lo trova), oppure rispetto al totale della popolazione in età da lavoro. Quest'ultimo caso prefigurerebbe una sorta di Stato totalitario in cui tutti sono costretti a lavorare, e più che di lavoro garantito si dovrebbe parlare di lavoro obbligatorio (o lavoro forzato). Vista l'impostazione un po' sovietica del manifesto viene da temere che sia questa l'interpretazione giusta, anche perché ci sono passi come il seguente che fanno pensare a ciò: "Infine, il PLG (ovvero il "programma di lavoro garantito" organizzato dal governo, n.d.r.) imprimerà al PIL nazionale una spinta inaudita, poiché non esisterà cittadino italiano improduttivo nei settori dei beni e dei servizi." Dunque tutti i cittadini italiani lavoreranno, cioè (se ne deduce) dovranno per forza lavorare.
In ogni caso, se lo Stato si mettesse a stampare moneta e a spenderla per realizzare nuove attività che possano assorbire disoccupati, è evidente il forte rischio di un'esplosione dell'inflazione. Ma il programma ci rassicura che ciò non si potrebbe mai verificare: "La Piena Occupazione aggiunge una spinta produttiva di beni e servizi enorme, ed essi vanno a pareggiare la massa monetaria circolante, impedendo alta inflazione". Peccato che ci voglia un po' di tempo perché le nuove attività vadano a pieno regime, né è detto che la produttività di attività finanziate dallo Stato sia alta. Quindi il rischio di finire come l'Unione Sovietica (sempre che l'iperinflazione non porti prima il Paese alla bancarotta), dove tutti avevano un lavoro e da mangiare, ma poco altro, sarebbe alto.
I sostenitori dell'intervento pubblico in economia, magari in tempo di crisi, almeno ammettono che con la spesa pubblica lo Stato si indebita. Qui invece viene detto che lo Stato, battendo direttamente moneta, non si indebiterebbe, anzi creerebbe ricchezza, secondo una versione paradossale del monetarismo (basta stampare moneta per produrre ricchezza).
Certo, per chi vuole credere a queste frasi apodittiche, va tutto bene così. Ma se fosse così, i programmi tipo "Cassa per il Mezzogiorno" avrebbero realizzato una "spinta produttiva enorme", e basterebbe assumere migliaia di statali per creare benessere e felicità per tutti.


I più forti sono i più deboli

La mancanza di una visione coerente si vede dall'atteggiamento del manifesto nei confronti dei Paesi esportatori. Ad esempio il Giappone a volte è considerato un Paese modello perché ha una propria moneta e un debito pubblico del 240% del Pil, altre volte è presentato come un Paese sfortunato, perché essendo la sua economia orientata alle esportazioni, avrebbe problemi, come anche la Cina e la Germania. Ecco che il manifesto ci propone una "analisi veritiera delle economie dei Paesi che si sono gettati sull'export, in primo luogo Cina, Giappone e Germania. Contrariamente a quanto di solito detto dai media genericisti, questi Paesi soffrono disfunzioni interne gravi, come il crollo dei consumi, cali significativi dei redditi reali, aumenti esasperanti dei ritmi lavorativi".
Quello di esasperare un elemento, che magari è presente, senza considerare i pro e i contro, è un tipico atteggiamento che non aiuta alla comprensione della realtà. Cina, Giappone e Germania sono le tre economie più grandi del mondo dopo gli Stati Uniti. Il Giappone e la Germania hanno un tenore di vita tra i più alti del mondo, mentre la Cina sta vivendo un impetuoso sviluppo che ha portato fino ad ora qualche centinaio di milioni di persone ad uscire dallo stato di povertà endemica in cui vivevano nell'epoca pre-industriale.
Invece di chiedersi come mai l'unico tra i Paesi più ricchi al mondo che non sia un Paese esportatore sono gli Stati Uniti, gli autori del manifesto ci raccontano che i Paesi esportatori stanno male. Alla base di questa critica dei Paesi esportatori vi è l'idea assurda che le esportazioni rappresentino un costo. Questo è smentito dal fatto che anche gli altri Paesi con il reddito medio più alto sono Paesi esportatori, come la Norvegia che è un esportatore di petrolio.


Limitare le esportazioni

Dunque, il programma propone la limitazione delle esportazioni.  L'idea è che la corsa all'export porti ad abbassare i salari e i consumi, peggiorando il tenore di vita, per cui: "un governo sovrano che mantenga sempre le Piena Occupazione interna deve permettere solo le esportazioni necessarie ad acquisire importazioni".
Questa frase è curiosa. Esportare è per i Paesi una necessità, proprio per potersi permettere di importare. Al mondo è praticamente impossibile trovare un Paese autosufficiente, che si possa permettere di non importare. E questo vale soprattutto per un Paese povero di materie prime come l'Italia.
Solo gli Stati Uniti possono andare in deficit con l'estero senza avere grossi problemi, perché la loro moneta è la moneta di riserva internazionale. Altrimenti, un Paese qualsiasi se importa più di quanto esporta, conoscerà una fuga di capitali che potrà essere contenuta soltanto da continue svalutazioni. Viceversa, esportare non si fa necessariamente con una diminuzione dei salari (deflazione). Si può fare anche con una produzione più tecnologica, ad alto valore aggiunto. Così fanno il Giappone e la Germania. Quanto ai salari, nonostante il fatto che siano più bassi di quelli occidentali, va ricordato che i salari cinesi sono in aumento da anni, come accade ai Paesi che stanno vivendo un processo di industrializzazione.
Ora però leggendo questo manifesto scopriamo che la fuga di capitali è impossibile, perché sarebbe solo un artificio contabile: "La fuga di capitali. Il governo sovrano che abbia compreso le realtà macroeconomiche spiegate dalla ME-MMT sa che la cosiddetta fuga di capitali è una finzione che non trova riscontro nelle operazioni monetarie reali. In un'Italia con moneta sovrana liberamente scambiata a tasso variabile, le Lire passeranno di mano, ma non andranno letteralmente da nessuna parte, nel senso che passeranno da un computer all'altro della Banca d'Italia (B.d.I.), come crediti che si spostano da un conto all'altro al suo interno."
Quindi con questo ragionamento, se miliardi di Lire venissero venduti all'estero e tramutati ad esempio in Dollari, non cambierebbe nulla, non verrebbero a mancare le Lire, nessuno si accorgerebbe di nulla. Peccato che invece con questo meccanismo molti Paesi sono andati in default.
"Le esportazioni sono un costo, le importazioni sono vera ricchezza per il Paese. Il principio fondante di un'economia funzionale al bene del 99% dei cittadini è il seguente: la vera ricchezza sono i beni e i servizi prodotti internamente, più quelli che il resto del mondo ci invia."
In pratica, vogliono la botte piena e la moglie ubriaca. Vogliono importare, senza esportare in cambio. Qui si vede chiaramente l'impianto americano della "teoria". Per gli americani è facile ragionare così. Ma proporre una cosa del genere per l'Italia è ridicolo. Nessuno ci invierebbe beni e servizi se non esportassimo qualcosa in cambio. Ed essendo un Paese con poche materie prime e poco terreno coltivabile rispetto alla popolazione, se vogliamo vivere decentemente dobbiamo produrre qualcosa che interessi all'estero.
"Il governo sa che nella nuova economia di Piena Occupazione e di piena produzione l'Italia sarà un polo di investimenti esterni in valute cosiddette forti, utili a far acquisti all'estero. Il governo sa che ciò è testimoniato, fra le altre fonti autorevoli, dall'esempio degli Stati Uniti, i quali alla fine degli anni novanta detenevano il primato per investimenti esteri ricevuti proprio grazie a una disoccupazione praticamente a zero (2,8%)."
Questa frase ridicola scambia la causa con l'effetto. Gli Stati Uniti ricevono investimenti dall'estero perché hanno la moneta di riserva mondiale, per cui i Paesi esportatori che ricevono dollari, li reinvestono almeno in parte in America, finanziando il loro enorme debito. Qui si dà per scontato che ciò che ci si augura (piena occupazione, ricchezza, investimenti dall'estero), si realizzi senza problemi, con un programma stranamente mai tentato fino ad ora. 
In ogni caso, è evidente che se lo Stato si mette a limitare le esportazioni, dovrà poi provvedere anche a recuperare quella parte di ricchezza perduta (dal momento che vuole mantenere la piena occupazione), e dunque il suo intervento nell'economia sarebbe ancora più grande. Ad esempio, se lo Stato impedisse di importare le auto dall'estero, sostenendo che ce le possiamo produrre anche da soli, costringerebbe sostanzialmente gli Italiani ad acquistare le Fiat, magari finanziando l'apertura di nuove fabbriche, oppure dovrebbe lui stesso dar vita ad una azienda pubblica di automobili. Oppure potrebbe incentivare l'uso delle biciclette...

Tasso zero ma niente inflazione

Secondo questo programma, lo Stato si mette a spendere in deficit, ma non si finanzia attraverso le tasse; in questo modo aumenterebbe il debito pubblico. Ma secondo questo programma il debito pubblico non è un problema, perché il debito dello Stato corrisponde al credito dei cittadini: "Il governo italiano seguirà la linea guida fondamentale dei bilanci setto­riali di Wynne Godley, e della ME-MMT: non può esistere un debito senza un equivalente e identico credito. Ciò si applica ovviamente anche al de­bito di Stato, per cui risulta evidente che esso è il credito/risparmio di chi lo detiene (italiani o stranieri)."

Qui si dimentica che il debito dello Stato è la ricchezza reale dei suoi finanziatori nel mondo reale, cioè si tratta di una ricchezza che già si è creata, e che qualcuno decide di prestare allo Stato. 
Nel mondo reale, se lo Stato decide di dar vita ad un programma di opere pubbliche, può finanziarsi attraverso le tasse, o emettendo titoli di debito, e collocandoli sul mercato, in modo da ricevere i prestiti dei risparmiatori. In entrambi i casi, il finanziamento avviene attraverso ricchezza già esistente, già prodotta. 
Invece nel programma ME-MMT, lo Stato si finanzierebbe stampando moneta, senza preoccuparsi dunque di ricevere finanziamenti sul mercato. Il programma propone inoltre di abbassare a zero per decreto il tasso di interesse. Anzi lo Stato non emetterebbe neanche titoli di debito, dato che avrebbe accentrato tutte le funzioni economico-finanziarie. "Tutto il denaro speso dallo Stato si accumulerà quindi nelle riserve delle banche presso la Banca d'Italia, sulle quali riserve può essere pagato un interesse 0, o poco più. Il coordinamento fra governo e Banca d'Italia sulla gestione degli interessi sul denaro di cui sopra, e su quello che la Banca d'Italia presta alle banche, assicurerà che i tassi rimangano al target desiderato dal governo, che dovrebbe essere 0, per favorire l'economia privata."

Il problema però è che il tasso di interesse consente di tenere sotto controllo l'inflazione. Un conto è dire che i Paesi come il Giappone hanno un tasso di interesse quasi pari a zero, perché se lo possono permettere avendo una situazione finanziaria solida (infatti sono pieni di riserve perché esportano parecchio), un altro è pretendere di avere il tasso zero per decreto, senza curarsi delle conseguenze. Il Giappone può praticare il tasso quasi a zero perché continua a trovare qualcuno che gli finanzia il debito, e questa è la prova che i mercati giudicano che il suo debito sia sostenibile. Se eliminassimo i controlli di questo tipo, cosa potrebbe succedere? E se l'inflazione aumentasse fino a livelli incontrollabili? 

Il programma ci assicura che non ci sarà inflazione, infatti "l'inflazione da eccesso di domanda non è un pericolo finché la produ­zione non si riduce drammaticamente, poiché è l'eccesso di denaro con carenza di prodotti che causa inflazione." Ma il rischio di ridurre la produzione è alto proprio quando lo Stato si prende in carico una parte rilevante dell'economia, abolendo al contempo quegli strumenti di controllo come il tasso di interesse. "La Banca d'Italia annuncia una politica di tassi 0 sull'esempio del Giap­pone. Svalutazione e inflazione saranno funzioni sovrane controllate da Roma in coordinamento con la Banca d'Italia." Sì grazie, ma come? come si può controllare l'inflazione per decreto? 


Abolire la finanza

Il programma prevede di statalizzare le banche, e di abolire del tutto la finanza. In pratica, le banche non potrebbero fare altro che prestare una quota dei loro depositi: "Uno Stato pienamente sovrano deve regolamentare il settore bancario nell'esclusivo Interesse Pubblico. Primo: eliminare interamente il settore finanziario che è parassita."
Ancora una volta si vede la tendenza ad abolire ciò che non piace, anziché chiedersi per quale motivo è nato e perché esiste in tutto il mondo. La finanza consente di produrre ricchezza, non sarebbe meglio chiedere di regolamentarne gli eccessi piuttosto che abolirla?
E' evidente che con questo programma (limitazione alle esportazioni, tasso zero, finanza ridotta al minimo, intervento dello Stato sempre più grande) di fatto si abolirebbe lo stesso mercato. Nonostante il fatto che si riconosca a parole uno spazio per l'iniziativa privata, di fatto non saremo molto lontani dall'Unione Sovietica.

L'Interesse Pubblico

L'interesse pubblico, tra l'altro scritto in maniera un po' inquietante con la maiuscola, compare più volte in questo scritto. "Secondo: si eliminino tutte le funzioni bancarie che esulano dal pubblico interesse.". Ma che cos'è l'interesse pubblico? chi lo dovrebbe stabilire?
E in quali settori investirebbe lo Stato? Anche ammesso che riesca a creare la piena occupazione, cosa farebbe in concreto? I disoccupati verrebbero pagati per fare cosa? Chi sarebbe a decidere, il governo?
In un'economia di mercato, una parte rilevante delle attività è decisa "dal basso", dalle esigenze della popolazione, in base alla legge della domanda e dell'offerta che porta gli investimenti nei settori dove c'è domanda. Se è lo Stato a decidere cosa produrre, si rischiano diseconomie, come accadeva in Unione Sovietica. 
Qui è evidente l'impianto autoritario di chi pretende di imporre a tutti la propria visione, ovviamente in nome del bene del popolo. Ad esempio si dice di voler abolire l'autonomia della banca centrale, per poterne restituire il controllo al popolo, ma poi si dice per filo e per segno cosa dovrebbe fare questa banca centrale, togliendole ogni possibilità di decisione.

Conclusione

Questo programma propone demagogicamente una soluzione semplicistica per risolvere tutti i problemi economici: lo stato si mette a stampare moneta, e così rende tutti benestanti. Una volta realizzata la piena occupazione, tutto andrà da sé. Non si fa menzione dei problemi di una società come l'Italia, dalla corruzione alla criminalità, dall'evasione fiscale all'istruzione e alla ricerca scientifica. No, la ricchezza è solo una questione di moneta. Batti moneta, e stai a posto. Strano che fino ad ora non ci fosse arrivato nessuno... sarà l'uovo di Colombo?
Recentemente questo programma è stato addirittura pubblicato sul Corriere della Sera, come inserzione a pagamento, pare con il contributo spontaneo di lettori e fans di Paolo Barnard.
A prescindere dal fatto che probabilmente un programma del genere non funzionerebbe, perché si produrrebbe una inflazione incontrollabile che produrrebbe presto la bancarotta del Paese (o meglio l'iperinflazione e la distruzione della valuta, come sostiene Krugman), ma comunque anche ammettendo che possa funzionare, assomiglia ad una riedizione del centralismo democratico, in cui lo Stato domina tutto. L'intenzione potrà anche essere buona, ma la storia ha dimostrato ampiamente che quando si pretende di rivoluzionare la società e di guidare l'economia dall'alto, si rischia di produrre più danni che benefici.
Ancora una volta poi, si dimostra come le utopie siano autoritarie. Chi propone una società perfetta finisce inevitabilmente di proporre una forte riduzione della libertà dell'individuo, anche se con lo scopo di renderlo felice.





sabato 8 dicembre 2012

Per fortuna che c'è Piero Angela


Ieri sera spero siano stati tanti gli spettatori che hanno assistito alla puntata speciale di Superquark dedicata alla crisi. Con il solito taglio, scientifico e rigoroso e dunque non ideologico, Piero Angela ci ha consentito di gettare uno sguardo sui principali problemi che ha di fronte un Paese come l'Italia, e proponendo una visione di lungo periodo, anziché la solita attenzione di corto raggio ai soli problemi del presente.
E così abbiamo potuto riflettere sui diversi elementi che rendono un Paese benestante, dall'istruzione alla ricerca scientifica, dal funzionamento della giustizia alla demografia.
In particolare è stato ricordato un aspetto se si vuole banale, ma che viene quasi sempre dimenticato nel dibattito politico italiano, e cioè che la ricchezza, prima ancora di essere redistribuita, deve essere prodotta.
Purtroppo questo viene spesso dimenticato, sia da destra, dove si tende a pensare che la "libera iniziativa" individuale sia sufficiente a generare ricchezza, come se non contassero anche le condizioni in cui ci si trova ad operare (il cosiddetto capitale umano, le infrastrutture ecc.), sia da sinistra, dove si tende a pensare che di ricchezza ne venga già prodotta a sufficienza, e che non rimanga altro da fare che cercare di redistribuirla, senza che questo tra l'altro possa comportare alcun problema.
Naturalmente questa puntata di Superquark potrebbe aver rappresentato uno spunto di riflessione interessante anche per quelli che tendono ad avere una visione semplicistica dei problemi, e tendono a ricondurre la crisi ad una sola causa (che può essere la finanza, l'Euro, il capitale, l'interesse, le banche, la Germania, Berlusconi, Monti ecc.).
Invece si è visto chiaramente come la ricchezza di un Paese dipenda da tanti fattori, la maggior parte dei quali ha a che fare con la qualità e la capacità delle persone in carne e ossa, e con le loro scelte. Studiare o non studiare, pagare o non pagare le tasse, cercare una raccomandazione o puntare al merito, non sono la stessa cosa. Con buona pace di quelli che, guardando solo ai flussi macroeconomici, dimenticano che questi sono il risultato della somma delle scelte individuali, e non sono leggi piovute dal cielo.
Ad esempio sono stati raccontati i casi di aziende che, collaborando con università, sono riuscite a produrre beni con un elevato grado di tecnologia e dunque in grado di competere sul mercato internazionale. Ed è stato ricordato che la collaborazione tra aziende e università in Germania è decisamente più frequente che in Italia, ed è per questo che la Germania è in grado di esportare in tutto il mondo. Ecco un esempio concreto di una cosa che si potrebbe fare, se lo si volesse, anziché limitarsi ad incolpare la Germania di essere più competitiva di noi.