lunedì 10 dicembre 2012

Il Manifesto ME-MMT

Il Paese di Cuccagna

Finalmente è arrivato il Manifesto ME-MMT. Un gruppo di valenti economisti americani si è messo in contatto con un coraggioso giornalista italiano, Paolo Barnard, per farci conoscere il modo, semplice e indolore, per diventare tutti benestanti in breve tempo.
Il programma è modesto, infatti si propone nientemeno che la "salvezza economica" per il Paese. Ma il lettore sa che può contare su ciò che vi è scritto, perché il programma assicura di se stesso di essere una "guida di massima autorevolezza". Quindi, procediamo!

L'Italia non ha colpe

Il preambolo, detto "memento", ci fa sapere che l'Italia sta vivendo una crisi per colpe interamente non sue. Infatti, "I Trattati europei, in particolare quelli associati all'Eurozona, ci hanno tolto la sovranità costituzionale, quella parlamentare e quella monetaria. Ci hanno tolto tutto. La crisi che oggi sta distruggendo l'economia e i diritti delle famiglie e delle aziende italiane come mai dal 1945 a oggi, viene da questo." Insomma, è tutta colpa dell'Europa, che ha "tolto tutto" all'Italia.

Il complotto contro l'Italia

L'introduzione, detta "spiegazione essenziale", ci spiega che in particolare la colpa è dell'Euro, perché è "una valuta che non è di alcuno Stato". Ora, se è così io mi chiedo come mai la crisi colpisca alcuni Paesi dell'area Euro più di altri, e perché la classe dirigente italiana sia voluta entrare nella moneta comune.. sarà masochismo?
Comunque il manifesto ci fa sapere che a causa dell'Euro "i 17 governi dovranno sempre batter cassa presso i mercati di cui sopra per ottenere la moneta con cui attuare la spesa pubblica". In realtà la spesa pubblica si può ottenere anche con le tasse, semmai i governi vanno sui mercati per attuare la spesa in deficit, cioè quella parte che va oltre le entrate dello Stato, oppure per ricollocare i titoli in scadenza. I Paesi che hanno uno spread molto alto hanno una effettiva difficoltà a finanziarsi sui mercati, ma non perché il loro debito sia in una moneta "di qualcun altro", ma perché i mercati non si fidano della loro capacità di ripagare il debito. Altrimenti, se fosse così, sarebbero in difficoltà tutti i Paesi dell'Euro, compresa la Germania, cosa che non è. Quindi, non è l'Euro in sé ad essere responsabile degli spread alti, cioè l'Euro non è una condizione sufficiente per la crisi, ma ha aggravato la crisi dei Paesi che già erano meno produttivi.
Quindi l'Euro ha contribuito, in seguito allo scoppio della crisi, a mettere in difficoltà i Paesi dalla minore produttività, i quali peraltro avrebbero avuto degli anni per recuperare il loro divario di competitività, ma comunque la crisi non è nata dall'Euro, ma dalla finanza americana nel 2008, cosa che in questo programma-manifesto non viene detto.
Secondo il manifesto ME-MMT, l'Eurozona "nasce da un progetto del 1943 per sottomettere le economie dei concorrenti industriali di Francia e Germania, e oggi ha purtroppo raggiunto quell'obiettivo". Se è così, gli Italiani e tutti gli altri Paesi sono gonzi perché si sono sottomessi volontariamente a Francia e Germania. (Qui notiamo en passant come ad esempio per Bagnai, che rispetto al livello di questo manifesto scrive come un premio Nobel, la Germania sia sostanzialmente l'unico beneficiario dell'Euro, e che la Francia sia la prossima vittima della crisi. Evidentemente anche i Francesi sono gonzi, dal momento che hanno complottato con la Germania per distruggere gli altri, e invece si sono suicidati pure loro).
La prova del complotto si ha a posteriori, in base a chi ha tratto i maggiori vantaggi dall'Euro: "l'Italia della Lira era nel 2000 la prima in Europa per produzione industriale, oggi siamo fra gli ultimi. Nel 2000 la Germania era ultima in Europa per produzione industriale, oggi è prima."
Ora, sarà anche vero che la produzione industriale dell'Italia negli ultimi anni è diminuita, ma questa frase è semplicemente un falso clamoroso, che tra l'altro denota una scarsa capacità di ragionare. Se è vero che l'Euro ha portato vantaggi alla Germania, è perché nella sostanza la sua capacità produttiva era già superiore a quella degli altri Paesi europei, quindi l'Euro ha semplicemente mantenuto o aumentato questa differenza, rendendo più difficile ai Paesi deboli di recuperare la competitività perduta con la svalutazione, come facevano quando disponevano di una moneta sovrana. Se veramente prima dell'ingresso dell'Euro l'Italia fosse stato un Paese così forte, sarebbe stata lei a sottomettere gli altri Paesi sfruttando la moneta unica.L'unica spiegazione di un errore così madornale è che gli autori abbiano confuso il dato assoluto con la tendenza, consultando un grafico come questo:




Insomma, quelli che vorrebbero essere i salvatori della Patria, non conoscono i dati economici e non sono in grado di leggere un grafico!
Ma, a proposito, chi sono gli autori di questo manifesto? La firma è del giornalista Paolo Barnard, ma poi sono riportati i nomi e le biografie di alcuni economisti americani e francesi: Warren Mosler, Alain Parguez, Mathew Forstater. Ora, si può capire per il giornalista, ma che degli economisti cadano in errori del genere è veramente curioso.

Piena occupazione subito

La Piena Occupazione (scritto rigorosamente in maiuscolo) è uno degli scopi principali di questo programma,  e ci viene assicurato che verrebbe realizzata in breve tempo, facilmente, senza problemi. In realtà non viene mai spiegato come si raggiungerebbe. L'unica cosa che si capisce è che lo Stato, ripresa in mano la possibilità di battere moneta, si metterebbe a stampare moneta, per finanziare una serie di opere pubbliche, fintanto che non si raggiunga la piena occupazione: "La Piena Occupazione di Stato non costa troppo. Il governo di uno Stato con moneta sovrana può e deve finanziare senza limiti la Piena Occupazione, poiché essa rappresenta la ricchezza indistruttibile dell'economia nazionale".
Nel programma non ci sono numeri, come è normale nei discorsi non scientifici, e dunque non si dice ad esempio quanto dovrebbe spendere lo Stato per raggiungere questo obiettivo. Ma è evidente che per riassorbire una disoccupazione di milioni di persone occorrerebbe spendere miliardi di Euro (ad esempio, per pagare 1.200 Euro al mese di stipendio a 3 milioni di persone, bisognerebbe spendere 4 miliardi e mezzo al mese in più, senza contare i contributi).
Ma cosa intende il manifesto ME-MMT per piena occupazione? non si capisce se intende rispetto alle statistiche sulla disoccupazione (cioè, si fa lavorare chi sta cercando un lavoro ma non lo trova), oppure rispetto al totale della popolazione in età da lavoro. Quest'ultimo caso prefigurerebbe una sorta di Stato totalitario in cui tutti sono costretti a lavorare, e più che di lavoro garantito si dovrebbe parlare di lavoro obbligatorio (o lavoro forzato). Vista l'impostazione un po' sovietica del manifesto viene da temere che sia questa l'interpretazione giusta, anche perché ci sono passi come il seguente che fanno pensare a ciò: "Infine, il PLG (ovvero il "programma di lavoro garantito" organizzato dal governo, n.d.r.) imprimerà al PIL nazionale una spinta inaudita, poiché non esisterà cittadino italiano improduttivo nei settori dei beni e dei servizi." Dunque tutti i cittadini italiani lavoreranno, cioè (se ne deduce) dovranno per forza lavorare.
In ogni caso, se lo Stato si mettesse a stampare moneta e a spenderla per realizzare nuove attività che possano assorbire disoccupati, è evidente il forte rischio di un'esplosione dell'inflazione. Ma il programma ci rassicura che ciò non si potrebbe mai verificare: "La Piena Occupazione aggiunge una spinta produttiva di beni e servizi enorme, ed essi vanno a pareggiare la massa monetaria circolante, impedendo alta inflazione". Peccato che ci voglia un po' di tempo perché le nuove attività vadano a pieno regime, né è detto che la produttività di attività finanziate dallo Stato sia alta. Quindi il rischio di finire come l'Unione Sovietica (sempre che l'iperinflazione non porti prima il Paese alla bancarotta), dove tutti avevano un lavoro e da mangiare, ma poco altro, sarebbe alto.
I sostenitori dell'intervento pubblico in economia, magari in tempo di crisi, almeno ammettono che con la spesa pubblica lo Stato si indebita. Qui invece viene detto che lo Stato, battendo direttamente moneta, non si indebiterebbe, anzi creerebbe ricchezza, secondo una versione paradossale del monetarismo (basta stampare moneta per produrre ricchezza).
Certo, per chi vuole credere a queste frasi apodittiche, va tutto bene così. Ma se fosse così, i programmi tipo "Cassa per il Mezzogiorno" avrebbero realizzato una "spinta produttiva enorme", e basterebbe assumere migliaia di statali per creare benessere e felicità per tutti.


I più forti sono i più deboli

La mancanza di una visione coerente si vede dall'atteggiamento del manifesto nei confronti dei Paesi esportatori. Ad esempio il Giappone a volte è considerato un Paese modello perché ha una propria moneta e un debito pubblico del 240% del Pil, altre volte è presentato come un Paese sfortunato, perché essendo la sua economia orientata alle esportazioni, avrebbe problemi, come anche la Cina e la Germania. Ecco che il manifesto ci propone una "analisi veritiera delle economie dei Paesi che si sono gettati sull'export, in primo luogo Cina, Giappone e Germania. Contrariamente a quanto di solito detto dai media genericisti, questi Paesi soffrono disfunzioni interne gravi, come il crollo dei consumi, cali significativi dei redditi reali, aumenti esasperanti dei ritmi lavorativi".
Quello di esasperare un elemento, che magari è presente, senza considerare i pro e i contro, è un tipico atteggiamento che non aiuta alla comprensione della realtà. Cina, Giappone e Germania sono le tre economie più grandi del mondo dopo gli Stati Uniti. Il Giappone e la Germania hanno un tenore di vita tra i più alti del mondo, mentre la Cina sta vivendo un impetuoso sviluppo che ha portato fino ad ora qualche centinaio di milioni di persone ad uscire dallo stato di povertà endemica in cui vivevano nell'epoca pre-industriale.
Invece di chiedersi come mai l'unico tra i Paesi più ricchi al mondo che non sia un Paese esportatore sono gli Stati Uniti, gli autori del manifesto ci raccontano che i Paesi esportatori stanno male. Alla base di questa critica dei Paesi esportatori vi è l'idea assurda che le esportazioni rappresentino un costo. Questo è smentito dal fatto che anche gli altri Paesi con il reddito medio più alto sono Paesi esportatori, come la Norvegia che è un esportatore di petrolio.


Limitare le esportazioni

Dunque, il programma propone la limitazione delle esportazioni.  L'idea è che la corsa all'export porti ad abbassare i salari e i consumi, peggiorando il tenore di vita, per cui: "un governo sovrano che mantenga sempre le Piena Occupazione interna deve permettere solo le esportazioni necessarie ad acquisire importazioni".
Questa frase è curiosa. Esportare è per i Paesi una necessità, proprio per potersi permettere di importare. Al mondo è praticamente impossibile trovare un Paese autosufficiente, che si possa permettere di non importare. E questo vale soprattutto per un Paese povero di materie prime come l'Italia.
Solo gli Stati Uniti possono andare in deficit con l'estero senza avere grossi problemi, perché la loro moneta è la moneta di riserva internazionale. Altrimenti, un Paese qualsiasi se importa più di quanto esporta, conoscerà una fuga di capitali che potrà essere contenuta soltanto da continue svalutazioni. Viceversa, esportare non si fa necessariamente con una diminuzione dei salari (deflazione). Si può fare anche con una produzione più tecnologica, ad alto valore aggiunto. Così fanno il Giappone e la Germania. Quanto ai salari, nonostante il fatto che siano più bassi di quelli occidentali, va ricordato che i salari cinesi sono in aumento da anni, come accade ai Paesi che stanno vivendo un processo di industrializzazione.
Ora però leggendo questo manifesto scopriamo che la fuga di capitali è impossibile, perché sarebbe solo un artificio contabile: "La fuga di capitali. Il governo sovrano che abbia compreso le realtà macroeconomiche spiegate dalla ME-MMT sa che la cosiddetta fuga di capitali è una finzione che non trova riscontro nelle operazioni monetarie reali. In un'Italia con moneta sovrana liberamente scambiata a tasso variabile, le Lire passeranno di mano, ma non andranno letteralmente da nessuna parte, nel senso che passeranno da un computer all'altro della Banca d'Italia (B.d.I.), come crediti che si spostano da un conto all'altro al suo interno."
Quindi con questo ragionamento, se miliardi di Lire venissero venduti all'estero e tramutati ad esempio in Dollari, non cambierebbe nulla, non verrebbero a mancare le Lire, nessuno si accorgerebbe di nulla. Peccato che invece con questo meccanismo molti Paesi sono andati in default.
"Le esportazioni sono un costo, le importazioni sono vera ricchezza per il Paese. Il principio fondante di un'economia funzionale al bene del 99% dei cittadini è il seguente: la vera ricchezza sono i beni e i servizi prodotti internamente, più quelli che il resto del mondo ci invia."
In pratica, vogliono la botte piena e la moglie ubriaca. Vogliono importare, senza esportare in cambio. Qui si vede chiaramente l'impianto americano della "teoria". Per gli americani è facile ragionare così. Ma proporre una cosa del genere per l'Italia è ridicolo. Nessuno ci invierebbe beni e servizi se non esportassimo qualcosa in cambio. Ed essendo un Paese con poche materie prime e poco terreno coltivabile rispetto alla popolazione, se vogliamo vivere decentemente dobbiamo produrre qualcosa che interessi all'estero.
"Il governo sa che nella nuova economia di Piena Occupazione e di piena produzione l'Italia sarà un polo di investimenti esterni in valute cosiddette forti, utili a far acquisti all'estero. Il governo sa che ciò è testimoniato, fra le altre fonti autorevoli, dall'esempio degli Stati Uniti, i quali alla fine degli anni novanta detenevano il primato per investimenti esteri ricevuti proprio grazie a una disoccupazione praticamente a zero (2,8%)."
Questa frase ridicola scambia la causa con l'effetto. Gli Stati Uniti ricevono investimenti dall'estero perché hanno la moneta di riserva mondiale, per cui i Paesi esportatori che ricevono dollari, li reinvestono almeno in parte in America, finanziando il loro enorme debito. Qui si dà per scontato che ciò che ci si augura (piena occupazione, ricchezza, investimenti dall'estero), si realizzi senza problemi, con un programma stranamente mai tentato fino ad ora. 
In ogni caso, è evidente che se lo Stato si mette a limitare le esportazioni, dovrà poi provvedere anche a recuperare quella parte di ricchezza perduta (dal momento che vuole mantenere la piena occupazione), e dunque il suo intervento nell'economia sarebbe ancora più grande. Ad esempio, se lo Stato impedisse di importare le auto dall'estero, sostenendo che ce le possiamo produrre anche da soli, costringerebbe sostanzialmente gli Italiani ad acquistare le Fiat, magari finanziando l'apertura di nuove fabbriche, oppure dovrebbe lui stesso dar vita ad una azienda pubblica di automobili. Oppure potrebbe incentivare l'uso delle biciclette...

Tasso zero ma niente inflazione

Secondo questo programma, lo Stato si mette a spendere in deficit, ma non si finanzia attraverso le tasse; in questo modo aumenterebbe il debito pubblico. Ma secondo questo programma il debito pubblico non è un problema, perché il debito dello Stato corrisponde al credito dei cittadini: "Il governo italiano seguirà la linea guida fondamentale dei bilanci setto­riali di Wynne Godley, e della ME-MMT: non può esistere un debito senza un equivalente e identico credito. Ciò si applica ovviamente anche al de­bito di Stato, per cui risulta evidente che esso è il credito/risparmio di chi lo detiene (italiani o stranieri)."

Qui si dimentica che il debito dello Stato è la ricchezza reale dei suoi finanziatori nel mondo reale, cioè si tratta di una ricchezza che già si è creata, e che qualcuno decide di prestare allo Stato. 
Nel mondo reale, se lo Stato decide di dar vita ad un programma di opere pubbliche, può finanziarsi attraverso le tasse, o emettendo titoli di debito, e collocandoli sul mercato, in modo da ricevere i prestiti dei risparmiatori. In entrambi i casi, il finanziamento avviene attraverso ricchezza già esistente, già prodotta. 
Invece nel programma ME-MMT, lo Stato si finanzierebbe stampando moneta, senza preoccuparsi dunque di ricevere finanziamenti sul mercato. Il programma propone inoltre di abbassare a zero per decreto il tasso di interesse. Anzi lo Stato non emetterebbe neanche titoli di debito, dato che avrebbe accentrato tutte le funzioni economico-finanziarie. "Tutto il denaro speso dallo Stato si accumulerà quindi nelle riserve delle banche presso la Banca d'Italia, sulle quali riserve può essere pagato un interesse 0, o poco più. Il coordinamento fra governo e Banca d'Italia sulla gestione degli interessi sul denaro di cui sopra, e su quello che la Banca d'Italia presta alle banche, assicurerà che i tassi rimangano al target desiderato dal governo, che dovrebbe essere 0, per favorire l'economia privata."

Il problema però è che il tasso di interesse consente di tenere sotto controllo l'inflazione. Un conto è dire che i Paesi come il Giappone hanno un tasso di interesse quasi pari a zero, perché se lo possono permettere avendo una situazione finanziaria solida (infatti sono pieni di riserve perché esportano parecchio), un altro è pretendere di avere il tasso zero per decreto, senza curarsi delle conseguenze. Il Giappone può praticare il tasso quasi a zero perché continua a trovare qualcuno che gli finanzia il debito, e questa è la prova che i mercati giudicano che il suo debito sia sostenibile. Se eliminassimo i controlli di questo tipo, cosa potrebbe succedere? E se l'inflazione aumentasse fino a livelli incontrollabili? 

Il programma ci assicura che non ci sarà inflazione, infatti "l'inflazione da eccesso di domanda non è un pericolo finché la produ­zione non si riduce drammaticamente, poiché è l'eccesso di denaro con carenza di prodotti che causa inflazione." Ma il rischio di ridurre la produzione è alto proprio quando lo Stato si prende in carico una parte rilevante dell'economia, abolendo al contempo quegli strumenti di controllo come il tasso di interesse. "La Banca d'Italia annuncia una politica di tassi 0 sull'esempio del Giap­pone. Svalutazione e inflazione saranno funzioni sovrane controllate da Roma in coordinamento con la Banca d'Italia." Sì grazie, ma come? come si può controllare l'inflazione per decreto? 


Abolire la finanza

Il programma prevede di statalizzare le banche, e di abolire del tutto la finanza. In pratica, le banche non potrebbero fare altro che prestare una quota dei loro depositi: "Uno Stato pienamente sovrano deve regolamentare il settore bancario nell'esclusivo Interesse Pubblico. Primo: eliminare interamente il settore finanziario che è parassita."
Ancora una volta si vede la tendenza ad abolire ciò che non piace, anziché chiedersi per quale motivo è nato e perché esiste in tutto il mondo. La finanza consente di produrre ricchezza, non sarebbe meglio chiedere di regolamentarne gli eccessi piuttosto che abolirla?
E' evidente che con questo programma (limitazione alle esportazioni, tasso zero, finanza ridotta al minimo, intervento dello Stato sempre più grande) di fatto si abolirebbe lo stesso mercato. Nonostante il fatto che si riconosca a parole uno spazio per l'iniziativa privata, di fatto non saremo molto lontani dall'Unione Sovietica.

L'Interesse Pubblico

L'interesse pubblico, tra l'altro scritto in maniera un po' inquietante con la maiuscola, compare più volte in questo scritto. "Secondo: si eliminino tutte le funzioni bancarie che esulano dal pubblico interesse.". Ma che cos'è l'interesse pubblico? chi lo dovrebbe stabilire?
E in quali settori investirebbe lo Stato? Anche ammesso che riesca a creare la piena occupazione, cosa farebbe in concreto? I disoccupati verrebbero pagati per fare cosa? Chi sarebbe a decidere, il governo?
In un'economia di mercato, una parte rilevante delle attività è decisa "dal basso", dalle esigenze della popolazione, in base alla legge della domanda e dell'offerta che porta gli investimenti nei settori dove c'è domanda. Se è lo Stato a decidere cosa produrre, si rischiano diseconomie, come accadeva in Unione Sovietica. 
Qui è evidente l'impianto autoritario di chi pretende di imporre a tutti la propria visione, ovviamente in nome del bene del popolo. Ad esempio si dice di voler abolire l'autonomia della banca centrale, per poterne restituire il controllo al popolo, ma poi si dice per filo e per segno cosa dovrebbe fare questa banca centrale, togliendole ogni possibilità di decisione.

Conclusione

Questo programma propone demagogicamente una soluzione semplicistica per risolvere tutti i problemi economici: lo stato si mette a stampare moneta, e così rende tutti benestanti. Una volta realizzata la piena occupazione, tutto andrà da sé. Non si fa menzione dei problemi di una società come l'Italia, dalla corruzione alla criminalità, dall'evasione fiscale all'istruzione e alla ricerca scientifica. No, la ricchezza è solo una questione di moneta. Batti moneta, e stai a posto. Strano che fino ad ora non ci fosse arrivato nessuno... sarà l'uovo di Colombo?
Recentemente questo programma è stato addirittura pubblicato sul Corriere della Sera, come inserzione a pagamento, pare con il contributo spontaneo di lettori e fans di Paolo Barnard.
A prescindere dal fatto che probabilmente un programma del genere non funzionerebbe, perché si produrrebbe una inflazione incontrollabile che produrrebbe presto la bancarotta del Paese (o meglio l'iperinflazione e la distruzione della valuta, come sostiene Krugman), ma comunque anche ammettendo che possa funzionare, assomiglia ad una riedizione del centralismo democratico, in cui lo Stato domina tutto. L'intenzione potrà anche essere buona, ma la storia ha dimostrato ampiamente che quando si pretende di rivoluzionare la società e di guidare l'economia dall'alto, si rischia di produrre più danni che benefici.
Ancora una volta poi, si dimostra come le utopie siano autoritarie. Chi propone una società perfetta finisce inevitabilmente di proporre una forte riduzione della libertà dell'individuo, anche se con lo scopo di renderlo felice.





4 commenti:

  1. Siccome qui sopra c'è tutto eccetto una sintesi chiara del PROGRAMMA ME-MMT allora ci penso io a farla.

    Nel PROGRAMMA ME-MMT sono contenute, tra le altre cose, quattro forti proposte da punto di vista economico:

    1) USCITA DALL’EURO

    2) PIENA OCCUPAZIONE

    3) AZZERAMENTO DELL’IVA

    4) STOP ALLE NUOVE EMISSIONI DI TITOLI DI STATO

    Lasciamo per un momento stare lo stop alle nuove emissioni di titoli di Stato, e concentriamoci sulle altre proposte.

    Esci dall’euro e pompi su il deficit. Il rischio però è che, in una simile situazione, i mercati si spaventino. Ossia che ritengano che un aumento troppo elevato del deficit porti a una tale svalutazione della valuta per cui si innesti un fuggi fuggi generale dalla nuova valuta. Ma, se si va a vedere i conti, questo timore io non lo vedo giustificato.

    L’azzeramento dell’IVA costa circa l’8% di PIL. Questo significa che si passa dall’attuale deficit/PIL del 2% a un deficit/PIL attorno al 10% cioè circa come in USA, Regno Unito, Giappone. Però c’è da fare anche la piena occupazione. Una stima realistica riguardante il costo del piano per la piena occupazione è attorno al 3% del PIL. Ok: hai un deficit/PIL di circa il 13%. Quindi si parla di un deficit che è sì più alto di quello giapponese (per esempio), ma non in modo esagerato, e la composizione di questo deficit è dato per più di due terzi da una riduzione fiscale e da meno di un terzo da un incremento della spesa dello Stato.

    In altre parole, a mio avviso si tratta alla fine di un programma che cerca di ottenere la massima efficienza con il minor costo possibile. Personalmente sono d’accordo con tutte e quattro queste proposte.

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  2. >Una stima realistica riguardante il costo del piano per la piena occupazione è attorno al 3% del PIL

    Come hai fatto questo calcolo? Se ti riferisci al costo per pagare lo stipendio ai circa 2.400.000 disoccupati ufficiali (ad esempio, 2.000 euro al mese di costo del lavoro tra stipendio e contributi, per 2 milioni 400 mila persone, per 12 mesi, fa 57,6 miliardi, che sono circa il 3% del Pil) ci siamo, ma le spese per dar vita alle attività a cui si dovrebbero dedicare, non le consideri? Non possiamo mica fornire loro solo lo stipendio!
    (senza considerare la possibilità di impiegare tutti quelli in età da lavoro, a proposito secondo te per piena occupazione cosa si intende?)

    >Ok: hai un deficit/PIL di circa il 13%

    Il problema non sta tanto nel deficit in sé (altrimenti si tratterebbe di un piano di spesa a deficit come quello che propone Krugman), ma nel modo di finanziarlo, vale a dire attraverso la stampa di moneta. Dopo posterò un intervento di Krugman sull'argomento.

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  3. Ecco l'intervento di Krugman.

    Di nuovo l'MMT

    In un certo senso, non dovrei passare il tempo a discutere con i ragazzi della Teoria Moderna della Moneta. Loro si trovano dalla mia parte nei dibattiti attuali sulla politica economica, ed è improbabile che avranno lo stesso tipo di cattiva (e veramente cattiva) influenza che gli Austriaci hanno alla fine acquisito. Ma adesso non mi va di tornare subito alla revisione di qualche libro, quindi ecco un altro pezzo.

    Prima di tutto, ho letto diversi manifesti MMT - questo (v. link) è molto chiaro su come vanno. Non mi piace lo stile - la pretesa che i principi fondamentali della logica portino ad una visione del mondo che solo i pazzi non capirebbero, ha una sorta di sinistra rassomiglianza con il discorso di John Galt in "La rivolta di Atlante" - ma questo non dovrebbe essere importante.

    Ma quello che si comprende è la premessa che un governo moderno in grado di produrre moneta fiat non può andare in bancarotta, non importa se gli investitori vogliono o no comprare i suoi bond. E suona corretto se lo guardi da una certa angolazione. Ma non lo è.

    Facciamo un esempio più concreto. Sopponiamo che in una certa data futura - una data in cui la domanda privata di fondi si sia riavviata, così che ci siano possibilità di effettuare prestiti - il governo americano decida di spendere una somma pari al 27% del PIL, mentre le tasse portano soltanto il 17% del Pil in entrate. E considerate cosa accade in questo caso sotto due scenari. Nel primo, gli investitori credono che il governo aumenterà alla fine le entrate e/o taglierà le spese, e sono pronti a prestare quanto basta per coprire il deficit. Nel secondo, per qualunque ragione, gli investitori rifiutano di acquistare titoli di stato.

    Il secondo caso non pone problemi, dicono i sostenitori della MMT, o al massimo nessun problema peggiore che il primo: il governo americano può semplicemente emettere moneta, dandola in credito alle banche per pagare i suoi conti.

    Ma cosa succede dopo?

    Diamo per scontato che ci siano opportunità di prestare là fuori, così che le banche non dovranno tenere le loro nuove riserve a riposo; le convertiranno in moneta circolante, che arriverà agli individui. Così il governo finisce di fatto per autofinanziarsi attraverso la stampa di moneta, portando il settore privato ad accettare pezzi di carta verde in cambio di beni e servizi. E io penso che i sostenitori dell'MMT saranno d'accordo che questo genererebbe inflazione; non sono sicuro che realizzino che un deficit finanziato dall'emissione di moneta è più inflazionario di un deficit finanziato dall'emissione di bond.

    Perché lo è. E nel mio esempio ipotetico, sarebbe molto probabile che il deficit finanziato dalla moneta porterebbe all'iperinflazione.

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  4. (seconda parte)

    Il punto è che ci sono limiti all'ammontare di risorse reali che puoi estrarre attraverso il signoraggio. Quando la gente si attende l'inflazione, diventa riluttante a tenere i contanti, e ciò spinge i prezzi in alto e significa che il governo deve stampare altra moneta per estrarre un dato ammontare di reali risorse, e ciò significa più inflazione, ecc. Fate i conti, e diventa chiaro che ogni tentativo di estrarre troppo dal signoraggio - più che una piccola percentuale del Pil, probabilmente - porta ad una spirale infinita di inflazione. In effetti, la valuta sarebbe distrutta. Questo non accadrebbe, anche con lo stesso deficit, se il governo potesse ancora vendere obbligazioni.

    Il punto è che in condizioni normali, senza una trappola di liquidità, gli effetti diretti del deficit sulla domanda aggregata non sarebbero affatto gli stessi; conta se il governo può emettere bond o deve basarsi sulla stampa. E anche se potrebbe essere letteralmente vero che un governo con la propria valuta non può andare in bancarotta, può distruggere quella valuta se perde la credibilità fiscale.

    Ora, non sto prevedendo l'iperinflazione per gli Stati Uniti - non sono Peter Schiff! La gran parte del nostro deficit è ciclica, e anche nel lungo periodo un modesto ritorno alla razionalità politica renderebbe i problemi di budget risolvibili. Ma la gente dell'MMT ha semplicemente torto nel credere che l'unica questione di cui si ha bisogno di chiedere riguardo il deficit di bilancio è se rifornisce la giusta quantità di domanda aggregata; anche la finanziabilità conta, anche con la moneta fiat.

    Ok, non mi illudo che questo convinca qualcuno in quell'area (vi immaginate John Galt che ammette di avere torto?). Ma pensavo comunque di doverlo spiegare.

    L'intervento si trova qui:
    http://krugman.blogs.nytimes.com/2011/08/15/mmt-again/
    La traduzione è mia.

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