Come abbiamo già fatto per Roma, Milano e Torino, cerchiamo di analizzare il rischio sismico della città di Napoli.
Come sempre partiamo dai terremoti storici che hanno interessato la città nel passato.
Storia sismica di Napoli
Già dall'antichità si ha notizia di terremoti che hanno interessato più o meno marginalmente la zona di Napoli. Ad esempio il terremoto del 62 d.C, centrato nella città di Stabiae (l'odierna Castellammare di Stabia), di magnitudo stimata 5.87, che arrecò dei danni alla zona dell'epicentro come Pompei ed Ercolano, che qualche anno più tardi verranno distrutte dall'eruzione del Vesuvio, ma anche a Napoli.
La famosa eruzione del 79 d.C. interessò soprattutto l'area vesuviana e la zona a sud-est di Napoli, distruggendo le antiche Ercolano e Pompei. Il terremoto associato all'eruzione dovrebbe essere stato di intensità moderata (magnitudo stimata 5.77, centrato presso Torre del Greco), e comunque non fu certo quello il principale responsabile dei danni e dei morti.
Nel 99 la forte scossa di Circello, nel Beneventano, a circa 70 km da Napoli, dovrebbe aver arrecato danni anche al capoluogo partenopeo.
Altri forti terremoti nell'Appennino meridionale a non grande distanza da Napoli si ebbero nel 346 (Sannio), nel 369 (Benevento) e nell'847 (Benevento).
Per il periodo dopo il 1.000 si può utilizzare il database dell'Ingv, e in particolare la pagina che riporta la storia sismica di Napoli (la presentazione del database macrosismico si trova qui).
Anche in questo caso distinguiamo gli effetti locali di un terremoto (misurati con la scala Mercalli-Cancani-Sieberg, MCS) dall'intensità dello stesso (misurata dalla scala di Magnitudo del momento sismico, Mw).
I valori interessanti per quanto riguarda gli effetti locali sono quelli che superano il livello 5:
3: leggera - Avvertita da poche persone.
4 : moderata - Avvertita da molte persone; tremito di infissi e cristalli, e leggere oscillazioni di oggetti appesi.
5 : piuttosto forte - Avvertita anche da persone addormentate; caduta di oggetti.
6 : forte - Qualche leggera lesione negli edifici e finestre in frantumi.
7: molto forte - Caduta di fumaioli, lesioni negli edifici.
8: rovinosa - Rovina parziale di qualche edificio; qualche vittima isolata.
I terremoti veramente distruttivi sono quelli che comportano un'intensità tra 9 e 12 nella scala Mercalli.
A giudicare dai dati dell'Ingv la storia sismica di Napoli è piuttosto vivace, se si pensa che dal 1280 ad oggi per ben 11 volte si è raggiunto o superato il livello Mcs 7, che rappresenta la cosiddetta soglia del danno (ad esempio a Roma questo è accaduto solo tre volte), di esse due volte si è toccato il livello Mcs tra 7 e 8, e altre due addirittura il livello 8. Altre tre volte il livello Mcs è stato tra 6 e 7.
Storia sismica di Napoli |
Il terremoto del 1456, detto del Molise, fu un evento devastante per una vasta area dell'Italia centro-meridionale (dall'Aquilano al Sannio). La magnitudo Mw stimata, 7.22, lo colloca al primo posto tra i terremoti più forti della storia d'Italia peninsulare dell'ultimo millennio (superato solo da quello della Sicilia orientale del 1693), ma potrebbe anche essere l'effetto cumulato di due terremoti distinti, centrati entrambi nel Beneventano, rispettivamente vicino Paduli, pochi chilometri ad est di Benevento (magnitudo Mw 6.6) e vicino Pontelandolfo (magnitudo Mw 6.96). Gli effetti a Napoli, distante circa 60 km da entrambi gli epicentri, furono sensibili, con crolli di chiese e monumenti.
Il terremoto del 1688, centrato dalle parti di Cerreto Sannita, a 55 km da Napoli, ebbe magnitudo Mw 6.7 e determinò anch'esso danni notevoli a Napoli.
Pochi anni dopo, nel 1694, un altro fortissimo terremoto (magnitudo Mw 6.9), centrato questa volta più ad est, al confine tra Irpinia e Basilicata, con epicentro a pochi chilometri dal lago di Conza, a circa 90 km da Napoli. A causa della maggiore distanza dall'epicentro gli effetti sul capoluogo campano furono inferiori (7 anziché 8 nella scala Mcs).
Notevoli i danni del terremoto del 1805 del Molise, centrato presso Bojano, a 75 km da Napoli, che ebbe magnitudo Mw 6.62 ed effetti su Napoli 7-8 nella scala Mcs.
Altri terremoti con effetto 7 a Napoli si ebbero nel 1293 (Sannio, Mw 5.78), 1349 (Lazio meridionale-Molise, Mw 6.59), 1561 (Salerno, Mw 5.61), 1732 (Irpinia, Mw 6.64), 1930 (Irpinia, Mw 6.62), 1980 (Irpinia-Basilicata). In quest'ultimo caso, l'epicentro fu presso Teora, a 85 km da Napoli, e la magnitudo Mw fu 6.89.
Come si può vedere, si tratta quasi sempre di forti terremoti localizzati nell'Appennino centro-meridionale, tranne il caso del 1561 in cui si trattò di un terremoto locale, decisamente meno intenso, ma che per la distanza ridotta (circa 40 km) ebbe effetti non da poco anche a Napoli.
Altri terremoti locali si ebbero nel 1575 (centrato proprio dalle parti di Napoli, magnitudo Mw 4.93, effetto Mcs 6-7), 1386 (anch'esso localizzato a Napoli, magnitudo Mw 5.35, effetto Mcs 7-8), 1883 (isola d'Ischia, Mw 5.79, effetto su Napoli 5). Ad Ischia si ebbero altri terremoti nel 1828 e 1881, ma di essi non sono documentati gli effetti su Napoli. In genere i terremoti dell'isola interessano soprattutto la zona nord (Casamicciola e Lacco Ameno).
La sismicità locale è legata all'attività vulcanica, come testimonia l'evento del 1538 di Pozzuoli, quando contestualmente ad un terremoto di magnitudo Mw 5.35, si verificò un'eruzione nell'area dei Campi Flegrei che produsse la nascita del Monte Nuovo.
Pericolosità sismica
La mappa della pericolosità sismica (che mostra l'accelerazione orizzontale massima del suolo attesa, in percentuali dell'accelerazione di gravità) relativa alla zona di Napoli per un periodo di 500anni, mostra come la città abbia una pericolosità medio-bassa:
Pericolosità sismica 10% in 50 anni |
Pericolosità sismica 2% in 50 anni |
Naturalmente queste mappe sono calcolate senza considerare le eventuali amplificazioni locali che possono verificarsi nei terreni sabbiosi, di tipo alluvionale.
Le faglie
Apparentemente la situazione sismica di Napoli assomiglia a quella di Roma: entrambe le città distano qualche decina di chilometri dalle faglie più pericolose dell'Appennino, e in più presentano una sismicità locale, e una sismicità legata ad una faglia vicina (dei Castelli Romani nel caso di Roma, di Ischia nel caso di Napoli). Tuttavia la situazione di Napoli sembra essere più pericolosa, per una serie di motivi: perché le faglie dell'Appennino meridionale sono più attive (o almeno lo sono state in tempi storici), e perché ve ne è un numero maggiore distanti meno di 70 chilometri dalla città.
Tutto l'Appennino è percorso da una serie di faglie. Le più vicine a Napoli distano circa 60 chilometri, meno se si considera l'area metropolitana a nord della città. Le faglie della zona Irpinia-Sannio sono tra le più attive d'Italia, sia come intensità, sia come frequenza dei terremoti.
Vi è poi la piccola faglia dell'isola d'Ischia, che secondo l'Ingv non dovrebbe produrre terremoti di magnitudo superiore a 5.4 (anche se in realtà il terremoto del 1883 viene stimato in magnitudo Mw 5.8), e quindi non è particolarmente pericolosa per Napoli.
Nella zona di Napoli, nel litorale e nella zona vesuviana non sono indicate faglie, anche se come abbiamo visto risultano dei terremoti storici, compreso quello del 1561 di Salerno. Probabilmente si tratta di una sismicità legata ai vulcani.
I vulcani
Anche se questo articolo si occupa dei terremoti, non si può, nel caso di Napoli, non citare la vicinanza dei vulcani. I vulcani, a differenza dei terremoti, forniscono dei segnali, prima di esplodere, con alcuni giorni di anticipo, tuttavia possono arrecare danni ancora più notevoli.
Intorno a Napoli vi sono ben tre vulcani attivi, o meglio quiescenti: Vesuvio, Campi Flegrei, Ischia. Ogni vulcano presenta caratteristiche proprie, comunque i vulcani più pericolosi sono quelli esplosivi, anche se il tempo di ritorno tra un'esplosione e l'altra può essere di migliaia di anni.
A questi andrebbe aggiunto il vulcano Marsili, un vulcano sottomarino nel Tirreno meridionale, che secondo alcuni studi potrebbe provocare uno tsunami che interesserebbe le coste dell'Italia meridionale, quindi anche i quartieri litoranei di Napoli e dintorni. Sarebbe dunque bene che si organizzasse un sistema di allerta in caso di tsunami come avviene in Giappone.
Conclusione
Tra le grandi città italiane Napoli è sicuramente quella che presenta la storia sismica più importante, ed è quella che ha subito i maggiori danni in tempi storici.
Napoli può risentire:
- di una sismicità locale, che può interessare il litorale dalla zona di Pozzuoli, alla stessa area di Napoli, all'area vesuviana, con terremoti che storicamente non hanno superato la magnitudo Mw 5.3, almeno in questo millennio.
- dei terremoti che si possono verificare nelle vicine isole di Ischia e Procida, che storicamente non hanno superato la magnitudo Mw 5.8. In genere si tratta di terremoti superficiali che arrecano danni in un'area limitata, risultando attenuati sulla terraferma e quindi su Napoli.
- dei terremoti, molto più forti e anche abbastanza frequenti, che si possono verificare lungo l'Appennino centro-meridionale, e in particolare nell'area Irpina, che storicamente hanno raggiunto anche la magnitudo Mw 7.
Vi sono poi i vulcani, che per la vicinanza alla città e al suo hinterland devono essere tenuti in considerazione e monitorati per prevenire i rischi per la popolazione.
Questa analisi sui rischi che corre la città di Napoli ci conferma la fragilità e la pericolosità del territorio italiano, e la necessità di affrontare i rischi con la cultura della prevenzione che latita in Italia, mentre è già stata fatta propria in altri Paesi come gli Stati Uniti e il Giappone.
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