Le scosse sismiche di fine gennaio in Veneto ed Emilia (Reggiano e Parmense), a cui sono seguite le due forti scosse di maggio in Emilia, seguite di un elevato numero di repliche, avvertite in molte regioni del centro-nord, hanno sollevato dubbi e paure nella popolazione. E in casi come questi torna la domanda: è possibile prevedere i terremoti? E' possibile sapere se nella zona in cui si abita c'è il rischio che si verifichi un terremoto molto forte?
Premetto che non sono un geologo, ma ho cercato ugualmente di trovare una risposta.
Gli strumenti che i geologi usano per conoscere la pericolosità sismica delle diverse zone sono:
1- lo studio e la catalogazione dei terremoti storici che hanno interessato in passato una determinata area.
2- lo studio delle faglie sismogenetiche, cioè capaci di produrre terremoti.
3- lo studio dei microterremoti e degli sciami sismici, che si verificano tutti i giorni in un Paese sismico come l'Italia, ma la maggior parte dei quali non viene avvertita dalla popolazione.
In base a questi dati è possibile individuare la pericolosità sismica delle diverse zone d'Italia, cioè la probabilità che si verifichino terremoti, e l'entità massima attesa.
L'ultimo punto, vale a dire lo studio delle scosse leggere e degli sciami sismici, consente di conoscere il comportamento delle diverse faglie, e di ricostruire il loro comportamnto nel tempo; in base ad esso sono stati prodotti interessanti modelli sperimentali per la previsione dei terremoti. Per il momento siamo soltanto, appunto, a livello sperimentale.
Per quanto riguarda il primo punto, in base ai semplici dati statistici, soprattutto per un Paese come l'Italia che è fortemente antropizzato ed ha una lunga storia, è già possibile determinare a grandi linee la pericolosità di una certa zona.
Prendiamo ad esempio la città dell'Aquila, colpita dal terremoto del 2009 (magnituo 5.9 della scala Richter): si può constatare come già in passato sia stata colpita da terremoti molto intensi. Il 2 febbraio 1703 un terremoto di magnituo Mw 6,7 (ovviamente per i terremoti del passato la magnitudo non può essere che stimata) provocò la morte tra il capoluogo e i paesi circostanti di più di 6.000 persone. Un altro terremoto si verificò nel 1572 (Magnitudo Mw 5.9, circa 500 morti), e in precedenza nel 1461, un terremoto di magnitudo 6.4 la distrusse in gran parte, mentre nel 1349 (Mw 6.3) vi furono 1.000 morti. Oltre a questi, negli ultimi secoli nel capoluogo abruzzese si sono verificati molti altri terremoti meno intensi, ma comunque di un certi rilievo. Insomma, la storia già da sola ci dice che nella zona dell'Aquila sono probabili, e si verificano periodicamente, terremoti molto intensi, con magnitudo Mw compresa tra 6 e 7.
Un altro esempio che si può fare è quello dell'Irpinia, colpita dal devastante terremoto del 1980 (magnitudo 6.9, circa 3.000 vittime). Ebbene, anche l'Irpinia in passato fu colpita da terremoti molto intensi, come quello del 1962 (Mw 6.2, 17 morti), quello del 1930 (Mw 6.7, 1.400 morti), quello del 1732 (circa 2.000 morti), e quello devastante del 1694 (Mw 6.9), che provocò oltre 6.000 vittime tra Irpinia e Basilicata. Oltre a questi, si ricordano altri terremoti che hanno colpito zone limitrofe, interessando l'Irpinia in maniera più o meno diretta, come quello del 1688 del Sannio. Anche qui, è evidente che siamo di fronte ad una zona ad elevata sismicità.
Altre zone ad elevatà sismicità dove in passato si sono verificati terremoti distruttivi sono alcune zone della Calabria e della Sicilia, dove si sono registrati i terremoti più intensi mai registrati in Italia, come quello della Val di Noto del 1693 (Mw 7.4), che provocò 60.000 morti anche a causa di un maremoto, o quello del 1908 di Messina e Reggio Calabria, anch'esso accompagnato da maremoto, che provocò oltre 100.000 morti.
Per quanto riguarda l'Umbria, colpita dal terremoto del 1997 (due scosse di Magnitudo Mw 5.8 e 6.1), si ricordano nel passato diversi terremoti, più o meno intensi, alcuni capaci di provocare gravi danni, morti e feriti (come quelli del 1599, 1703, 1719, 1730, 1747, 1751, 1789, 1791, 1832, 1838, 1859, 1878, 1917, 1984). In Umbria dunque i terremoti sono molto frequenti, anche se per fortuna è raro che raggiungano una intensità distruttiva.
Vi è poi il caso di Roma, che nella sua lunga storia è stata più volte colpita da terremoti il cui epicentro era in regioni vicine (come quelli più violenti dell'Umbra e dell'Abruzzo), o nella vicina zona dei Colli Albani (abbastanza forti ma meno violenti), più altri terremoti localizzati proprio nell'area della città, o verso il litorale, ma mai superiori alla Magnitudo 5. Alcuni di questi terremoti hanno provocato danni a monumenti e chiese, ma in tempi storici nella Città Eterna non si è mai verificato un terremoto distruttivo.
Il terremoto del 1117
Un caso interessante (o forse un po' inquietante) è quello che riguarda la zona di Verona. Nella Mappa della pericolosità sismica, che rappresenta un punto di riferimento fondamentale per conoscere la pericolosità sismica delle diverse zone d'Italia, la zona di Verona non è considerata ad elevata pericolosità. Nel sito dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), vi è una pagina che spiega, riguardo al terremoto del 25 gennaio 2012 del Veronese, che: "L’area interessata dall’evento e’ caratterizzata da una pericolosita’ sismica medio bassa ed i comuni colpiti sono distribuiti principalmente in zona 3 (bassa pericolosita’) ed in minor parte in zona 2 (media pericolosita’) nella classificazione sismica del territorio nazionale su base comunale. Tale classificazione deriva essenzialmente dalla notevole entita’ dei tempi intersismici caratteristici della regione. Storicamente infatti, l’area in questione e’ stata colpita da pochi terremoti ma di magnitudo rilevante: nel 1891 il terremoto della Valle d’Illasi di magnitudo fra 5.7 e 5.9 e nel 1117 il grande terremoto del Veronese di magnitudo probabilmente superiore a 6.5."
Dunque, la pericolosità sismica di una certa zona può variare a seconda della lunghezza del periodo preso in considerazione: infatti in determinate aree i terremoti forti si possono presentare molto raramente, mentre in altre essi possono essere più frequenti.
Il terremoto del 1117 del Veronese ebbe una Magnitudo stimata 6,49, il che significa che è stato circa 6 volte più intenso di quello dell'Aquila del 2009 (la scala Richter e le scale derivate come la scala Mw sono infatti logaritmiche, e vi è una differenza di circa 30 volte tra due terremoti aventi una Magnitudo di un solo punto di differenza).
La faglia del Veronese
E' certamente difficile ricostruire gli avvenimenti di circa mille anni fa, avvenuti in pieno medioevo, quando certamente non abbondavano gli intellettuali e gli autori delle cronache. Per la ricostruzione degli eventi del 1117 rimangono poche cronache a tra l'altro posteriori, qualche prova archeosismologica (antichi edifici crollati) e qualche lapide con riferimenti al terremoto.
In base alle fonti, si sarebbero verificati danni in un'area vastissima, comprendente tutto il Nord Italia ma anche parte di Germania Svizzera e Austria. La stima dei morti è di circa 30.000.
La storia sismica del Veneto è sicuramente importante, con molti eventi che furono risentiti in maniera più o meno intensa nella città di Verona, come è ricordato qui.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi, i terremoti risentiti nel capoluogo scaligero sono da attribuire alle faglie che sepolte sotto la pedemontana veneta, dal Vicentino verso il Friuli, oppure alle faglie subalpine che dal Trentino e dal Lago di Garda percorrono la pedemontana verso la Lombardia.
Ad esempio un forte terremoto si deve essere verificato intorno al 369 d.C., anche se pare abbia colpito soprattutto la zona di Belluno, quindi probabilmente non può essere considerato un terremoto specifico con epicentro nel Veronese.
Un forte terremoto si registrò nel 1222, ma a quanto pare l'epicentro fu nella zona di Brescia. Fortissimo fu il terremoto del 1348, ma l'epicentro fu in Carinzia, a nord del Friuli. Anche nel 1511 un devastante terremoto interessò il Friuli, e in misura minore il Veneto, mentre ricordiamo il forte terremoto dell'Asolano del 1695, che provocò centinaia di vittime tra il Veronese e il Vicentino, e quello della Valle d'Illasi del 1891.
Il terremoto del 1117 è invece un caso particolare, perché secondo i sismologi il suo epicentro fu localizzato nei pressi di Ronco all'Adige, un paesino a sud-est di Verona, ben lontano dalle faglie summenzionate.
Secondo il database DISS 3, in questa area si trova una faglia lunga di circa 50 km, orientata da nord-est a sud-ovest, catalogata come ITCS076 - Adige Plain, e che arriva ad ovest fino a Goito e alle porte di Mantova.
Negli ultimi secoli in questa faglia sono catalogati pochi terremoti, e tutti di magnitudo non elevata:
- 1465 Mantovano, Magnitudo Mw 4.63.
- 1693 Goito, Mw 5.27.
- 1841 Sanguinetto, Mw 4.83 (per la verità un po' fuori dalla faglia).
- 1907 Bovolone, Mw 4.94.
Considerazioni
La faglia denominata Adige Plain, negli ultimi secoli avrebbe prodotto una sola volta un terremoto di magnitudo 5.27, decine di volte più leggera di quella del 1117.
Se veramente il terremoto del 1117 è stato localizzato in quella faglia, saremmo di fronte ad un evento che ha un tempo di ritorno molto elevato, di mille anni o forse più.
L'Ingv ha elaborato Mappe di pericolosità sismica per periodo diversi. La mappa linkata sopra si riferisce a eventi che hanno un tempo di ritorno di 50 anni. Per tempi di ritorno più lunghi, aumenta la pericolosità delle zone sismiche, ed ecco che compaiono i colori rosso e viola anche in aree come quella di Verona, come si può vedere nelle seguenti mappe: tempo di ritorno di 975 anni, e tempo di ritorno di 2475 anni.
Non è facile ricostruire un evento come quello del 1117, che presenta documenti incerti e frammentari. Pare comunque che si verificarono danni in una vasta area del Nord Italia. Una ricostruzione dell'evento ci ricorda come si verificarono danni e crolli in città come Cremona (distante 94 km dall'epicentro), Nonantola (MO, 76 km), Parma (84 km), Malamocco (VE, 96 km), Castell'Arquato (PC, 120 km), Milano (155 km), Orsenigo (CO, 163 km), Pavia (160 km) Aquileia (UD, 180 km), Gemona (180 km), Pisa (185 km), Vercelli (215 km), Biella (240 km), e persino Montecassino (470 km), Bamberga e Augusta (Germania, circa 500 km), Reims (Francia, 680 km).
Personalmente mi riesce difficile credere che un solo evento possa aver prodotto danni in un'area così vasta. Ritengo più probabile che i danni relativi all'evento verificatosi in Veneto si siano limitati alla sola pianura padana.
L'elevato numero delle repliche documentate (oltre alla scossa del 3 gennaio, altre il 12 gennaio, 4 giugno, 1 luglio, 1 ottobre e 30 dicembre), può far pensare ad una sequenza sismica importante, ma anche a diversi terremoti con diversi epicentri. Ad esempio qui viene ipotizzato un secondo epicentro nel cremonese, oltre a quello del Veronese. I danni documentati a Montecassino potrebbe riferirsi ad un terremoto diverso, con epicentro nell'Appennino centro-meridionale. I danni riportati in Friuli potrebbero riferirsi anche essi ad un terremoto locale, considerata la distanza e il fatto che l'area Friuli-Carinzia-Slovenia ha una propria (ed elevata) sismicità.
Il database dell'Ingv DBMI11 ha elevato la stima della magnitudo dell'episodio del 1117 (da 6.49 a 6.69), ma ha nel contempo inserito un altro evento nella Toscana settentrionale, per giustificare i crolli documentati a Pisa.
In attesa di eventuali futuri nuovi studi e approfondimenti, stiamo a quanto dice la scienza, che dunque considera possibile che si possa verificare un terremoto di magnitudo 6.7 in una zona abbastanza centrale della pianura padana.
Link:
- La pericolosità sismica del territorio italiano - INGV (Youtube)
-Terremoti in Italia (da Wikipedia)
-Il terremoto di Verona e del Reggiano del 25-1-2012 -INGV (Youtube)
- Roma e i terremoti - INGV (Youtube)
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