lunedì 29 marzo 2010

Scalfari contro Berlusconi


Come puntualmente accade ad ogni appuntamento elettorale, Eugenio Scalfari chiama alle urne gli elettori, cercando di mobilitare i lettori di Repubblica per dare il voto al Partito Democratico. La cosa interessante è che ogni volta Scalfari agita lo spettro dell'emergenza democratica e sostiene che è assolutamente fondamentale correre a votare per contrastare Berlusconi, per difendere la Costituzione, la legalità ecc. Ogni volta, poi, è sempre la più importante, quella definitiva, dopo di che c'è il serio rischio di un'involuzione democratica, di una deriva autoritaria ecc.
Dall'altra parte, da sedici anni a questa parte assistiamo agli appelli in tv di Berlusconi, che invita il "suo" popolo dei "moderati" a non disertare le urne, a fare una chiara "scelta di campo" e a votare contro il terribile pericolo comunista, contro questa sinistra antidemocratica che vuole alzare le tasse, intercettare tutti, togliere la libertà ai cittadini.
Questo scontro tra i due schieramenti prosegue da sedici anni, durante i quali i due schieramenti si sono succeduti al governo senza che vi fossero sostanziali cambiamenti nella vita degli Italiani. L'unico risultato di rilievo è stato l'ingresso nell'Euro da parte del primo governo Prodi (1996-1998), e la concomitante notevole riduzione del deficit. Da quel momento i governi che si sono succeduti non hanno fatto granché, evitando quelle riforme strutturali di cui il Paese avrebbe bisogno (riduzione dei costi della politica, aumento dell'efficienza della pubblica amministrazione, lotta alla criminalità organizzata, aumento della competitività, riduzione del debito pubblico ecc.).
E così è ormai diffusa la sensazione che l'Italia sia un Paese in lento declino, declino che emerge dallo scivolare in fondo alle classifiche internazionali (dal Pil che sostanzialmente è fermo da dieci anni, al livello di corruzione che è tra i più elevati, alla bassa competitività, alla giustizia che non funziona, alle infrastrutture che non si fanno). Di fronte ad un Paese in queste condizioni una classe politica seria avrebbe per prima cosa il coraggio di riconoscere che il pericolo non sta nell'avversario (la destra per la sinistra, la sinistra per la destra), ma nel declino generale del Paese, che coinvolge tutti. E tra un declino gestito dalla destra e un declino gestito dalla sinistra, in fondo non c'è una grande differenza. Anche la considerazione sul governo locale (in fondo queste sono elezioni regionali) non porta a chissà quale differenza tra i due schieramenti: esistono regioni ben governate dalla destra (Lombardia, Veneto) e regioni ben governate dalla sinistra (Emilia-Romagna, Toscana), come esistono regioni mal governate dalla destra (Sicilia, Molise) e regioni mal governate dalla sinistra (Campania, Calabria). Questo naturalmente non vuol dire che non vi siano differenze tra i due schieramenti, ma soltanto che la contrapposizione sterile che tende a demonizzare l'avversario non giova al Paese, mentre una classe politica strapagata, autoreferenziale e inamovibile continua ad occupare semplicemente il potere senza pensare a risolvere i problemi gravi dell'Italia.

1 commento:

  1. Analisi lucida e condivisibile. Eppure di studiosi che si impegnano per promuovere riforme importanti ce ne sono. Le segnalo due esempi recenti: il saggio sulla contabilità nazionale del paese di Luca Ricolfi ("Il sacco del Nord") e un dialogo sulla riforma del sistema giudiziario "In attesa di giusizia" di Nordio e Pisapia.
    Ricolfi è uno studioso di sinistra che affronta, attraverso una quantità consistente di dati, la questione del federalismo fiscale; Nordio e Pisapia sono invece due ex-penalisti di idee politiche completamente differenti, che tuttavia convergono su molte questioni riguardanti la riforma giudiziaria.
    Dico questo per ribadire quello che lei ha già ben espresso all'interno del suo articolo: non è questione di quale schieramento politico sia migliore o peggiore, ma di riportare la politica "strapagata, autoreferenziale e inamovibile" alla sua funzione primaria, quella di risolvere i problemi del paese.

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