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martedì 3 aprile 2012
Bersani e l'articolo 18
La posizione rigida assunta da Bersani sull'articolo 18 è stata causata probabilmente dalla necessità di tenere unito il partito di cui è segretario, il Pd, ma in questo modo ha probabilmente stabilito un precedente pericoloso per il governo. Se i partiti che lo sostengono possono impuntarsi su singole questioni, questo potrebbe accadere in futuro anche per altre materie come la Rai o la giustizia, dove il Pdl potrebbe far valere i propri interessi particolari.
In ogni caso, credo che la difesa dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori come se fosse un fortino inespugnabile sia sintomo di una posizione ideologica. Si tratta indubbiamente di un argomento complesso, ma si possono fare alcune considerazioni.
Uno degli argomenti più curiosi che sono stati portati per difendere l'articolo 18 è che "non è importante". "Se non è importante, perché lo volete cambiare?", hanno chiesto ad esponenti del governo giornalisti come Fabio Fazio. A questa domanda si poteva rispondere: "se non è importante, perché non si potrebbe cambiare? Visto che i mercati e gli investitori esteri si sono convinti che lo sia". In realtà, chi pensa che l'articolo 18 sia intoccabile, dovrebbe sostenere che è importante, non certo che non lo è.
A me pare evidente che la libertà di licenziamento in un'epoca di crisi può incentivare i licenziamenti, mentre in un'epoca di crescita economica, incentiva le assunzioni. Poiché nel lungo periodo sono statisticamente più gli anni di crescita degli anni di crisi, è lecito pensare che la libertà di licenziamento abbia un effetto tutto sommato positivo, e non negativo, sull'occupazione. Come del resto è dimostrato da Paesi quali gli Stati Uniti, in cui la disoccupazione è normalmente più bassa che in Italia.
Da questo non si deve dedurre che sia giusto introdurre una assoluta libertà di licenziamento, perché questo potrebbe portare ad abusi e discriminazioni (nei confronti delle donne, dei lavoratori iscritti al sindacato, dei gay ecc.).
Ma quello che non trovo corretto è l'argomento secondo cui l'abolizione o la revisione dell'articolo 18 (che comunque non comporta l'assoluta libertà di licenziamento) provocherebbe sicuramente un aumento dei licenziamenti. Si dà per scontato che gli imprenditori muoiano dalla voglia di licenziare, che il loro obiettivo non sia altro che quello. In realtà, se ai datori di lavoro non interessasse altro che licenziare, non si capirebbe come mai i lavoratori li hanno assunti.
Un'altra questione delicata riguarda l'alternativa tra indennizzo (proposto dal governo) e reintegro (proposo da Cgil e Pd) nel caso di licenziamento per motivi economici. Personalmente, se sapessi di non stare simpatico al mio datore di lavoro, sarei io il primo a volersene andare, tanto più se avessi a disposizione un indennizzo corrispondente a 1-2 anni lavorativi che mi consentirebbe di cercare un altro lavoro durante questo periodo.
In ogni caso, un errore che si commette in questi casi è quello di fare come se al mondo non vi fosse niente oltre l'Italia. Che ci piaccia o no, viviamo in un mondo globalizzato e fortemente competitivo, per cui quello che pensano gli investitori degli altri Paesi non può non avere un peso sulle decisioni da prendere a casa nostra. E' un fatto che l'Italia non attira gli investimenti stranieri (che possono portare più occupazione). Non sarà solo per l'articolo 18, ma qualche peso lo deve avere, se anche nella lettera del Bce inviata l'anno scorso al governo, si chiedeva di riformare il mercato del lavoro.
Se Bersani e la Camusso pensano che l'articolo 18 sia un baluardo intoccabile per la difesa dei diritti dei lavoratori, dovrebbero fare questa battaglia in sede internazionale, quantomeno in sede europea. Inoltre dovrebbero coerentemente premere per la sua estensione a tutti i lavoratori, altrimenti è curioso che si difenda come un diritto fondamentale un articolo che protegge solo alcuni lavoratori, e non tutti.
A mio avviso, nel mondo moderno, dove la flessibilità delle aziende è diventata fondamentale, bisognerebbe andare verso il modello scandinavo della flexicurity, dove ad essere protetti sono i lavoratori, e non i singoli posti di lavoro. In ogni caso, chi non è d'accordo dovrebbe proporre dei cambiamenti quantomeno a livello europeo, non certo limitarsi all'Italia senza interessarsi di quello che accade fuori.
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qui c'è una buona analisi tecnica sull'articolo 18 secondo me:
RispondiEliminahttp://www.quattrogatti.info/index.php?option=com_content&view=article&id=262:art18&catid=3:lavoro&Itemid=18
però alcuni punti del tuo articolo (comunque molto buono), purtroppo mi sembrano un po' troppo ottimistici.
Tipo che ci sono più periodi di crescita che di crisi...bisogna vedere come e quando si uscirà da questa di crisi...che è una crisi sistemica di una portata gigantesca, chissà se e quando si tornerà a crescere...
Gli imprenditori adesso vogliono solo licenziare, in questo momento ci sarebbero solo licenziamenti
poi l'indennizzo non so come sarà calcolato ma può darsi che se uno vuole mantenere una famiglia abbia qualche riserva, in un momento senza lavoro come questo, ad essere contento di andarsene da un posto (per quanto possa essere cattivo il datore di lavoro), e rimanere con l'indennizzo e la paura di non ritrovare lavoro
poi non si considera una cosa:
se io sono un lavoratore dipendente e so che mi possono licenziare facilmente avrò più paura a spendere soldi, perchè potrei ritrovarmi senza lavoro...e l'economia ne risente
poi c'è il fatto delle relazioni sul posto di lavoro, secondo me da considerare.
Se io posso venire licenziato facilmente, devo sempre subire tutto a testa bassa, dovrò vivere con la paura che mi licenzino se non aggrado il capo magari anche in cose ingiuste...non va bene così. Non si può vivere e lavorare con questo stress.
Anche io direi "in queste situazioni sarei il primo ad andarmene"...si...ma non in una situazione così in cui non si trova lavoro da nessuna parte!
Infine, che è proprio la cosa che non capisco:
Ma se, come siamo d'accordo, in un momento di crisi facendo così si incentivano i licenziamenti....Perchè lo si fa proprio in un momento di crisi???
Voglio dire, "A me pare evidente che la libertà di licenziamento in un'epoca di crisi può incentivare i licenziamenti, mentre in un'epoca di crescita economica, incentiva le assunzioni. "
ma che bisogno c'è in un momento di crisi di incentivare i licenziamenti?
Tanto non ci prendiamo in giro...ora come ora nessuno vuole assumere, nemmeno qui in Spagna dove c'è un diritto del lavoro SELVAGGIO (soprattutto ora con la nuova riforma), che si può licenziare chi si vuole e pagando una miseria.
Eppure nemmeno qui si assume adesso.
Io sinceramente tutta quest'emergenza d'incentivare i licenziamenti non la vedo.
Allora a sto punto aspettiamo che si ricominci a crescere (se e quando), e modifichiamo l'articolo 18.
Allora forse saranno più i benefici dei costi.
Ma ora significherebbe più licenziamenti e basta
Sono d'accordo nella sostanza con quanto dici, anche se considero un po' pessimistica l'idea che ora come ora gli imprenditori vogliano licenziare e basta. Diciamo che vogliono in primo luogo che la loro azienda non muoia, poi che prosperi, per quanto è possibile, e questo non passa sempre per il licenziamento dei dipendenti... Comunque sì, questa crisi non è una crisi come un'altra, è una crisi di sistema per l'Occidente. Ma allora si abbia il coraggio di dirlo, e non ci si limiti a difendere l'articolo 18 come se fosse sufficiente a proteggere i lavoratori, gridando poi "lavoro, lavoro, lavoro!", senza dire concretamente come fare. Questa mi sembra un po' demagogia, da parte di politici e sindacalisti. Come sappiamo, alla fine le aziende, se lo vogliono, licenziano lo stesso, se non altro perché a un certo punto potrebbero fallire. Se vogliamo tutelare i padri di famiglia temendo che se perdessero il lavoro potrebbero non ritrovarlo più, allora non ci lamentiamo se i giovani non trovano lavoro. Voglio dire, se la coperta è corta, e come la tiri da una parte si scopre dall'altra, allora dobbiamo ammettere che stiamo sacrificando i giovani per salvare gli adulti. Per carità, sarà anche il male minore, ma per coerenza bisognerebbe dirlo, invece di ergersi in generale a difesa "dei lavoratori" quando come dici tu il lavoro non si trova (e i giovani non ce l'hanno).
RispondiEliminaPer il resto, un aspetto che andrebbe considerato è che l'Italia è il Paese occidentale che riceve meno investimenti dall'estero. Ecco, aumentare gli investimenti dall'estero, portandoli al livello medio degli altri Paesi europei, sarebbe concretamente un modo per creare posti di lavoro, se le aziende straniere si fidassero di investire in Italia. A quanto ho capito, l'eccessiva rigidità del mercato del lavoro è uno dei fattori (anche se non l'unico) che le scoraggia. D'altro canto, uno dei motivi per cui i mercati speculano contro l'Italia, è per la sua mancanza di crescita, che come ci insegna la Camusso, è impossibile senza investimenti. E se i mercati speculano, lo spread sale, e alla fine ci rimettiamo tutti lo stesso.
Va poi considerato che in un Paese come l'Italia, in cui fare riforme di qualsiasi tipo è più difficile che vincere i mondiali di calcio (perdonami, è una battuta, ma almeno rende l'idea), questa del governo tecnico è una finestra di pochi mesi in cui si può fare qualcosa, dopodiché tornerà la politica che come sappiamo si limita a coltivare il proprio orticello e a proteggere gli interessi costituiti. E non a caso è adesso che l'Unione Europea e la Bce premono perché l'Italia faccia le riforme. Non avendole mai fatte, sarebbe poco credibile se dicesse: "aspettate un attimo, ora lasciamo passare la crisi, poi tra tre o quattro anni ne riparliamo".
Io comunque penso che piuttosto che difendere con le unghie e con i denti il posto di lavoro, si dovrebbe giungere ad un sistema che proteggesse veramente i lavoratori nell'arco della loro vita lavorativa, prevedendo che possano cambiare lavoro più volte. Anche qui è una questione di coerenza. Se noi come cittadini e consumatori accettiamo pienamente questo sistema fatto di tempi brevi, di sconti e prodotti personalizzati, di libertà individuale assoluta ecc., dopo non possiamo pretendere che lavorino tutti nella fabbrica fordista. Ho paura che se volessimo tornare agli anni '60 dovremmo prenderci tutto il pacchetto.
Io penso che la facilità dei licenziamenti possa avere un senso solo se accompagnata da una protezione del reddito dei disoccupati altrettanto forte
RispondiEliminaallora avrebbe un senso perchè io posso avere meno paura di venire licenziato, posso prendere e andare via se abusano di me, sono meno ricattabile in generale, posso spendere con più serenità perchè so che anche se mi licenziano manterrò un reddito degno.
Certo ci sono altri problemi contro cui intraprendere le dovute misure: gente che cercherebbe d'approfittarsi degli ammortizzatori sociali, trovare i fondi necessari per sostenere questa spesa....
però fare come ha fatto per esempio la destra spagnola per me è un crimine: taglio netto degli indennizzi (perchè in Spagna già funzionava così, con gli indennizzi invece del reintegro), in modo che ormai licenziare uno non ti costa più nulla, misure per permettere all'impresa salari più bassi...Lasciando i sussidi di disoccupazione così come stanno (quello non contributivo è di 426€ al mese...)
per questo ho paura che in Italia, una volta tolto l'articolo 18 si spalanchi la strada a riforme sempre più selvagge...di questo anche avrei paura
Il pericolo sicuramente sussiste, ma in generale non considero valido il ragionamento per cui si dice no a X, non tanto per paura di X, ma per paura che "di questo passo", si arrivi poi a Y, a Z ecc. C'è chi usa questo modo di ragionare per dire no alle coppie di fatto, "altrimenti di questo passo si può arrivare ai matrimoni omosessuali", oppure no al testamento biologico, "altrimenti di questo passo si arriva all'eutanasia" (ovviamente sono persone che considerano negativamente i matrimoni omosessuali o l'eutanasia).
RispondiEliminaUno dei miei principi è che prima bisogna dire cosa si pensa di X, poi se non ci piace Y o Z lo possiamo dire forte: "attenzione però a non andare oltre, perché ecc.". Un partito o un sindacato riformista potrebbero benissimo dire: "Noi adesso approveremo il passaggio al sistema scandinavo, ma attenzione che se fate scherzi e poi provate a tagliare i sussidi, faremo le barricate". In questo modo si smascherano i conservatori che ad esempio non volevano neanche la proposta di Pietro Ichino, che voleva introdurre la flexicurity danese, che "caso strano" è stata bocciata dalla parte più conservatrice della sinistra.
Per quanto riguarda la destra spagnola, probabilmente ha sbagliato, ma è anche vero che si trovava di fronte ad un grosso problema, di cui probabilmente nessuno conosce la soluzione, e cioè l'enorme disoccupazione spagnola e la difficile situazione che vede migliaia di famiglie alle prese con mutui che non riescono più a pagare, e lo Stato che non riesce più a ridurre il deficit.
Per il resto sono d'accordo sulla protezione totale dei lavoratori, ma bisogna trovare i soldi. Forse l'unica via è introdurre una patrimoniale o tassare in maniera più progressiva i redditi, arrivando anche al 70% per quelli sopra il milione di Euro. In Italia probabilmente si può fare perché di ricchezza se ne produce ancora molta, in Spagna non lo so.
Si ma ce n'era già abbastanza di flessibilità in spagna, anche troppa, non dipende da questo la disoccupazione spagnola
RispondiEliminaveramente ora qui il diritto del lavoro è stato sventrato completamente, si può veramente licenziare come e quando si vuole con un indennizzo bassissimo (quando va bene danno 20 giorni di indennizzo per anno lavorato)
ho sentito di gente che aveva semplicemente chiesto qualche giorno libero tipo per dover guardare il figlio di 5 anni malato (come permetterebbe la legge), e gli hanno detto proprio in faccia spudoratamente che la licenziano per questo. Poi sulla carta scrivono un'altra cosa, ma vallo tu a dimostrare,se non ci sono tutele di nessun tipo è veramente difficile la vita da lavoratore dipendente
In spagna sicuramente si produce meno ricchezza che in italia.
Però si parla sempre di circa 60 miliardi di euro all'anno evasi al fisco.
Lì si potrebbe fare di più per recuperare qualcosa, (invece dei condoni di rajoy), e usarli per proteggere i disoccupati
Be' certo, io comunque non ho detto che non ci debbano essere tutele di nessun tipo! :-)
RispondiEliminaPer il resto, credo che la Spagna abbia vissuto una situazione per certi versi simili a quella italiana, e cioè ha avuto un governo che ha ignorato, o sottovalutato, i temi economici, e in particolare la crisi. Certo il caso della Spagna era diverso perché lì negli anni precedenti c'era un boom economico, ma un governo attento avrebbe dovuto capire che era in atto una bolla immobiliare, e avrebbe dovuto provare a raffreddarla. Chiaramente la delusione nei confronti di Zapatero ha portato alla vittoria della destra.
Si si non dico che te non vuoi ci siano tutele, dico però che qui e in Italia mi sembra che si cerchi di flessibilizzare senza introdurre parallelamente le dovute tutele e questo non mi piace
RispondiEliminavero anche quello che dici su Zapatero anche se la bolla immobiliare iniziò con la destra, però riconosco le colpe di Zapatero che a suo tempo non seppe prendere le misure giuste per raffreddarla nonostante vari moniti internazionali
la delusione dell'elettorato di sinistra ha portato al trionfo della destra....Però ora gli spagnoli si stanno rendendo già conto di quanto il governo Rajoy sia mille volte più iniquo, tanto nella riforma del lavoro quanto nella finanziaria.
Anche a Zapatero si può criticare qualcosa delle finanziarie durante la crisi, però sicuramente erano un po' più eque rispetto a quello che sta facendo la destra.
Zapatero fece una riforma del lavoro dove mise limiti ai contratti a tempo, incentivi fiscali all'assunzione di giovani, e finanziò per un periodo con fondi pubblici gli indennizzi dei licenziamenti economici GIUSTIFICATI.
Fecero un macello...scioperi generali, manifestazioni, "i socialisti fanno gli interessi dei padroni, incentivano i licenziamenti"....A me non sembrava nulla di così terribile
Ora che hanno visto una vera riforma selvaggia ultra-liberista si disperano...troppo tardi piangere sul latte versato. Ma l'hanno voluto loro, hanno dato la maggioranza assoluta in parlamento a uno che ha sempre detto sta cosa di maggiore "flessibilità", che s'aspettavano? mah
Se le cose funzionano più o meno come in Italia, più che spostarsi da una parte all'altra, può darsi che una parte dell'elettorato di Zapatero si sia astenuta per delusione. Inoltre, immagino che anche lì ci sia una quota di opinione pubblica che con un atteggiamento qualunquista alla Grillo (o alla Ferrero-Bertinotti) pensa siano tutti uguali, "tanto comunque è il governo delle banche" ecc.ecc., e quindi non ha votato per nessuno dei due partiti principali.
RispondiEliminaalcuni elettori del psoe non votarono, molti però votarono passando a partiti minoritari (vedi il boom di Izquierda Unida, la sinistra radicale spagnola).
RispondiEliminaPerò di fatto tanto gli uni quanto gli altri hanno regalato la Spagna alla destra, a questo mi riferivo
"immagino che anche lì ci sia una quota di opinione pubblica che con un atteggiamento qualunquista alla Grillo (o alla Ferrero-Bertinotti) pensa siano tutti uguali"
Una quota enorme, sempre più grande, soprattutto fra i giovani.
Non solo, ma soprattutto fra i giovani
credo che furono circa il 35% degli elettori che non andò a votare, una quota sicuramente determinante
poi va beh...gente come me per essere straniero non può votare, questo proprio non lo capisco.
Almeno ai residenti dell'Unione Europea e agli extracomunitari residenti di lunga durata potrebbero far votare, lo so è così in tutta Europa non solo in Spagna, però per me non è giusto.
Gli stranieri voterebbero in maggioranza a sinistra secondo me, anche se non è detto
Eh già purtroppo la sinistra radicale che consegna il Paese alla destra è una vecchia storia, ed ha precedenti illustri quanto tragici...
RispondiEliminapoi qui oltre ai partiti di sinistra radicale ci sono quelli separatisti baschi e catalani...che sono un bell'intralcio perchè si vendono al miglior offerente in parlamento.
RispondiEliminaDella serie: vuoi che votiamo una legge che ti interessa? Dacci più autonomia.
E così avvengono delle distorsioni assurde, a volte anche veramente ingiuste (ricordo lessi su un giornale l'anno scorso di una donna che venne multata di tantissimo in catalogna per aver messo l'insegna del suo negozio in spagnolo invece che in catalano..).
Anche loro hanno "rubato" elettori al centro-sinistra alle ultime elezioni, ma comunque con la maggioranza assoluta del pp non avverrà questo meccanismo, però tante legislature è stato così
Be' però se ci pensi quello di contrattare in base al proprio peso politico è un comportamento eminentemente politico, magari l'avessero fatto i partiti come Rifondazione, anziché andare in piazza a manifestare contro il governo che essi stessi sostenevano. Ad esempio avrebbero potuto dire: noi votiamo la finanziaria e in cambio vogliamo gli asili nido gratis e le coppie di fatto. In questo modo avrebbero avuto qualcosa di concreto da portare ai propri elettori, e soprattutto qualcosa che avrebbe potuto migliorare in concreto la vita della gente. Ovvio che poi le leggi votate devono essere organiche rispetto al progetto generale di un governo (non ha senso ad esempio chiedere autonomia ad un governo centralista), però in questo modo si fa qualcosa di concreto che poi sarà sottoposto al vaglio degli elettori. Se un partito autonomista tira troppo la corda può darsi che non piaccia ai suoi stessi elettori, reali o potenziali, come è accaduto in Italia con la Lega. Non credo che gli elettori padani siano rimasti contenti dei respingimenti o dei medici-spia, per dire.
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